Uscire dall’Euro? Il problema non è più “SE”, ma “COME” e “QUANDO”

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Quando una classe politica è costretta a ricorrere al solo strumento della paura, della minaccia, della previsione di scenari drammatici, oscuri e tremendi per difendere le proprie idee e le proprie posizioni, significa che la fregatura è dietro l’angolo. Uscire dall’Euro sarebbe un disastro. È il mainstream, il pensiero dominante in Europa e in Italia a farcelo credere, dipingendo un futuro di povertà, fame e miseria, nel caso di dissoluzione del sistema monetario unico, e lo fa senza ricorrere all’uso della scienza, dell’analisi. Ci si limita ad iniettare paura, minacce. Curioso e sintomatico. Ancora più curioso notare come quelli che oggi dipingono scenari apocalittici, sono pressoché gli stessi che magnificavano un futuro ricco e opulento grazie all’entrata nell’Euro. Oggi siamo a bocca asciutta, manna dal cielo non ne è arrivata ed io credo che nel disastro ci siamo già, e dovremmo iniziare magari ad interrogarci su quale strada sia meglio percorrere per ritornare a sperare in un futuro di crescita per la nostra gente, per le nostre aziende e in generale per il nostro sistema produttivo.

Vi segnalo un interessante articolo di Paolo Cardenà, dove vengono analizzati, da un punto di vista tecnico, i possibili scenari rispetto all’ipotesi di porre fine all’esperienza della moneta unica Euro. Leggendolo si ha l’impressione che la domanda su cui dovrebbe interrogarso l’opinione pubblica non sia più se uscire o meno dall’Euro, piuttosto come farlo e soprattutto quando. Dobbiamo salvaguardare le potenzialità del nostro sistema, soprattutto di quello del Nord e della Padania. Se la paura è quella di vedere erosi i nostri risparmi uscendo dall’Euro, non possiamo ignorare che milioni di famiglie italiane stanno già dilapidando i propri risparmi per fronteggiare una crisi che non accenna a finire, mantenendo figli disoccupati che non riescono a costruirsi un futuro.

Ecco il punto di vista di Paolo Cardenà

 

COSA SUCCEDEREBBE AI RISPARMI IN CASO DI USCITA DALL’EURO

Molti “autorevoli commentatori” sostengono che in caso di uscita dell’Italia dall’euro, i risparmi subirebbero delle gravi perdite per effetto della svalutazione che ne seguirebbe. Per di più, usano questo tipo di  affermazioni per cercare di incutere terrore verso l’opinione pubblica (in questo caso  i risparmiatori), al fine di veicolare  il consenso a favore della permanenza dell’Italia nella moneta unica euro. Il tema dell’euro,  oltre ad essere di estrema importanza,  è anche  di difficile comprensione, poiché presuppone delle conoscenze economiche che non tutti hanno o possono avere. Ecco quindi che esercitare pressioni sull’opinione pubblica evocando scenari apocalittici, appare un atto censurabile sotto ogni punto di vista, solo per usare un eufemismo.

Chi scrive,  pur lodando  il dibattito (quello serio) che eminenti economisti sono stati capaci di stimolare  aprendo gli occhi all’opinione pubblica   meno preparata e meno sensibile al tema, teme che questo grande impegno porti a ben poco, in termini concreti. Per il semplice motivo che noi non abbiamo una classe politica capace di assumere una scelta così importante, che peraltro distruggerebbe l’enorme investimento  del patrimonio politico che la creazione dell’euro ha presupposto negli ultimi 50 anni di storia politica europea. L’omertà (e l’ignoranza) che sovrasta la scena politica italiana sul tema euro ne costituisce esempio tangibile. Come dire: sono tutti allineati e coperti a difesa dell’indifendibile. Forse per loro personale tornaconto, o forse per mantenere più a lungo possibile lo status quo della nomenclatura politica europea. Ovviamente fin quando non si giungerà alla catastrofe, che a mio avviso, perdurando simili condizioni, non tarderà ad arrivare.Quindi, credo che l’Italia, anziché governare un eventuale uscita dall’euro, sarà destinata a subirla nel caso in cui  qualche altro paese (magari fondatore) dovesse sganciarsi per primo dall’unione monetaria, provocando la dissoluzione della moneta unica. Mi viene in mente la Francia, visto che da quelle parti il dibattito sul tema euro è molto in avanti rispetto che in Italia, ed esiste un partito no-euro che è dato favorito nei sondaggi.  Detto questo, non appare affatto remota la possibilità che l’Italia si trovi a dover affrontare questa eventualità (quella della dissoluzione dell’euro) in maniera del tutto impreparata e senza un piano “B” che gli consenta di contrastare, per quanto possibile, lo shock che ne deriverebbe.

Ma tornando al tema di fondo di questo post, le cose non stanno proprio nei termini espressi dagli  “autorevoli commentatori” di cui abbiamo accennato in apertura dell’articolo. Cerchiamo di capire perché, auspicando di farlo con più pragmatismo possibile.
Nel misero dibattito politico,  che va ritualmente  in onda a reti unificate, c’è chi si spinge ad ipotizzare che l’Italia,  in caso di dissoluzione della moneta unica  e ritorno alle valute nazionali,  svaluterebbe nei confronti del marco di un possibile 30-40% o forse più. Va preliminarmente precisato che nel panorama scientifico, al momento, non esiste nessuno studio degno di credibilità che possa confermare questa tesi. Al contrario esistono molti precedenti storici    relativi a dissoluzioni di unioni monetarie  che dicono che, verosimilmente , la moneta che si sgancia da una unione monetaria  (o dalla moneta a cui era agganciata),  tenderebbe a svalutarsi di un livello simile al differenziale di inflazione cumulato durante il periodo di vigenza dell’unione. Quindi, ipotizzando che il differenziale di inflazione accumulato con la Germania sia di circa il 20%, è del tutto plausibile che  potrebbe essere questo il livello di svalutazione della nuova lira rispetto al marco, o poco più.Andrebbe anche osservato che l’interesse della Germania non è quello di affossare il cambio della nuova lira rispetto a quel che rimarrebbe dell’euro (ben poco credo) o rispetto al nuovo marco; se non altro perché, questo, oltre a mettere in serie difficoltà il comparto bancario tedesco esposto nei confronti del debito italiano, consentirebbe all’Italia di guadagnare consistenti quote di mercato sottraendole alla stessa Germania. Quindi non sarebbe affatto remota la possibilità che la Germania compri carta (lira) italiana, sostenendo sia il cambio che il valore dei titoli di Stato. Questo consentirebbe  anche alle banche tedesche esposte sul debito italiano di assorbire progressivamente  lo shock che eventualmente ne deriverebbe. Pertanto credo che sia interesse della Germania  evitare che la lira svaluti di molto e in modo violento.

Per effetto della svalutazione che la lira subirebbe, molti commentatori sostengono che i risparmi patirebbero una riduzione di egual valore. Per smentire questa tesi che risulta assai opinabile, partiamo da un punto fermo, che è quello che tutte le attività e le passività vengano denominate nella nuova lira in rapporto UNO a UNO: UNA NUOVA LIRA per ogni  EURO, lasciando poi il cambio libero di fluttuare. Ciò significa che i mutui, gli stipendi e tutti i risparmi (conti deposito, risparmio postale, fondi comuni, azioni ecc) verrebbero convertiti in nuova lira che, come dicevamo, dovrebbe svalutarsi di un quantum. Ecco, il punto è cosa si svaluta e rispetto a cosa si svaluta.
Prendiamo il risparmio, ad esempio. Se   oggi dispongo di 100.000 euro in un conto deposito in italia, domani avrò 100.000 lire sullo stesso conto deposito, che, ipotizzando una svalutazione del 20% rispetto al nuovo marco (ma non è detto), consentono di acquistare 80 mila marchi. Il punto è: per che cosa mi occorrono i marchi?  Qual’è l’utilizzo che ne debbo fare? Se dovessero occorrermi  per  acquistare una casa in Germania del valore di  100 mila marchi e che magari prima avrei potuto comprare a 100 mila euro ( gli stessi che io avevo sul c/c) allora, in questo caso, subirei  una svalutazione del mio risparmio del 20%o di un livello in perfetta sintonia alla svalutazione che la nuova lira subirebbe nei confronti del nuovo marco. Così come la subirei nel caso dovessi recarmi in Germania per motivi di lavoro, vacanza o studio, spendendo marchi in Germania, che dovrebbero essere acquistati con una lira svalutata.

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