“Sold out”, tutto esaurito. In Italia la scritta la vediamo stampigliata sui manifesti dei concerti di Vasco Rossi o Ligabue, in Canton Ticino l’overbooking lo registra un semplice incontro rivolto alle imprese, di quelli che in Italia fatichi a riempire magari una saletta da cinquanta posti. Il motivo? Semplice, il titolo è: “Benvenuta impresa nella citta di Chiasso”, diventato ormai il nuovo eldorado per moltissimi imprenditori, anche brianzoli, strangolati e vessati da burocrazia, tasse, balzelli e corruzione italica. Sono 178 le imprese lombarde che hanno risposto all’appello della città elvetica, ma molte di più quelle che hanno tentato di iscriversi, che sfiorerebbero quota 300! Eloquente il commento del Primo Cittadino Moreno Colombo:”Ci contattano anche di notte! Ma non riusciamo a soddisfare tutti!”.
Il Governo romano ha pensato bene di istituire un dicastero per l’integrazione, concentrato com’è sulla gestione del tema immigrazione,e nel frattempo pare ignorare che un’altra spia rossa si illumina sul pannello di controllo, e il nuovo fenomeno si chiama emigrazione, questa volta non solo di cittadini, ma di imprese: pagatori di tasse, creatori di posti di lavoro, di PIL, di produzione, di economia reale. Se ne vanno.
Da noi arrivano i Mohamed, il nome oggi più diffuso tra gli imprenditori milanesi, e se ne vanno i Brambilla, o almeno ci provano. Non servono studi, statistiche o ricerche della Bocconi per intuire come, nel giro di pochi anni, il saldo dello scambio tra immigrati che arrivano dal terzo mondo e imprenditori nostrani emigrati all’estero, farà schiantare l’Italia, la Padania, la Lombardia e la Brianza. Era già grave non essere più un Paese attrattivo, situazione che ci ha condannati ad una crescita piatta nell’ultimo decennio, ora la situazione peggiora, visto che non solo non riusciamo ad intercettare investitori esteri, ma abbiamo creato addirittura le condizioni per cacciare quelle imprese che ancora riuscivano a sopravvivere alla crisi.
E se Roma è sorda, così impegnata a tenere in piedi un Governo perennemente in bilico, incapace di attuare il benché minimo taglio all’elefantiaca macchina dello Stato centrale, limitandosi a strangolare gli enti locali, ancora una volta è la Lombardia che dovrà cercare di porre un argine a questa esondazione imprenditoriale. In questa direzione va il provvedimento con cui Regione Lombardia ha messo a disposizione1 miliardo di euro a quelle aziende che ancora aspettavano i pagamenti dagli enti locali, incapaci di onorare i debiti a causa del patto di stabilità. Certo non basta, come non possono bastare i limitati poteri di Regione Lombardia, ma è nostro dovere dare voce e risposte a questi imprenditori, artigiani ed industriali, che amano la loro terra ma sono costretti ad emigrare, non per mancanza di lavoro ma per impossibilità a svolgerlo. Una vera assurdità, un’emergenza che non interessa a nessuno, forse perché a Chiasso non si arriva com i barconi, forse perché i “Brambilla” e i “Colombo” non provengono da qualche Paese esotico, ma sono nostri fratelli, quelli che dovrebbero rappresentare il nostro futuro e non possiamo ignorarli.
E’ necessario intervenire, ma come? Il primo passo non può che essere l’ascolto, è indispensabile contattare queste imprese, aprire un dialogo con loro e anche con il Canton Ticino. Perdere questo capitale sociale, sviluppato in decenni di fatica, lavoro e impegno, sarebbe gravissimo. Abbiamo inventato la carta sconto benzina per arginare l’emigrazione di automobilisti a caccia del pieno scontato, inventiarsi anche una carta sconto per gli imprenditori, non sarebbe una cattiva idea.