CONFCOMMERCIO AL SERVIZIO DEL CENTRALISMO ROMANO, ATTACCO SENZA SENSO AL FEDERALISMO

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Pare che Lenin amasse definirli utili idioti. Difendevano e sventolavano la bandiera del nemico sovietico in occidente, ed erano felici di farlo. Lui se ne compiaceva, divertito.
L’Unione Sovietica si è disciolta, il comunismo si è annacquato, gli utili idioti, tuttavia, continuano a non mancare. I lavoratori autonomi, le piccole imprese, i commercianti, rappresentato una delle parti più vive e dinamiche di questo Paese; categorie capaci di sfidare la crisi a viso aperto e spesso, purtroppo, a mani nude, senza armi di difesa.
Non meritano d’interpretare la parte degli utili idioti.
Da utile idiota rischia invece di passare l’ufficio studi di Confcommercio, che  con la collaborazione del CER, ha conquistato le prime pagine di tutti i giornali sostenendo che il Federalismo Fiscale ha causato un aumento del 500% delle tasse locali. Apriti cielo.
Il documento, di sole sei paginette, elenca dati presumibilmente veri; l’aumento dal 1992 al 2012 del 126,5% della spesa corrente degli enti locali, e come detto, del 500% delle imposte dirette e indirette, passando da 18 a 108 miliardi il gettito a favore delle autonomie. Tutto corretto, nessuna bugia.
Vi è solo un aspetto, guarda caso determinante, che lo studio non prende minimamente in considerazione, ovvero le riforme del decentramento amministrativo attuate negli ultimi 20 anni, soprattutto dalla riforma Bassanini (datata 1997) in avanti.
I costi degli enti locali sono aumentati in maniera esponenziale semplicemente perché sono enormemente aumentate le competenze e i servizi che lo Stato centrale ha posto in capo a Regioni, Province e Comuni.

Enormi le competenze trasferite dalla sola Bassanini, le ricordiamo per sommi capi:
– il territorio, ovvero “l’Ambiente”, la pianificazione territoriale ed urbanistica, i lavori pubblici, la protezione civile, i trasporti e le comunicazioni;
– le attività produttive, ovvero, l’agricoltura, il commercio con l’estero, l’industria, il commercio, l’artigianato ed il turismo;
– la formazione, il lavoro, la cultura, ovvero gli affari sociali, la pubblica istruzione, la sanità, l’università.

Lo studio della Confcommercio e del CER non pone l’unico interrogativo che sarebbe legittimo porre: ma perché lo Stato ha continuato ad aumentare la spesa pubblica a fronte di servizi e competenze che non è più chiamato a svolgere?
Ecco perché è giusto parlare di utili idioti, spiace dirlo, ma è così. Si butta la croce addosso agli enti locali, rei di aver aumentato la pressione fiscale, quando erano chiaramente costretti a farlo, essendo chiamati a svolgere funzioni e ad erogare servizi che prima faceva lo Stato, e per cui lo Stato, chissà perché, si teneva comunque i soldi che servivano a finanziarli.
Oggi sono numerosi gli enti locali, tra Regioni, Comuni e Province, che allo Stato non costano nulla, anzi, al contrario, finanziano lo Stato con risorse del proprio Bilancio, come nel caso della nostra Provincia, di Monza e Brianza, chiamata a versare allo Stato 7,5milioni di euro ogni anno e che nulla riceve dalle casse centrali.

Lo studio non si limita a questo, va addirittura oltre, minando alla base i principi stessi del federalismo. Nello studio viene più volte criticata la frammentazione, a livello di pressione fiscale, che il federalismo ha generato sul territorio nazionale. Si cita, come esempio negativo, l’enorme differenza tra la pressione fiscale presente nella Provincia di Bolzano e quella sopportata in Campania e Molise. Si fa così intendere che applicare aliquote fiscali differenziate sia un danno, piuttosto che un vantaggio. Ecco la firma del mandante di questa vergognosa operazione, traspare chiara e limpida, è lui che ha dettato il killeraggio mediatico, l’odiato centralismo romano.
Dovrebbero al contrario domandarsi, gli amici di Confcommercio, per quale motivo un commerciante Lombardo dovrebbe pagare le inefficienze della Regione Campania, che magari continuerebbe a sprecare i soldi dei contribuenti in assistenzialismo e cattiva amministrazione. Perché dobbiamo far pagare a tutti in maniera eguale, gli spreconi come i virtuosi, le cicale come le formiche? La competizione territoriale, attuata anche con la pressione fiscale, è il pilastro su cui si basa la logica virtuosa del federalismo. Mettere in competizione i territori per una corsa che mira, per forza di cosa, ai primi posti del virtuosismo amministrativo, cacciando in fondo chi ancora pensa di sprecare le risorse, sempre sacre, dei cittadini.

I centralisti non mollano, e vanno capiti, adesso che i nodi vengono al pettine, adesso che qualcuno dovrà per forza chiedere a loro conto di dove siano finiti tutti quei miliardi di euro che servivano a svolgere funzioni che non sono più chiamati a svolgere da Roma, loro provano a salvarsi.
Ma Roma potrebbe aver compiuto un errore; nella foga di tenersi tutto il malloppo, di tagliare ogni trasferimento agli enti locali, buoni solo per essere munti, si stanno accorgendo che hanno determinato la loro stessa inutilità. Se da Roma non arrivano più trasferimenti ai Comuni, alle Province o alle Regioni, cosa serve allora Roma?
Ecco la battaglia che si profila all’orizzonte, i Sindaci hanno la mano sul fodero, pronti a sguainare.

 

 

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