Referendum: il PD puntava al flop e ora si lecca le ferite. Grande risultato per le consultazioni di Veneto e Lombardia. Torna la Questione Settentrionale.
E si sono risvegliati tutti stupiti, ancora una volta. Perché i referendum snobbati, oscurati, addirittura boicottati, sono stati un successone. Dovevano essere un flop, in Veneto e ancora di più in Lombardia. Invece in Veneto si è registrato un vero e proprio plebiscito, in Lombardia un successo che pareva impossibile. Perché non ci nascondiamo: esclusa la Lega Nord, con i suoi tenaci militanti, nessun partito e nessun big di partito si è davvero speso per questa campagna elettorale. Zero manifesti, zero volantini, zero banchetti. Nemmeno i Cinque Stelle, ufficialmente a favore, si sono sprecati più di tanto. Il PD ha fatto una figuraccia storica. Schizofrenico nelle dichiarazioni ufficiali dei suoi esponenti, con qualcuno per il Sì (pochino) e qualcuno per il No. Alla fine, unito però nell’azione concreta: nessuno ha fatto campagna elettorale. Anzi, le uniche energie spese, pensate un po’ che cretinaggine, erano per convincere la gente a non votare. Quale senso potrà mai avere, in un referendum con assenza di quorum, lavorare per l’astensione? Si sono bevuti il cervello.
Però la cosa bella, nelle elezioni, è che il giorno dopo tiri una riga e leggi i risultati. Ed il risultato è stato impressionante: Veneto e Lombardia hanno portato più di cinque milioni di persone a votare per chiedere autonomia. I piddini, con il codazzo di detrattori vari, potranno dire e fare ciò che vogliono, ma il dato è uno e soltanto uno: il Nord ha inviato cinque milione di sberle a Roma. I cittadini lombardi e veneti, a dispetto delle apparenze, sono stati determinati nel ricordare che la Questione Settentrionale è il primo problema da inserire nell’agenda politica futura. C’è un casino bello grosso da risolvere. Che è poi sempre lo stesso. Chi lo ignora perde. La sinistra e il PD, spiace dirlo, hanno confermato di essere fuori sintonia rispetto all’elettorato lombardo e veneto. Ed è forse per questo che non lo possono rappresentare. Encomiabili gli sforzi di Gori, per carità, ma il suo è apparso più un teatrino opportunistico, piuttosto che una reale convinzione. Si, perché nei fatti non si è concretizzata in una forte e marcata azione politica. In più c’è Renzi, che negli ultimi giorni ha ordinato a Martina e alla Moretti di colpire duro il referendum, a mazza incatenata. Erano convinti del flop, per cui volevano intestarsi questa sconfitta del proprio avversario. Risultato? Una figura di palta colossale. Credo che la Moretti dovrà ritornare a dedicarsi esclusivamente al suo estetista, attività di cui ne rivendicava il diritto. Ricordate?
Alla fine ha ragione da vendere chi ha sempre ammonito, come il prof. Stefano Bruno Galli, che la Questione Settentrionale è un fiume carsico. Scompare, per poi apparire all’improvviso. Quando lo fa rischia di travolgerti. Roma non può ignorare questa sberla, che serve a svegliare tutti. Se lo farà, saranno guai più grossi. Se ancora una volta ignorerà il grido di dolore del Nord, la situazione rischierà di deteriorarsi ancora di più. La gente ha imposto di cosa bisognerà discutere nella prossima campagna elettorale: più competenze, più risorse e quindi più efficienza per le regioni del Nord. Torni allora la stagione delle riforme costituzionali, per premiare l’autonomia. Fatelo ora o sarà troppo tardi. Per Roma.