Non dobbiamo odiare nessuno. Credo sia importante ricordarlo. Al contrario, dobbiamo amare, la nostra libertà; certo migliorabile, certo a volte sgangherata e incerta, ma che abbiamo conquistato con fatica. Tanta fatica. Poi non dovremmo dare niente per scontato, ed invece lo facciamo. Anzi, continuiamo a farlo. In realtà, a ben vedere, facciamo anche peggio, se possibile; chiudiamo gli occhi, perché non vogliamo vederla la realtà. Non vogliamo accettarla.
Abbiamo chiuso gli occhi quando una mattina di novembre del 2004, alle 08.45, in una strada affollata di Amsterdam, un cittadino con doppia cittadinanza, marocchina e olandese, vestito con una djellaba, sputò otto colpi di pistola contro Theo Van Gogh; tento di decapitarlo ma non ci riuscì. Allora fece scempio del suo corpo, in mezzo alla gente, al chiaro della luce. Tagliò la gola di Theo e piantò un coltello nel suo grande petto e uno all’addome. Tutto dimenticato. Occhi chiusi.
Theo se l’era cercata, si è detto. Era per qualcuno, poco più che un mezzo pazzo, un registra troppo pittoresco nell’agire; era uno che gridava spesso parolacce, insomma, troppo esuberante. Soprattutto troppo libero. Il suo assassino lo aveva ucciso per eseguire una fatwa, Theo se l’era meritata per aver girato un cortometraggio intitolato “Submission”, opera realizzata per appoggiare la campagna di emancipazione femminile nell’islam.
Van Gogh sosteneva politicamente Pim Fortuyn, anche lui assassinato, anche lui olandese. Pim era omosessuale, motivo in più per essere odiato da alcuni Imam, che con coraggio affrontava pubblicamente in TV. Talvolta in maniera memorabile e straordinariamente efficace. Macinava successi e consenso Pim. La sciatteria di qualcuno, anche a casa nostra, portò ad etichettare il suo movimento come di estrema destra. Niente di più falso. Pim combatteva per denunciare i rischi legati alla difficile convivenza tra Europa e Islam. Lo faceva da uomo che amava la libertà. È sepolto in Italia, Pim; sulla sua tomba ha voluto che si scrivesse “Loquendi libertatem custodiamus”. Purtroppo il suo movimento politico è morto con lui.
NOI CHIUDIAMO GLI OCCHI E SUSSURRIAMO “UN PO’ SE LA SONO CERCATA”
Noi continuiamo a chiudere gli occhi, lo facciamo anche in questi giorni. Accendi la TV e ti assale una gragnola fatta di distinguo, di contestualizzazioni, di subdole, pelose e mal celate giustificazioni. Riecheggia, un po’ sussurrato, magari solo pensato, il macabro, vigliacco e codardo: “beh ma un po’ se la sono cercata”. Come Theo, come Pim, come tutti gli intellettuali liberi, costretti alla macchia da queste stupide ed inaccettabili fatwe. Come possiamo accettarlo in silenzio? Alcune testate autorevoli, famose e potenti, occidentali e del mondo “libero”, decidono di non pubblicare le vignette. Il Financial Times ha definito “stupidi” i vignettisti di Charlie Hebdo. Insomma, stupidi, cioè se la sono cercata. Intanto David Brooks sul NYT ci racconta come nella “libera” America i vignettisti sarebbero stati probabilmente denunciati.
In questi giorni, assistendo in TV alle numerosissime trasmissioni “speciali” (sempre troppe), non si fa altro che discutere sul pericolo “islamofobia”. Il problema, per qualcuno, sembrerebbe essere la Lega Nord, Salvini, la Le Pen, o la “gente ignorante” e il razzismo. Che poi, la gente ignorante, saremmo noi e i nostri concittadini. Insomma, è come se per tutti le vittime di questi attentati sarebbero i musulmani e il mondo islamico. Anche, certo, ma la prima vittima non è forse la nostra libertà? Per qualcuno no. Curioso, non trovate?
CHIUDIAMO GLI OCCHI E CI RACCONTIAMO UNA REALTA’ CHE NON ESISTE
Continuiamo tutti a chiudere gli occhi. Con gli occhi chiusi avanziamo a tentoni, per forza. È il buio della ragione. Troviamo appigli sicuri aggrappandoci a banalità enormi, tipo: ”non tutti i musulmani sono terroristi”. E giù applausi. Naturalmente nessuno lo pensa, nemmeno i più esagitati tra i populisti arriverebbero ad elaborare una tesi così stupida. Come tutte le banalità, però, anche questa non ci dice nulla e non ci illumina la via. Non serve a nulla, se non a compiacere la nostra scelta di non guardare.
Un’altra, tra le più gettonate è questa:”l’Islam non c’entra nulla con questi omicidi e non c’entra nulla, più in generale, con il terrorismo”. Questa è la tesi anche del nostro ex Ministro degli Esteri, attuale Ministro Europeo, la Mogherini. Ed è forse la più surreale delle posizioni.
Questa non è una banalità, ma un travisamento totale della realtà, la volontà appunto di non vedere ciò che abbiamo di fronte, arrivando persino a negarlo. Con energia.
E non è tanto perché gli attentatori hanno agito in nome dell’Islam e per difendere l’Islam. E non è nemmeno il fatto, acclarato, che esista un vero e proprio network del terrore che non solo si ispira, ma addirittura si pone come obiettivo la vittoria totale dell’Islam nel mondo. Alcuni di questi, da diversi mesi, controllano addirittura uno Stato. Si potrà anche pensare che quelli di IS e di Al-Qaeda siano pazzi, estremisti, assassini e che non incarnino il vero Islam. E questo è sicuramente vero. Ma ciò non toglie che questi siano un pezzo di Islam, e probabilmente è pure un Islam che negli ultimi anni è stato capace, più di altri, di essere influente, influenzante e di agire come un magnete nel variegato mondo islamico.
Perché la loro lotta affascina, e piace a tanti. Inutile negarlo. A questo proposito, sarebbe bene riascoltare le reazioni di alcuni fedeli Musulmani il giorno della morte di Bin Laden. Raccolte a Milano, in viale Jenner. Siamo in Lombardia, a casa nostra, non a Baghdadh o a Gaza
E ancora, ci si ostina a non voler riconoscere come quello di Parigi fosse un atto di guerra, che lo rende profondamente diverso da un semplice atto terroristico. Innanzitutto erano soldati per davvero, reduci dal fronte siriano. Bene o male, ma addestrati come soldati. Ed era poi evidente come si muovessero su un campo di battaglia: veloci e coprendosi a vicenda, utilizzando fucili da combattimento, muovendosi da soldati, uccidendo con facilità, freddezza e sparando con precisione. Loro si sentivano in un teatro di guerra. Questa è un’azione di guerra, ma qualcuno continua a negarlo, anche quando a spiegarcelo sono gli stessi attentatori. Lucidi, calmi e decisi hanno parlato a tv, giornali ed ostaggi. Hanno detto più volte che sono soldati di Al Qaeda e dell’IS, e sono arrivati a tranquillizzare le vittime dicendo: “noi siamo soldati e non uccidiamo civili”. Non un capello hanno torto, infatti, a quelli che loro considerano “civili”. I vignettisti, gli Ebrei in generale e i poliziotti sono per loro legittimi obiettivi militari.
CONTINUIAMO A CHIUDERE GLI OCCHI, APRENDOLI VEDREMMO UNA METAMORFOSI
Ma noi continuiamo a chiudere gli occhi. Abbiamo paura di ciò che potremmo vedere aprendoli. E abbiamo ragione.
Ci ostiniamo a non riconoscere che un brodo di cultura, spesso inconsapevole, esiste eccome, ed è composto da un sentimento che troppo spesso appare comune, da un modo di pensare ed argomentare, troppo spesso condiviso, con leggerezza, da molti musulmani. Soldati di Parigi compresi.
Argomentazioni che sarebbero estreme, ma che anche grazie alla condivisione e approvazione di molta sinistra europea, hanno ricevuto piena legittimità. Una tragica legittimità.
Amedy Coulibaly, nel suo video rivendicazione dopo gli attentati ha detto:
“Quello che abbiamo fatto è legittimo, considerando quello che loro fanno a noi. Continuate a fare altri attentati”.
Nella telefonata con il giornalista di una radio locale, mentre era asserragliato in tipografia con il fratello, Cherif spiega così la loro azione:
«Non siamo killer. Siamo difensori del profeta. Noi non ammazziamo donne, non ammazziamo nessuno. Noi difendiamo il profeta. Se qualcuno offende il profeta allora non c’è problema, possiamo ucciderlo. Ma noi non uccidiamo donne. Non come voi. Siete voi che uccidete i bambini dei musulmani in Iraq, Siria e Afghanistan. Siete voi. Non noi. Nell’Islam noi abbiamo codici d’onore».
Adesso vi siete vendicati? Avete ucciso persone?
«Esatto, ci siamo vendicati. L’hai detto tu: ci siamo vendicati».
Sono gli occidentali che uccidono bambini: in Iraq, in Siria e in Afghanistan. C’è poi l’altro attentatore, sempre alla radio, bloccato nel supermarket ebreo, è Coulibaly a parlare:
Avete scelto quel supermercato per una ragione?
«Sì. Gli ebrei. L’ho fatto per tutte le oppressioni, in particolare lo Stato islamico. L’ho fatto per difendere tutti i Paesi dove sono oppressi i musulmani. Come la Palestina».
Ora guardiamoci questo video, andato in onda solo ieri, in una trasmissione della TV italiana La Gabbia su La7. Parla una giovanissima ragazza di religione Islamica, assolutamente moderata e pacifica. E, aggiungo io, assolutamente in buona fede. Inizia con un preambolo in cui spiega che questo terrorismo non c’entra con l’Islam, per poi finire con il sostenere che il terrorismo è anche quello che fa Israele in Palestina. Tra Israele, Al Qauda e l’IS non c’è nessuna differenza.
Siamo distanti anni luce, certo, dai soldati islamici di Parigi, e pochissimi dei tanti ragazzi che la pensano così compieranno poi la mutazione successiva. Ma è innegabile come il canovaccio sia comune.
Ma è da un altro interessantissimo video, sempre pubblicato su La7 questa volta a Servizio Pubblico, che si scatta una fotografica sul passaggio successivo della metamorfosi. Dal pensiero all’azione. Dal microfono all’ Ak-47.
È un giovane bresciano di origini marocchine, una ragazzo come tanti ce ne sono in Italia: giustamente fiero delle sue origini, intelligente e spogliato da ogni finta retorica. Un tipo genuino. Senza fronzoli e giri di parole. Parla di un suo amico, partito per il fronte siriano, e alla precisa domanda dell’intervistatrice che chiede:”ma perché tu non l’hai fatto?”, risponde così:
Insomma, lui non è ancora arrivato a quel punto, quello in cui ci si convince che sia arrivato il momento di agire, in difesa di innocenti che vivono lontani. Il suo amico l’ha fatto, ha compiuto il passo ed è andato in Siria. A combattere. Vi confesso: io non ci vedo dei pazzi, dei fanatici o dei semplici assassini. Io ci vedo dei ragazzi fieri, arrabbiati, convinti da qualcuno (soprattutto in Italia) che sia l’occidente il motivo di tutti i mali del loro mondo, e che soprattutto l’occidente sia da mettere al pari di IS e Al Qaida. Perché sarebbero pazzi a pensarla così? Perché? Quando aprendo qualsiasi giornale, sito internet o peggio, pagina Facebook, siamo inondati da posizioni politiche simili. Israele terrorista, gli americani che uccidono i bambini, gli europei che uccidono le donne, le torri gemelle abbattute dalla CIA. Quante volte abbiamo ascoltato discorsi simili? Ed ora chiudiamo gli occhi? La radice del pensiero è questa, ed è condivisa da gran parte di quello che ci si ostina a chiamare “Islam moderato”. Che in realtà non esiste, perché la differenza tra un moderato e un non moderato dovrebbe essere nel pensiero, e non tanto nell’azione.
CONTINUIAMO A CHIUDERE GLI OCCHI. MA IL MOTIVO DELL’ATTACCO A CHARLIE È CONDIVISO
Continuiamo a chiudere gli occhi. Aprendoli vedremmo cose che non vogliamo vedere. Ci accorgeremmo, per esempio, che il motivo stesso dell’azione militare che ha portato a uccidere civili inermi, non è condiviso solo e soltanto da fanatici islamisti. Non si può fare satira sul profeta, questo il motivo per cui qualcuno ha deciso di uccidere quelli di Charlie Hebdo.
E nemmeno in questi tragici giorni, nemmeno tra i partecipanti ad una manifestazione che doveva essere di solidarietà proprio a Charlie Ebdo, c’è chi riesce ad accettare che in uno Stato libero, come quello in cui viviamo, la satira non è un reato. Semmai, lo è la bestemmia. E invece no, giovanissimi musulmani rimangono fermi a contestare e condannare la libertà di fare satira:
Apriamo gli occhi allora. C’è un problema che nasce proprio nel variegato mondo dell’Islam, ed è un grosso problema. E non si risolve continuando a dire che Israele è uno stato terrorista, che gli americani sono assassini e gli europei stupratori di donne. Così si rischia solo di alimentare un nocivo vittimismo, che frenerà ogni possibilità che l’Islam possa espellere da solo ogni suo corpo estraneo. Non si risolve regalando cittadinanze italiane, che non servono a nulla, visto che questi ragazzi continueranno a sentirsi marocchini, tunisi, egiziani o palestinesi. Non si risolve nemmeno aprendo nuove moschee, spesso finanziate dagli Stati Arabi che più di altri soffiano sul fondamentalismo.
Si può tentare di risolverlo aprendo gli occhi. Sarebbe un buon inizio. Riconoscendo che esiste un pezzo di Islam che porta avanti, da decenni, una visione del corano che non è assolutamente compatibile con i principi occidentali e con la possibilità di vivere in pace tra di noi. E che questi principi, almeno in Europa, non c’è possibilità di discutere. Non sono principi negoziabili e non dobbiamo abdicare a nessuno dei nostri diritti e a nessuna delle nostre conquiste. A questo proposito trovo interessante questo intervento di Rula Jebreal, sempre a Servizio Pubblico, che riconosce che un problema nell’Islam esiste, e non fa finta di nasconderlo e di chiudere gli occhi.