Europa

L’Europa al contrario vuole scippare le regioni

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Bruxelles vuole togliere alle Regioni la gestione dei fondi di coesione. Eppure i numeri in tutta Europa dicono che sono proprio gli stati a faticare a spenderli. 

Dall’Europa suona un allarme che, per chi ne capisce, è di quelli drammaticamente seri. Accade che in un folle e incomprensibile rigurgito centralista, lassù a Bruxelles (e quaggiù a Roma) qualcuno sta manovrando per eliminare i programmi regionali legati ai fondi di coesione, quelli con cui si spendono i fondi strutturali dell’Unione Europea. Si tratta del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR), che è orientato verso investimenti in innovazione e competitività per le PMI, e del Fondo Sociale Europe (FSE), rivolto verso gli investimenti alla persona: istruzione, occupazione, formazione e inclusione sociale.


ORA LE REGIONI GESTISCONO DIRETTAMENTE 47 MILIARDI DI FONDI EUROPEI

Si tratta di una vera e propria montagna di soldi: 47,4 miliardi di euro di fondi FESR e FSE+ gestiti direttamente da Regioni e Province autonome (dato ufficiale MEF, BMPC 31.08.2025), che verrebbero scippati alle regioni per farli gestire direttamente dagli stati europei.

Fino ad oggi, infatti, queste risorse sono state distribuite con programmi regionali, alimentando molte funzioni delle regioni: formazione, lavoro, ricerca, innovazione, ecc… Senza tralasciare i numerosi bandi, promossi dalle regioni, che si concretizzavano in contributi alle nostre imprese, ai cittadini e ai nostri Enti Locali.

CON LA NUOVA PROPOSTA I FONDI SARANNO GESTITI DAGLI STATI

Questa nuova proposta sta agitando il PPE, i Sindaci di mezza Europa e tutte le 149 regioni coinvolte nei programmi, chiamando in causa il Vice Presidente, nonché responsabile della coesione, Raffaele Fitto. Se ai fondi FESR e FSE ci aggiungiamo anche la riforma della PAC (i programmi legati all’agricoltura) che sta seguendo la stessa traiettoria verso la centralizzazioni, stiamo parlando di circa 540 programmi e circa 800 miliardi di euro di risorse: una pezzo enorme dell’impegno europeo.

VOGLIONO CENTRALIZZARE COME LE RISORSE PNRR

Ma da dove nasce questa decisione della Commissione Europea? L’obiettivo, come spesso accade, sarebbe la mitologia “semplificazione”, così come i risparmi grazie alle altrettante mitologiche “economie di scala”. L’ispirazione, ma sarebbe meglio parlare di “appetito che vien mangiando”, è scaturita dall’esperienza COVID. Dopo la pandemia l’Europa ha varato i fondi per il Next Generation EU, che in Italia ha preso la forma e il nome di PNRR. Il piano post pandemico dell’Europa ha tagliato fuori totalmente le regioni.

I risultati pessimi rispetto alle performance di spesa del Next Generation EU (in Italia non arriviamo a metà delle risorse spese, la prima della classe Francia poco meno del 60%) non hanno evidentemente scoraggiato l’utilizzo di un sistema che non funziona. Le regioni, soprattutto le più sviluppate, hanno al contrario sempre registrato performance di spesa di gran lunga migliori.

I DATI SONO INEQUIVOCABILI: LE REGIONI SPENDONO MEGLIO I FONDI

Se guardiamo i dati del “Monitoraggio Politiche di Coesione” del MEF troviamo i motivi per cui questa proposta di escludere le regioni non ha nessun senso. La scorsa programmazione, quella 2014-2020, ha visto i programmi nazionali fermarsi a una forchetta 84%-89%, mentre i programmi regionali si attestano tra 90%-99%, con alcune regioni come Lombardia ed Emilia Romagna che performano addirittura ben oltre il 100% (grazie ai fondi integrativi del programma SAFE).

Non vanno meglio i dati dell’attuale programmazione: al 31 agosto 2025 i programmi nazionali gestiti dallo Stato hanno raggiunto solo un misero 4,8% di pagamenti, rispetto alla Lombardia che ha già pagato, quindi speso, il 16% dei fondi. Preoccupante anche l’impegno di spesa: lo stato arriva a stento al 32%, mentre Regione Lombardia naviga tra il 39% e il 43%.

SENZA QUEI SOLDI LE REGIONI ABBASSANO LA SERRANDA

Il dramma è che senza quei fondi molte regioni in Italia abbasseranno letteralmente la saracinesca, perlomeno in alcuni assessorati importanti: tipicamente lo sviluppo economico, la formazione, la ricerca ma non solo. Per la Regione Lombardia sarebbe una perdita drammatica, visto che gestisce 2,1 miliardi di euro di fondi FESR e FSE+, una quota pari a circa il 4,5% del totale nazionale. Non è un caso che l’Assessore Guido Guidesi abbia le idee chiare in proposito:

“Centralizzare i fondi europei di coesione sarebbe un incubo. Significherebbe bloccare gli strumenti di sostegno alle imprese che oggi funzionano proprio perché gestiti in modo rapido e flessibile dalle Regioni.”

Così come il Presidente Attilio Fontana, già abbastanza furioso rispetto alla postura un po’ troppo centralista di alcuni elementi del Governo:

“Regione Lombardia riceve e spende bene tutti i fondi europei. Sarebbe bello che chi ci criticava riconoscesse di aver sbagliato.”

QUESTA RIFORMA SAREBBE UNO SCIPPO AL NORD

Ma c’è dell’altro, purtroppo. Le nuove logiche di distribuzione dei fondi di coesione agiranno come una doppia tenaglia che si stringe sulle regioni più sviluppate, ovvero quelle del nord. Da una parte saranno indirizzati più fondi ai territori con un PIL più basso rispetto alla media Europea, generando degli squilibri rispetto alle attuali programmazioni, come segnalato dal Centro Jacques Delors. L’altra parte della tenaglia agirà a casa nostra: come abbiamo visto in tutti i bandi del PNRR, i fondi distribuiti dallo stato alle regioni penalizzano sempre le regioni del nord. In questo senso, emblematico la vicenda dei fondi sulla rigenerazione urbana, che esclusero totalmente tutti i comuni del nord.

LE SCADENZE E L’AMBIGUITÀ DELL’ANCI

In questa fase iniziano i negoziati tra Stati membri, Parlamento e Consiglio, con una conclusione prevista nel 2027. Ciò significa che è necessario muoversi ora, costruendo il più ampio fronte possibile dei contrari a questa riforma.

Sarebbe utile che qualche Comune, e anche l’ANCI, superino la loro attuale ambiguità: se c’è chi tra i sindaci pensa di guadagnarci qualcosa nell’estromettere le regioni dalla gestione dei fondi, sbaglia di grosso.

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