Burqa, il Marocco, seppur con modalità controverse, avrebbe deciso di vietarlo. Una buona notizia? Apparentemente si, ma è anche un cattivo segnale
La notizia è stata pubblicata qualche giorno fa dal sito Le360, organo dato vicino alla monarchia regnante, in cui si è raccontato come, ad alcuni venditori di Casablanca, sia stato comunicato il divieto di vendita del burqa, in molti casi solo in forma orale. Divieto che non sarebbe confinato solo alla più grande tra le città del Marocco, è stato notificato anche a Taroudant, qui in via ufficiale e scritta. Divieto che interesserebbe anche i produttori del contestato copricapo integrale, a cui sono state concesse 48 ore per interrompere definitivamente le produzioni e di sbarazzarsi di tutte le scorte, pena la confisca di tutto il materiale in giacenza. Un bel giro di vite e guerra totale al burqa. La decisione, a quanto è dato sapere, sarebbe stata presa dal Ministero dell’Interno, motivata dai rischi legati alla delinquenza comune. Si parla di teppisti che non pochi spiccioli possono acquistare l’indumento coprente, per poi usarlo in azioni criminali.
È una buona notizia il divieto del burqa in Marocco? Di per sé rappresenta una buona notizia, se vogliamo solo considerare il fatto che uno stato, con maggioranza di religione islamica, si pone chiaramente contro l’indumento simbolo delle derive più estremiste, quelle conosciute in Afganistan e in Pakistan. E lo fa con più forza e decisione di quanto si abbia il coraggio di fare nella stessa emancipata e liberale Europa.
Però la notizia potrebbe nascondere anche un segnale inquietante e poco rassicurante.
IL MAROCCO E LA MONARCHIA COSTITUZIONALE
Ricordiamo che il Marocco ha rappresentato, almeno fino ad oggi, un’isola felice nel panorama dei paesi Nord Africani. Vige una forma politica che affonda le sue radici nel XVI secolo. Re Mohammed VI, forte dell’appartenenza alla dinastia alawide, che gli garantisce una discendenza diretta con il Profeta, detiene sia il potere religioso, come «guida dei credenti» che quello politico, con il potere di presiedere il Consiglio dei Ministri, nominare il Primo Ministro, i Ministri e quello di sciogliere le camere e indire nuove elezioni.
Sotto di lui un Parlamento eletto, con una maggioranza a cui il sovrano defe fare riferimento.
Questo assetto costituzionale, tecnicamente una Monarchia costituzionale, ha fino ad oggi funzionato da argine rispetto al rischio di inquinamento di forze islamiche più estremiste, che del resto non mancano in Marocco. Come, per esempio, la controversa al-‘Adl Wa al-Ihsân (Giustizia e Beneficienza), mai riconosciuta dalla monarchia. Non partecipa alle elezioni ma svolge attività politica e sociale, con azioni di beneficienza e caritatevoli, con il dichiarato intento di islamizzare la società partendo dalle classi più povere e disagiate. Un modello non nuovo e molto simile ad altre forze politiche presenti nel panorama politico arabo e mediorientale.
A PARIGI E BRUXELLES ATTENTATORI MAROCCHINI
Una situazione apparentemente tranquilla, che ha sempre fatto pensare al Marocco come a un’isola felice. Negli ultimi anni però il quadro appare in deterioramento, ed è per questo che la decisione del divieto del burqa potrebbe suonare come un preoccupante campanello d’allarme. In un interessante articolo di Bianca Senatore, apparso su Linkiesta il 4 aprile scorso, si raccontava proprio del rischio islamizzazione del Marocco. Ricordando come molti degli attentatori di Parigi e di Bruxelles fossero di nazionalità o di origine marocchina. Si ricordava anche dei circa 2000 foreign fighters, quelli che sarebbero partiti dal Marocco per andare a combattere nel teatro di guerra siriano.
Oggi ci aggiungiamo la situazione politica instabile, con le recenti elezioni che sì hanno visto ancora la vittoria di Benkirane, leader del Partito per lo sviluppo e la giustizia islamista (PJD), il quale però non ha raggiunto una maggioranza tale da garantirgli l’autosufficienza. Serve stringere alleanze, che però i partiti vicini alla monarchia non sono disposti a concedere.
Il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (PJD), che si ispira all’AKP di Erdogan, è considerato un partito islamista moderato, dai primi anni 2000 è stato autorizzato a partecipare alla vita politica e alle elezioni in Marocco. Pur essendo moderato, così come viene etichettato lo stesso leader Benkirane, è da più parti accusato di voler lentamente islamizzare la società marocchina. Lo stesso Benkirane ha un passato legato a movimenti islamisti radicali, e fino a qualche anno fa ha tenuto posizioni estremamente rigide rispetto ai dettami coranici. Certo il PJD, questo è innegabile, ha fino ad oggi rappresentato un buon compromesso, e un ottimo argine rispetto all’avanzata di movimenti politici certamente più pericolosi e intransigenti. Fino ad oggi, appunto.
QUINDI PERCHÈ IL DIVIETO DEL BURQA?
Quindi il divieto del burqa è probabilmente più una questione politica che di sicurezza. Forse un segnale di posizionamento della Monarchia, che da la misura di quanto sia avvertito il rischio di una deriva pericolosa anche in Marocco, di quanto sia necessario mostrare i muscoli rispetto a chi vorrebbe imporre una società guidata dalle ferree leggi della sharia.
Nulla di tranquillizzante insomma, soprattutto per l’Italia, dove vive una grande comunità marocchina, che non possiamo permetterci diventi anch’essa possibile serbatoio di, seppur isolati, potenziali terroristi.