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Uno dei punti più criticati, a torto, della legge Bossi-Fini, è quello che lega il diritto di soggiorno con la possibilità di sostenersi economicamente, ovvero essere in possesso di un lavoro, attraverso un contratto regolare. Nel resto d’Europa, in realtà, fanno anche peggio, ovvero operano delle discriminazioni selettive, a seconda delle capacità e del profilo del potenziale lavoratore immigrato: succede in Francia, dove sono previsti permessi di soggiorno speciali per chi possiede un contratto di lavoro in determinati settori, oppure in determinate aree dove vi è carenza di alcune professionalità.
Anche in Germania si entra solo se si è in grado di mantenersi e il lavoro è la condizione determinante per essere accolti in uno dei tanti freddi Lander; i tedeschi necessitano di manodopera qualificata e la legislazione è stata modificata per assecondare questa esigenza, senza dimenticare la necessaria integrazione, infatti la Germania ha messo in campo iniziative volte a migliorare l’insegnamento del tedesco nei Paesi di origine. Integrazione e selezione sono gli imperativi che stanno alla base della normativa Olandese, una delle più severe; pesanti limitazioni al numero di ingressi, test di lingua obbligatorio per chi entra, tassa salata di 350€, e per finire una esamino di integrazione, volto ad attestare la conoscenza della cultura, usi e costumi della terra dei tulipani. E alla corte di Cameron? In Italia abbiamo inventato la patente a punti, in Gran Bretagna hanno pensato invece di escogitare un sistema a punti per gestire i flussi migratori; anche qui il principio è quello della discriminazione, più sei un lavoratore qualificato e più il tuo “punteggio” sarà alto e quindi più probabile la possibilità di rimanere ospite in terra Britannica. Anche nella tranquilla e prosperosa Austria sono state di recente irrigidite le norme che regolano gli ingressi: tutti i permessi di soggiorno devono essere richiesti direttamente all’estero, nel Paese di origine o di partenza, e oltre a dover dimostrare di possedere una sistemazione adatta per soggiornare e degli adeguati mezzi di sostentamento, i richiedenti devono esibire anche la copertura sanitaria, obbligatoria. E non è finita qui: test obbligatorio che provi la conoscenza della lingua tedesca e discriminazione selettiva volta ad avvantaggiare i lavoratori qualificati. Tra le più dure anche la legislazione della pacifica Danimarca, che oltre a prevedere il sistema premiale rispetto ai lavoratori qualificati arriva a chiedere una cauzione di 6.000€ ad ogni immigrato che vuole ottenere il permesso di risiedere nel Paese della Sirenetta.
Volgendo lo sguardo all’Europa, quindi, si intuisce come la nostra legislazione, la Bossi-Fini, viene a sproposito e ingiustamente additata come una delle più “feroci”; al contrario, essendo una legge che sconta ormai dieci anni di vita, è bisognosa forse di un “tagliando”, non certo in senso lassista, ma esattamente nella direzione opposta. In questo momento siamo praticamente l’unico Pese d’Europa che si limita a richiedere la garanzia del lavoro a chi volesse entrare, indubbiamente un passo avanti enorme rispetto all’allegra politica delle “porte aperte” che vorrebbero quelli di sinistra, ma oggi insufficiente; è necessario innovare la norma inserendo un sistema che permetta di discriminare l’ingresso dei lavoratori, premiando la manodopera qualificata e di quei settori in cui si registri un’esigenza di personale. Nessuno si permette il lusso di accettare la logica del “barcone”, dove dentro possiamo potenzialmente trovare di tutto, ma non necessariamente ciò di cui il Paese ha bisogno. Purtroppo la recente tragedia ha dimostrato quanto ancora in Italia, sul tema immigrazione, sia forte un approccio puramente ideologico, miope verso le recenti evoluzioni normative in Europa, volto solo a contrastare l’avversario politico di turno, in questo caso la Lega Nord e la sua legge Bossi-Fini. Tutti pronti a inforcare gli occhiali scuri nelle conferenze stampa, appiccicarsi la maschera con la faccia triste e la lacrima pronta, parlare di accoglienza, solidarietà, umanità, pace, bene, fratellanza, e poi? Poi si volta lo sguardo, si alzano le spalle e si attende il prossimo barcone affondato, che puntualmente purtroppo arriva. E riparte la liturgia del dolore.
Una risposta a “Viaggio tra le leggi d’Europa, tutte più dure della Bossi-Fini. Ma in Italia vogliono cancellare pure quella.”
Bravo Monti. Vorrei proprio vedere, però, se uno dei Paesi che hai citato invece di stare bello e tranquillo in mezzo all’Europa stesse come un’isola in mezzo al Mediterraneo, dalle parti di Lampedusa…. che ne dici? Qui si tratta di primo approdo, non di sistemazione definitiva. Quelle leggi posso anche essere sensate, ma qui parliamo di ambiti diversi, di sbarco, traversata, pericolo. Io farei anche di più: andrei sul posto, andrei in quei Paesi a reclutare la gente a secondo di quello che mi potrebbe servire: operai, braccianti, badanti. E li trasporterei io. Con l’obbligo di rigare diritti (come per noi). Dopo 6 mesi scatterebbe anche la cittadinanza, con diritti e doveri.