Autonomia differenziata e il ridicolo referendum: quelli del PD dell’autonomia differenziata dicevano che “univa il Paese” e che era un “cambiamento formidabile”. Adesso vogliono cancellarla. Leggete cosa dichiaravano alla camera…
Ieri ho avuto occasione di ascoltare l’Onorevole Rosy Bindi ospite di una trasmissione serale di La7. Tema: la battaglia del PD (e sua) per cancellare la legge quadro che regola l’applicazione dell’autonomia differenziata. Ovviamente ci siamo dovuti sorbire il solito caravanserraglio di ridicole accuse: spacca il paese, divide l’Italia, la sanità andrà a rotoli, e via con l’elenco ormai ben noto. La solita solfa.
La Bindi si è poi soffermata su alcune critiche puntuali, soprattutto rispetto alle possibili competenze che le Regioni potranno richiedere in un processo di attivazione dell’autonomia differenziata.
Si è interrogata di come fosse assurdo pensare che le regioni possano gestire una materia come il “trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”, adoperando una mimica facciale che sottolineava come dal canto suo fosse quasi folle averlo previsto. E certo… chissà chi è quel cretino politico che lo ha previsto?
Al di là di quello che possiate pensare di bene o male della Bindi, sapete qual è la cosa davvero ridicola? Quella previsione l’ha scritta il centro sinistra e l’ha votata proprio la stessa Rosy Bindi!
Se non credete, andatevi a leggere qui l’elenco di chi approvò la riforma del titolo V della Costituzione, ovvero il testo che ha previsto che alcune competenze in materia di “trasporto e distribuzione nazionale dell’energia” potessero essere devolute alle regioni. Proprio tutto il PD!
Perché l’autonomia differenziata, per cui il Ministro Calderoli ha redatto solo una legge utile alla sua applicazione, è prevista dalla Costituzione come novità introdotta nel lontano 2001, proprio su iniziativa del Centro Sinistra (Bindi compresa). Se la cosa fa inorridire la Bindi, se la considera folle, assurda, da incompetenti, sarebbero tutte accuse e valutazioni che dovrebbe rivolgere innanzitutto a se stessa.
DS e Popolari consideravano l’autonomia differenziata “una scelta per unire il Paese” e “una riforma formidabile”
Il Centro Destra non votò quella riforma, la Lega fu addirittura contraria alla sua introduzione, perché la considerava troppo blanda rispetto ad una vera e proprio riforma federale dello Stato. Cosa assolutamente vera.
La sinistra invece si sperticava per tesserne le lodi.
Ecco cosa diceva il Capogruppo dei Popolari (il gruppo della Bindi) Antonello Soro, durante la dichiarazione di voto:
“Per noi la riforma che oggi vogliamo approvare è una scelta per unire il paese e le perequazioni sociali e territoriali costituiscono la premessa del processo federativo”.
Dello stesso tenore le parole di Fabio Mussi, capogruppo dei Democratici di Sinistra:
“È un cambiamento formidabile che riguarda le risorse disponibili nel quadro di uno Stato che vuole essere unitario e dunque tutela i poteri locali e regionali e insieme i meccanismi di perequazione e di solidarietà, in assenza dei quali si perderebbe l’unità della nazione”.
Sia per i DS che per i Popolari, le due famiglie politiche che hanno dato vita all’attuale Partito Democratico, elogiavano l’autonomia differenziata, che peraltro avevano scritto e approvato loro, sottolineandone la bontà e l’effetto positivo rispetto all’unità dell’Italia, da Nord a Sud.
La politica per qualcuno non è una cosa seria. È considerata alla stregua di una pagliacciata, un gioco dell’utilità del momento
E adesso, dopo ventitré anni di attesa per applicare quello che loro hanno previsto, vanno dicendo il contrario. Gridano ai quattro venti la presunta assurdità di quella legge, il rischio di divisione dell’Italia, gli effetti catastrofici che si determinerebbero.
Ma com’è possibile questo stravolgimento? Com’è spiegabile la richiesta di un referendum abrogativo su una previsione che loro hanno voluto, scritto, imposto a maggioranza all’Italia intera ed elogiato come salvifica?
Si spiega con il fatto che in Italia la politica per qualcuno non è una cosa seria. È considerata alla stregua di una pagliacciata, un gioco dell’utilità del momento, un teatrino in cui si interpreta di volta in volta il copione che più ti fa comodo.
Che dire? Tutto tristemente ridicolo.
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