È durata poche ore la speranza di vivere in uno Stato che agisca ancora in autonomia e nel pieno della propria autorità ed autorevolezza.
Solo ieri parlavo della spinosa vicenda legata all’intitolazione della Piazza Martiri di Odessa a Ceriano, che si sta ormai trasformando in un vero e proprio caso diplomatico; nel chiudere il mio post mi auguravo che il Prefetto rispedisse al mittente le richieste dell’ambasciatore ucraino, palesemente lesive dell’autonomia di uno Stato, di un sindaco e di una giunta. Mi auguravo anche che non ci si nascondesse, come spesso accade in Italia, dietro i cavilli normativi, le interpretazioni che di volta in volta si piegano e si adattano ai desiderata del momento e che, più in generale, la questione non fosse affrontata con il registro della burocrazia. Le speranze, come dicevo, sono durate giusto ventiquattro ore.
Mi scrive oggi il Sindaco di Ceriano Laghetto queste poche righe
Gentile Consigliere provinciale,
Ti giro la comunicazione trasmessa dalla Prefettura di Monza sull’argomento inerente la toponomastica ed in particolare l’intitolazione di una piazza ai “Martiri di Odessa”. Chiedo da parte tua un approfondimento, anche a livello provinciale, su una materia che ritengo complessa ma importante per il nostro Comune.
Cordialità
Dante Cattaneo
E allora vediamo cosa dice, nelle sue parti salienti, la comunicazione del Prefetto. Ricorda innanzitutto la normativa che regola l’intitolazione di piazze e vie cittadine (R.D.L. 10 maggio 1923), che recita:
Le intitolazioni non possono essere riferite a persone che non siano decedute da almeno dieci anni ed è facoltà del Ministero dell’Interno consentire la deroga, in casi eccezionali, quando si tratti di persone che hanno bene meritato per la nostra Nazione
E fin qui nulla di strano, è risaputo che per intitolare vie o piazze a persone, queste debbano essere decedute da almeno dieci anni, salvo possibilità di deroga, innovazione che fu introdotta nel 1978 a seguito della tragica scomparsa di Aldo Moro.
Quello che invece apparirebbe strano sarebbe intendere che questo vincolo dei dieci anni, non valga solo per le personalità a cui intitolare una piazza, ma addirittura all’indistinta massa di vittime ignote, o comunque anonime, perite a seguito di un determinato evento storico.
E sarebbe appunto talmente strano che infatti la norma non viene applicata mai in questo senso. Gli esempi si sprecano, ma alcuni sono significativi.
Faccio alcuni esempi. Lo scorso 3 ottobre a Roma è stata inaugurato il “Largo vittime di tutte le migrazioni – 3 ottobre naufragio al largo di Lampedusa”. Anche qui si ricordavano due eventi distinti, tutte le vittime delle migrazioni e le vittime di uno specifico evento tragico consumatosi solo dodici mesi prima. Rimanendo in Brianza, a Misinto e a Triuggio è stata intitolata una via all’11 settembre, molto prima che fossero trascorsi i dieci anni. Ma addirittura lo stesso comune di Ceriano, nell’anno 2011, ha intitolato una via ai Caduti di Nassiriya, tragico evento del 2003, senza che lo stesso Prefetto di Monza, in quel caso, facesse notare che non erano trascorsi i 10 anni. Sembra dunque di capire che la norma dei dieci anni non si applica mai quando si tratta di eventi, per così dire, collettivi, e che non vedono comunque un preciso riferimento a singole o singoli personaggi. Curioso che lo si faccia ora.
Infatti, come temevamo, la Prefettura si aggrappa maldestramente a questo cavillo, quando scrive:
Per quanto riguarda poi l’intitolazione di un piazzale “Ai martiri di Odessa”, come già anticipato nelle vie brevi, si sottolinea che i riferimenti nella motivazione a fatti accaduti di recente non permettono il rilascio dell’autorizzazione, come opportunamente dispone la normativa di riferimento
Ma come? La normativa di riferimento vale solo per i martiri di Odessa? Come mai in tutte le altre occasioni non si è applicata in maniera così estensiva, e per quanto mi riguarda senza senso, la norma che letteralmente si riferisce solo all’intitolazione di vie e piazze a persone?
Il dubbio, per la verità, non dura lo spazio di un paragrafo e ce lo scioglie subito subito il Prefetto stesso, con le successive righe, forse quelle più inquietanti e forse quelle che meno potevamo aspettarci da un rappresentante dello Stato italiano e che forse poteva evitare di scrivere. Eccole:
Si rappresenta peraltro la non opportunità di riferimenti ad accadimenti recenti, ancora la vaglio della Magistratura ucraina, e che hanno determinato le rimostranze dell’Ambasciatore d’Ucraina in Italia, intervenuto con la nota del 30 gennaio corrente, indirizzata alla sottoscritta e per conoscenza alla S.V.
Siete caduti dalla sedia? Non preoccupatevi, può capitare. Ora rialzatevi con calma e fate un bel respiro! Proprio qui sta l’unica e vera motivazione di diniego all’intitolazione di una piazza “Ai martiri di Odessa”. Innanzitutto il Prefetto non si limita ad un mero giudizio tecnico, di rispetto della norma, ma si avventura in una disquisizione sulla presunta inopportunità di dedicare una piazza ad un determinato evento. A quale titolo formula questo giudizio? Non si cita, come prassi, nessun parere della Società Storica Lombarda, o dalla deputazione di storia patria. Quindi perché e a quale titolo si formula un giudizio negativo? E poi l’aspetto più grave, ovvero l’ammissione palese che si nega l’autorizzazione anche a fronte delle rimostranze dell’ambasciatore d’Ucraina in Italia!?!?! Ma da quando un ambasciatore di una nazione estera può interferire direttamente rispetto l’iter amministrativo di una delibera? E da quando, soprattutto, le rimostranze di un ambasciatore vengono fatte oggetto di un richiamo ad un Sindaco? Questo comportamento lo trovo davvero grave, un infortunio che sta bene a testimoniare la pochezza di un’Italia che ormai assomiglia sempre di più ad un’Italietta.