La cittadinanza per gli stranieri non era davvero un problema, ma i sinistrati italiani stanno correndo per approvare la prima ed unica legge in Europa che introdurrà il principio dello “ius soli”
Dicono che sia una priorità. Dicono che ci siano decine di migliaia di giovani cittadini stranieri, nati e cresciuti in Italia, che non pensano a nient’altro se non a quando diventeranno cittadini italiani. Pare strano che ci sia tutta questa voglia di diventare italiani, ma ci dicono essere così. Sarà vero? Siamo sicuri? Credo ci siano buoni motivi per dubitarne. Ma soprattutto, interroghiamoci, è davvero un problema così sentito quello della cittadinanza italiana per gli stranieri?
Sinceramente, guardandosi intorno, appare più un problema per i soliti quattro «sinistrati», quelli che ogni tanto trascinano il Parlamento nella difesa di battaglie che fanno a pugni con il buon senso.
Ricordiamolo, pochi stranieri vogliono vivere in Italia
La verità è che di studi seri non ne sono stati fatti molti, ma ho già avuto modo in passato di citarne uno del 2008. I risultati? Ci dicono che solo una minima parte di stranieri desidera rimanere qui in Italia per tutta la vita, un risicato 26%. Anche i meno svegli tra di voi, sono certo, intuiranno che se uno non vuole rimanere in italia tutta la vita, difficilmente potrà sentirsi così italiano da desiderare a tutti i costi la cittadinanza.
Interrogati poi sul potenziale interesse ad ottenere la cittadinanza, risponde sì «solo» il 55%. La maggioranza degli stranieri, vero, ma una maggioranza davvero risicata. Se poi ci aggiungiamo che la maggioranza di questi sogna la cittadinanza come mero strumento per non rinnovare più il permesso di soggiorno, capiamo che la battaglia sulla cittadinanza è una roba che interessa solo 4 radical chic, su cui si sta costruendo il solito circo della politica italiana. Chi ne farà le spese? Indovinate un po’…
L’attuale legge scoraggia l’ottenimento della cittadinanza? Balle.
A sentire i soliti tromboni, quelli che ci viene la nausea solo a nominarli, una revisione della legge è necessaria, perché ottenere la cittadinanza sarebbe troppo difficile. A parte che non si capisce il motivo per cui l’ottenimento della cittadinanza, e non un etto di prosciutto dal banco salumi, dovrebbe essere facile, i dati smentiscono anche questa tesi.
I dati del dossier del Senato parlano chiaro: il numero di non comunitari diventati italiani erano meno di 50mila nel 2011 e sono oltre 120mila nel 2014, segnando una crescita del +143%. Vi paiono numeri che disegnano una difficoltà nell’ottenere la cittadinanza? Non credo proprio.
Una legge che produrrà bambini stranieri nella loro stessa famiglia
L’attuale legislazione ha una impostazione chiara e lineare: la cittadinanza del minore, nato o meno in Italia non fa differenza, segue quella dei genitori. Quando i genitori diventano italiani, automaticamente lo diventano anche i figli, oppure se il genitore non vuole, il figlio minorenne non diventerà italiano fino alla maggiore età. A quel punto sarà emancipato, e la legge prevede che sia sua la scelta se accettare di diventare italiano o meno. Una roba di assoluto buon senso, nella misura in cui un minore si auspica possa rimanere nella propria famiglia d’origine il più a lungo possibile.
Cosa propongono invece i sinistrati? La loro idea di famiglia, ma questo lo sapevamo già, è abbastanza bislacca. Secondo loro a fare la differenza è dove nasce un bambino: quindi con la nuova legge, se approvata, basta nascere in Italia e si diventa subito italiani. Il famoso principio dello ius soli, con l’unica condizione che i genitori siano residenti legalmente in Italia da almeno 5 anni. E i genitori? Avranno anche loro la cittadinanza? Naturalmente no, i genitori continueranno ad avere in tasca la cittadinanza straniera, pur avendo partorito un figlio italiano. Vi pare abbia senso una famiglia in cui il genitore è straniero e il figlio neonato è già italiano? Una follia, tanto che una legge simile non si trova in nessun Stato d’Europa.
Il nodo della doppia cittadinanza, perché viene permessa?
Sapete che i Cinesi, che sono una delle comunità più numerose e più anticamente presenti in Italia, non compaiono ai primi 10 posti delle nazionalità di chi ottiene la cittadinanza? Vi domandate perché? Semplice, la Cina è uno di quei Paesi che non permette la doppia cittadinanza. Ciò significa che se un cinese vuole diventare italiano deve rinunciare alla cittadinanza cinese. E non ci rinunciano.
Perché l’Italia permette invece la doppia cittadinanza agli stranieri? Perché se sosteniamo che queste persone si sentono solo e soltanto italiani, non chiediamo loro di rinunciare alla cittadinanza d’origine? Non per una forma di ripicca, ma per avere la certezza che la richiesta di cittadinanza non risponda ad un mero interesse burocratico, piuttosto ad una condivisione piena di principi e di valori e di voglia di integrarsi.
Invece niente di tutto questo, i sinistrati corrono solo a regalare le cittadinanze, come fossero noccioline.
Lo ius culturae, una totale idiozia legislativa
Nella nuova legge si è inventata addirittura l’introduzione dello «ius culturae», una forma agevolata per ottenere la cittadinanza. Se lo ius soli vale per chi ha emesso il primo vagito in Italia, lo «ius culturae» vale per chi ha emesso dal secondo vagito fino ai 12 anni in Italia. In questo caso si ottiene la cittadinanza semplicemente dopo cinque anni di «frequentazione» di scuole o corsi. Badate bene, non si parla di diplomi o di esami positivi. Si parla semplicemente di 5 anni di studi, anche di scuole professionali, senza però specificare che sia necessario studiare e non solo frequentare. Ecco l’idiozia: si parla di «ius culturae», salvo poi fregarsene se la persona abbia semplicemente scaldato il banco oppure imparato qualcosa. Ma che cultura sarebbe questa, scusate? Ah già, una cultura italiana.