C’era una volta una favoletta, anzi, qualcuno si ostina ancora a raccontarla, secondo cui dovremmo addirittura ringraziare i milioni di immigrati che, bontà loro, arrivano da tutto il mondo a casa nostra per “regalarci” ricchezza, prosperità e futuro. Senza i giovani, forti e valorosi immigrati non troveremmo più chi pulisce i cessi, non troveremmo più fabbri e agricoltori, non riusciremmo più a pagare le pensioni, e avanti di questo passo, la vulgata buonista procede con buona dose di retorica spicciola. Fino a qui le favole, buone per addormentare la sera i bambini, perfino i più monelli e vivaci; poi ci sono i numeri e i dati, impietosi, chiari e limpidi, che fotografano una realtà diversa.
Il mese scorso la Fondazione Leone Moressa ha presentato l’annuale rapporto sull’economia dell’immigrazione, in cui ricaviamo dati allarmanti, al di là del goffo tentativo di ribaltare la realtà. Il comunicato stampa titola infatti: “Stranieri che se ne vanno: 87 milioni di € in meno nelle casse dello Stato”, sottolineando il minore gettito fiscale dovuto al ritorno in patria, causa crisi, di 32mila stranieri. Dobbiamo quindi preoccuparci ed aprire le porte a nuovi immigrati? In reltà no, e sono gli stessi dati messi a disposizione dallo studio della Fondazione a dircelo.
DICHIARANO MENO DEGLI ITALIANI E FATICANO DI PIÙ A TROVARE LAVORO
I lavoratori stranieri in Italia sono 2,3 milioni, che rappresentano il 10,1% del totale occupati, ma al fisco dichiarano solo 43,6 miliardi di €, pari ad un misero 5,4% del totale dichiarato. Gli stranieri infatti dichiarano mediamente 12.880€ all’anno, 6.780€ in meno rispetto agli italiani. Le prospettive future rischiano di essere peggiori della realtà, visto che il tasso di disoccupazione dei lavoratori stranieri è molto più alto (14,1%) rispetto agli italiani (10,1%), con un aumento esponenziale più alto nel periodo 2008/2012 rispetto ai lavoratori nazionali (5,6% contro 3,7%). Questo, per forza di cose, si tradurrà in maggiori costi sociali, che i Comuni per primi dovranno sostenere, (in realtà già ne subiscono l’eccessivo peso da diversi anni) che si sommano negativamente alla minore contribuzione pro capite garantita dai lavoratori stranieri.
Gli stranieri pagano meno tasse, hanno costi sociali maggiori in periodi di crisi, e fanno più fatica a trovare un posto di lavoro. Come si fa quindi a credere alla favola che lo straniero porta ricchezza nelle casse dello Stato? Semplice, non bisogna crederci, perché è una grande balla.
LE RIMESSE ALL’ESTERO
A rendere il quadro ancora più negativo c’è poi da considerare la questione delle rimesse all’estero. Questa imponente massa di lavoratori stranieri, infatti, oltre a dichiarare redditi ampiamente inferiori, e di conseguenza pagare meno tasse, ha una grande propensione al risparmio, che si traduce in una forte contrazione della capacità di spesa: il motivo? Presto detto. La gran parte dei lavoratori stranieri, emigrati per motivi economici, vive in Italia con grandi sacrifici, per poi inviare il denaro risparmiato in Patria, per sostenere le famiglie di origine. Tutto questo si traduce in un numero spaventoso: 6,8 miliardi di € che se ne vanno in rimesse all’estero; ovvero soldi generati in Italia che vengono sottratti ai consumi del mercato interno, già peraltro in uno stato comatoso, a vantaggio di economie straniere.
Un saldo negativo, visto che i lavoratori stranieri in Italia pagano Irpef per 6,5 miliardi e ne inviano all’estero 6,8. Dati eloquenti, che qualcuno vorrebbe tenere nascosti, per questo continua a raccontare favole.