In Brianza sbarca la Onlus dello scandalo «Profugopoli»

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La Prefettura di Monza e Brianza ha assegnato la gestione di 45 richiedenti asilo ad una cooperativa citata nel libro scandalo di Mario Giordano “Profugopoli”. Ma chi controlla?

coverProfugopoli

Il business dei profughi in Brianza si allarga, come del resto ampiamente previsto su queste pagine. Nei prossimi mesi si registrerà un’esplosione del numero si sbarchi sulle coste italiane che metteranno sotto pressione tutto il sistema dell’accoglienza, Brianza inclusa. La Prefettura di Monza è naturalmente preoccupata, soprattutto perché non è riuscita a soddisfare il fabbisogno di posti letto inseriti nel bando, avendo assegnato ad oggi solo 1.152 posti dei 1.700 richiesti. La rete rischia facilmente il collasso.

Tra gli assegnatari del bando scopriamo però facce nuove, alcune parecchio «esotiche». Mentre la RTI «Bonvena», cartello dietro al quale si presentano le cooperative brianzole, si porta a casa ancora il grosso della torta con 893 posti letto su 1.152, scorrendo l’elenco troviamo una cooperativa che arriva addirittura dal lontano Salento.

La Prefettura di Monza ha infatti assegnato la gestione di 45 posti letto alla «Integra Onlus», una cooperativa con sede a Lecce. Ma come diavolo è possibile che i profughi di Monza vengano gestiti da una cooperativa di Lecce? Non vi pare un tantino scomodo? È il business bellezza e negli anni questa Onlus è cresciuta diventando una specie di multinazionale dell’accoglienza. Infatti il sodalizio fondato dall’italo-albanese Klodiana Çuka, ex collaboratrice domestica, è nato nel lontano 2003 e grazie all’esplosione dell’emergenza profughi oggi arriva a contare 42 addetti con sedi a Roma, Milano, Taranto e Avezzano. Tutte informazioni riportate nell’ultimo libro di Mario Giordano, il grande successo editoriale «profugopoli», che raccoglie le tante storie legate al business dell’accoglienza e di chi si arricchisce grazie alle emergenze.

Ed è propio Mario Giordano a ricordare alcuni episodi legati alla gestione dei profughi da parte di Integra, come per esempio il blitz della Prefettura di Milano per chiudere il centro di via Quintiliano, nel capoluogo lombardo:

Ma in realtà dalle parti di Integra non tutto fila liscio. Al di là delle belle parole con cui la cooperativa si presenta nei suoi documenti ufficiali (« sensibilità verso il mondo della migrazione», «creare e implementare una società multietnica e multiculturale», «associazione trasversale guidata dal motto: unire senza fondere, distinguere senza dividere, rimanendo uniti nelle diversità»), la gestione del centro di via Quintiliano a Milano non brilla per efficienza. Tanto che nel febbraio 2015 la Prefettura compie un blitz e lo chiude temporaneamente per «gravi inadempienze», costringendo a trovare un’altra collocazione ai profughi che là dentro erano stipati all’inverosimile, in locali all’apparenza piuttosto devastati. «Sono cose che possono succedere» ha commentato con una certa noncuranza la responsabile Klodiana Çuka.

E ancora dal libro «profugopoli» apprendiamo di un altro episodio di cronaca, protagonista sempre la cooperativa Integra da oggi operante anche in Brianza:

Nel novembre 2015 Safwat Bakhit, presidente della Chiesa copta evangelica egiziana della Lombardia, dalle colonne di «Repubblica» denuncia: «Dall’estate del 2014 diamo ospitalità a 92 persone per conto di Integra, ma sono otto mesi che la coop non ci paga». L’associazione di Lecce, infatti, aveva siglato un accordo con la Chiesa copta: quest’ultima si era accollata interamente la gestione dei profughi, Integra avrebbe dovuto girarle 20 dei 35 euro incassati dalla Prefettura per ognuno di loro. Invece, niente. «Hanno abbandonato qui quelle persone, incassano isoldi dallo Stato e non ci pagano» accusa Bakhit. «Si approfittano di noi perché siamo una chiesa e non lasciamo i rifugiati in mezzo alla strada.» Avete capito il meccanismo furbetto? Prima Integra ottiene i profughi dalla Prefettura a 35 euro, poi li «gira» alla Chiesa copta a 20 euro. La differenza (15 euro) resta nelle sue tasche, senza fatica alcuna. Ma tutto ciò non basta. Secondo i religiosi, infatti, la coop non verserebbe nemmeno i 20 euro e si terrebbe l’intero bottino,lasciando agli altri le spese del mantenimento profughi.

Ora mi chiedo: ma com’è possibile che ad una cooperativa che è già stata oggetto di una chiusura da parte della Prefettura di Milano e che ha già dato prova di una gestione perlomeno «pasticciata» di alcuni centri, vengano affidati nuovi appalti in sempre nuove province? Possibile che la Prefettura di Monza sia all’oscuro di questi episodi, peraltro ampiamente riportati dalla stampa nazionale, addirittura raccontati in un best seller?

Dobbiamo aspettarci uno scandalo «profugopoli» anche in Brianza?