La risposta alla crisi dei centri commerciali non può essere aprirne di più grandi. Regione Lombardia deve proseguire l’impegno per salvare il piccolo commercio
Negli USA si sono inventati addirittura una mini serie YouTube, che si chiama Dead Mall Series, per raccontare il declino che ha investito il luccicante mondo dei centri commerciali. Potete ammirare la nascita e la morte di grani centri commerciali, quelli che in qualche modo hanno segnato la storia del commercio mondiale. In Lombardia, a dispetto di una legge che da qualche anno è diventata più stringente, si continuano ad aprire mega centri commerciali, sempre più grandi. Alla crisi di quelli esistenti, paradossalmente, si risponde costruendone di più grandi. A volte giganteschi. Oppure ampliando quelli esistenti. Sopra tutto questo aleggia la minaccia del web e del commercio elettronico, che Amazon in testa minaccia di decapitare tutti i sogni di gloria di questo grandi spazi di vendita.
Intanto le saracinesche dei nostri centri storici si abbassano, delle medie città, ma soprattutto dei piccoli e piccolissimi comuni. La correlazione dei due fenomeni, aperture di centri e chiusure di negozi, seppur contestata da qualcuno è difficilmente negabile. E se fosse solo una questione di occupazioni, oppure di imprese che muoiono, si potrebbe anche accontentarsi delle teorie che ci raccontano come il saldo occupazionale alla fine sarebbe positivo (anche se ne dubitiamo fortemente). Ma il rischio è ben più profondo. La chiusura degli esercizi commerciali, soprattutto quelli del centro storico che sono tra i più colpiti dall’epidemia, mette a rischio il cuore stesso dei nostri borghi. Negozi chiusi significa desolazione, deprezzamento degli immobili, quindi degrado e spopolamento. Un circolo vizioso negativo che dobbiamo impegnarci ad arrestare.
Per questo, il mio impegno per questa corsa alla Regione Lombardia, è di battersi per salvaguardare le nostre botteghe. Girando per vie, borghi, piazze e negozi in questa campagna elettorale, riscopro la ricchezza garantita dai nostri esercizi commerciali. Svolgono una funzione sociale, ma vengono continuamente tosati e tartassati. Dovremmo invece aiutali, agevolarli, e semplificare la loro vita. Invece è sempre più complicata.
Dobbiamo difenderci poi dall’omologazione che impera nei centri commerciali. Vorrei poter entrare in un negozio senza trovarmi gli stessi capi, con le stesse vetrine che ho già visto altrove. Vorrei varcare la soglia di un ristorante con la voglia di scoprire cosa cucinano e come, anche a costo di incappare in una fregatura. Oggi invece, con la logica delle catene, alimentate dai centri commerciali che fanno da matrigna, siamo invasi da ristoranti tutti uguali, in cui prima di entrare sai già cosa mangiare. Un impegno preciso: difendere le nostre botteghe, che dovranno rappresentare il futuro della nostra Lombardia.