Referendum: senza Autonomia io dico No

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Il taglio dei parlamentari doveva essere accompagnato dall’autonomia differenziata. Senza questo equilibrio si ridurrebbe il potere di rappresentanza dei territori 

Referendum

Ci siamo, pochi giorni e saremo chiamati tutti alle urne. Il 20 e 21 settembre domenica e lunedì, non si vota solo per il rinnovo di alcuni Sindaci e qualche Governatore di regione,  tutti saremo chiamati ad esprimerci sul referendum per confermare o meno la riforma costituzionale approvata a ottobre 2019.

Si tratta di una modifica della Costituzione che, se confermata, diminuirà il numero di onorevoli e senatori eletti in Parlamento.

Io voterò NO, nonostante la Lega abbia votato in Parlamento questa riforma, in tutte e quattro le letture. Il perché? Ve lo spiego.

Innanzitutto cosa prevede la riforma? Precisamente di ridurre i seggi alla Camera da 630 a 400 e quelli al Senato da 315 a 200: una riduzione di circa un terzo.  Passeremmo dall’avere un deputato ogni 96 mila abitanti a uno ogni 151 mila e da un senatore ogni 188 mila a uno ogni 302 mila. 

Questa riforma era un pilastro del famoso «Contratto di Governo» che reggeva la maggioranza Lega/5Stelle, inserito perché cavallo di battaglia storico della fanfara propagandistica grillina. Obiettivo della riduzione? Risparmiare quattrini. Il risultato, da questo punto di vista, sarebbe davvero modesto:  57 milioni netti di euro all’anno, cioè nemmeno 1€ a testa.  Al cittadino non verrà in tasca nulla insomma, manco una monetina. Poca roba, anzi niente.

L’unico risultato certo sarà quello di diminuire il numero di politici chiamati a rappresentare noi, le nostre istanze e i nostri territori nelle aule parlamentari a Roma. Una provincia come la mia (Monza e Brianza) che conta quasi 700.000 abitanti, avrà 2 senatori, naturalmente divisi tra maggioranza e opposizione. È evidente che sarà più difficile essere difesi e rappresentati. Però, obietterà giustamente qualcuno, la Lega ha votato questa riduzione, quindi perché ora essere contrari?

Perché la riduzione dei Parlamentari era inserita e accompagnata nel Contratto di Governo dalla concessione di maggiore autonomia alle Regioni. Da un lato si sarebbe diminuita la rappresentanza a Roma, dall’altro sarebbe però diminuito il potere centrale, trasferendolo alle Regioni, dove i cittadini sono rappresentati dai Consiglieri regionali eletti. Un equilibrio che poteva essere accettabile, minato dal fatto che l’autonomia differenziata è stata negata e tradita proprio dal Movimento 5 Stelle.

Se dovesse passare questa riforma quindi Roma continuerebbe ad esercitare pieno potere, con l’animo addirittura di far arretrare il perimetro di azione e autonomia delle Regioni e con l’aggravante di avere meno rappresentanti che potranno scendere a Roma per difendere le nostre istanze. Un pasticcio, anzi un disastro.

Auspico una vittoria del NO per un secondo importante motivo: sarebbe l’occasione per convincere tutti che la Costituzione va riformata radicalmente nel suo impianto, superando il bicameralismo e trasformando l’Italia in un moderno stato federale. Operazione che va fatta eleggendo una nuova Assemblea Costituente. Sarà un argomento che potrà apparire complesso e di scarso interesse, ma rappresenta l’unica soluzione per ripartire davvero con un Paese che ambisca ad essere più efficiente, snello e veloce. 

La Costituzione non va modificata a pezzetti e ponendosi l’uno contro l’altro, serve un luogo dove insieme si decida come dovrà prendere forma la nuova carta di tutti. Voto NO per dire si a una nuova Assemblea Costituente. Proviamoci.