Bea, sta arrivando la magistratura?

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Il vecchio proverbio, scolpito in secoli di saggezza popolare, diceva:”male non fare, paura non avere”. Che significa una cosa molto semplice: quando si agisce e si opera con scrupoloso riguardo verso la correttezza, nessuno potrà mai temere nulla.

Invece tra gli amministratori di Bea, soprattutto dal Presidente, si respira un’aria davvero pesante.

Un paio di settimane fa ho scritto un lungo post, in cui ponevo cinque domande più una al Presidente di Bea on . Daniela Mazzuconi. La più grave, quella che probabilmente sta agitando non poco le acque della società, è il quesito legato a quei 2 milioni di euro di differenza tra la base d’asta del Lotto 2 (5.400.00,00€) e il valore dell’unica offerta pervenuta e aggiudicata (7.480.080,00€).

Trascorsi quindici giorni tutto, o quasi, tace: i radar hanno trovato solo traccia di una stringata dichiarazione della stessa Mazzuconi, rilasciata in una breve intervista a il Giorno. Nell’intervista cita un parere legale che avrebbe dato il via libera ai lavori, documento che però custodisce gelosamente.

Questo tempo non è però trascorso invano, infatti il sottoscritto ha intrattenuto un breve ma intenso scambio epistolare con il Presidente di Bea. Breve riassunto: nel mese di maggio inviavo regolare richiesta di accesso agli atti alla società, ai sensi dell’ art. 43, c. 2, del D.Lg. n. 267/2000, che tra le prerogative dei consiglieri prevede esplicitamente:

I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge

Nella lettera chiedevo una serie di documenti legati alla vicenda, naturalmente in possesso dell’azienda, tra cui il contratto stipulato con l’azienda aggiudicataria del Lotto 2.

In data 28 maggio ricevevo regolare risposta, in cui mi venivano recapitati tutti i documenti richiesti, tranne però il contratto, adducendo questa motivazione:

Il contratto sottoscritto con l’aggiudicatario verrà consegnato unitamente al parere pro veritate, di cui al verbale di cdA del 16.04, una volta consegnato lo stesso

A quel punto ho evitato ogni tipo di risposta polemica, anche se avrei potuto rimarcare fin da subito che la mia richiesta era di avere copia del contratto, e non di un presunto “parere pro veritate”, che non avendolo richiesto non si capisce il motivo per cui dovrei attenderne la stesura? Sorvoliamo.

Passano diversi giorni, e in data 14 luglio ricevo una comunicazione stringata in cui vengo avvisato che a breve non riceverò un bel nulla, almeno fino a quando non sarà terminata una non meglio precisata per la verità, “procedura legale”.

A quel punto prendo carta e penna e scrivo alla Presidente, facendo garbatamente notare che ho pieno diritto di avere quel documento, e che non ho richiesto nessun parere legale ma semplicemente di fornire un documento che è già in possesso dell’azienda di cui è socio l’ente nel quale sono consigliere. (la Provincia di Monza e Brianza).

Risposta, devo dire quasi immediata del Presidente, che mi conferma la sua decisione unilaterale di non concedermi il diritto di accesso agi atti in quanto, e qui siamo al nocciolo della questione, mi comunica il Presidente che sarebbero sorte “difficoltà legali”, e che avrebbe deciso che niente venga reso pubblico “nell’eventualità che la magistratura si pronunci in merito”.

Non demordo: prendo nuovamente carta e penna e scrivo una nuova e lunga lettera, in cui ricordo e ribadisco come non vi sia nessun motivo ostativo nel negarmi l’accesso agli atti, anche nell’eventualità che un procedimento della magistratura sia già in corso, figurarsi se si possa negare solo paventandone un eventuale intervento. Ma scherziamo? A questo punto si avrebbe titolo per negare sempre e comunque l’accesso agli atti di documenti. Concludevo riservandomi di valutare di far valere i miei diritti nelle sedi opportune.

Certo che è curioso che si debba trascinare sempre la gente in tribunale solo per vedere riconosciute le proprie prerogative.

La domanda che dobbiamo però porci è molto semplice: perché il Presidente di Bea ha così paura ad inviarmi un contratto che è già da tempo nella disponibilità dell’azienda? Cosa si teme? Cosa c’è di così pericoloso in quel documento?

E ancora. Cosa significa che si teme un intervento della Magistratura? Forse il Presidente ha avuto accesso a qualche particolare informazione a noi ancora non nota? Forse il Presidente sa che la magistratura si è già attivata sul caso? E quali “difficoltà legali” sarebbero celate dentro a questo documento, il contratto, che si custodisce così gelosamente?

Trasparenza. La soluzione a questo caso sta in una sola parola: trasparenza. E non si attua negando addirittura le prerogative dei consiglieri sancite per legge. Queste domande debbono trovare risposta.