L’abbiamo preso nel CUC!

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Uno dei tanti refrain della politicaccia italiana, colpita periodicamente e stagionalmente da mode e tormentoni, sempre impegnata a scovare un nuovo capro espiatorio di tutti i mali italici, si è concentrata recentemente sul numero delle stazioni appaltanti, ritenuto particolarmente eccessivo.

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Diciamo che l’idea di snellire è sempre ben accetta, i tentativi di dimagrire pletorici apparati pubblici sono sempre graditi, così come facciamo la ola al solo pensiero che qualcuno voglia accorciare la lunga e pesante catena della burocrazia italiana. Il problema, come sempre, sta nella soluzione che poi si decide di adottare. Perché adesso da Roma ci fanno sapere che ai comuni va tolta ogni possibilità di appaltare, o quasi. Evidentemente nella capitale più marcia d’Europa, dove si è recentemente coniato il neologismo «mafia capitale», sono convinti che i piccoli e piccolissimi comuni siano popolati da uno stuolo di funzionari e politici avvezzi al malaffare, al ladrocinio e alla corruzione. Così come come il bue che da del cornuto all’asino, dalla città di Roma, patria di ogni tipo di nefandezza e corruttele varie, si vorrebbe insegnare come si portano avanti appalti in maniera trasparente e liberi da ogni oscuro e opaco condizionamento. Lo avrete capito, siamo alle barzellette. Eppure sta succedendo questo. I nostri comuni, soprattutto i piccoli e piccolissimi, sono stati di fatto privati della possibilità di appaltare lavori o acquistare beni e servizi in autonomia. Come faranno quindi? La soluzione per tutti sarà aderire ad una CUC (Centrale Unica di Committenza), che anche la nostra Provincia di Monza e Brianza, seppur in ritardo, ha recentemente varato con una delibera provinciale. Ma cosa accadrà nel concreto? Come dovranno muoversi i comuni? Si genereranno davvero dei risparmi? Naturalmente no, perché in Italia le soluzioni trovate non risolvono quasi mai i problemi per cui sono state trovate. Perché al di là di mille bei discorsi, è risaputo che la gran parte dei lavori, delle forniture e dei servizi che i nostri comuni si trovano ad appaltare, difficilmente potranno rispondere alla generale e ipotetica idea di accorpamento o di acquisto cumulativo, di cui tanti soloni e filosofi della politica si riempiono la bocca. Tante e tali sono le peculiarità delle singole spese, che alla fine i comuni non potranno far altro che continuare a bandire appalti funzionali alle loro singole esigenze. Con la differenza che lo faranno attraverso la CUC. Quindi con una difficoltà in più. Non potranno più farlo in maniera autonoma, ma dovranno obbligatoriamente transitare da questa famosa CUC, che significherà coinvolgere la Provincia in ogni loro singolo acquisto. Capite bene che anche nella previsione di trovarsi di fronte i più veloci e bravi funzionare del mondo (e in alcuni casi è pure vero), ciò non potrà che costituire un passaggio burocratico in più e non certo un orpello di meno. Bisogna pure tenere conto che il responsabile del procedimento, chiamato quindi a rispondere al contenuto della gara d’appalto, rimarrà comunque il funzionario comunale.

Questo significa che sempre su di lui cadrà quasi l’identica mole di lavoro che sopportava prima. In più dovrà confrontarsi e coinvolgere i funzionari della Provincia, e solo negli uffici della Provincia troverà conclusione l’iter, con una commissione aggiudicatrice mista tra Provincia e Comune. Si dirà, ma almeno abbiamo scongiurato il rischio corruzione. Se questo fosse vero, ma non lo è affatto, significherebbe che i funzionari comunali siano per partito preso meno onesti di quelli provinciali. Naturalmente non è così, anche perché in molti casi chi sta in provincia lavorava in precedenza in un comune. C’è al contrario un rischio in più. Ora nella CUC graviteranno tutti gli appalti di tutti i comuni, situazione che moltiplica enormemente il valore degli affari gestiti da un singolo ente. Non c’è bisogno di un genio per intuire come un piccolo appalto, di poche migliaia di euro, difficilmente stimola fantasie criminogene e quindi la creazione di reti e connivenze volte al malaffare. Non c’è la «ciccia» per farlo.

Pensate che persino l’ANCI, ed è tutto dire, ha avuto un moto di sdegno e protesta rispetto a questa configurazione. Non è un caso che è stata chiesta una modifica, già inserita peraltro nella prima versione della legge di stabilità, per cui questo odioso orpello della CUC dovrebbe scattare solo per importi oltre i 40.000€, anche per i comuni inferiori ai 10.000 abitanti (per gli altri era già così). Se la legge di stabilità sarà approvata senza modifiche, questo è naturalmente già qualcosa, ma l’inutile aggravio burocratico in molti casi ci sarà comunque. È innegabile. Risvolti positivi? Pochi o nulli. Risparmi? Pochi o nulli, anzi probabilmente il tutto determinerà aggravi di costo.

Sarà interessante capire, infatti, come verrà gestita tutta la parte economica relativa a questa famigerate CUC. Le convenzioni che in queste settimane vengono proposte ai comuni sono pressoché tutte identiche, prendo però come esempio, per comodità, quella della nostra Provincia di Monza e Brianza.

Quando la CUC fu presentata all’Assemblea dei Sindaci, qualche settimana fa, si fece passare l’idea che il tutto fosse a costo zero per i comuni. Nell’ultima seduta di Consiglio Provinciale, dove abbiamo approvato la costituzione della CUC, ho sollevato alcune perplessità in merito, chiedendo formalmente se fosse vero che la CUC sia a costo zero per i comuni. Inizialmente la risposta fu eloquente: confermiamo che è a costo zero.

Alla mia successiva richiesta di chiarimenti però, dove facevo notare che l’art.7 della convenzione è abbastanza esplicito:

a) con il termine “costi diretti”, le spese vive derivanti dalla celebrazione di una specifica procedura di affidamento (contributo per l’autorità di vigilanza, pubblicazione bandi e avvisi, etc.);

b) con il termine “costi generali”, le spese sostenute per il funzionamento della centrale, autonomamente contabilizzate, la cui utilità è limitata a tale struttura organizzativa e non si estende al resto del servizi della Provincia di Monza e della Brianza (acquisto di pubblicazioni, pratiche o stampati, formazione specifica, acquisto di hardware e software e relativi canoni di manutenzione, etc.);

c) con il termine “costi comuni”, la quota di spese generali sostenute dalla Provincia di Monza e della Brianza, non autonomamente contabilizzata, la cui utilità può essere diretta al funzionamento sia della

centrale, sia di altri servizi dell’ente (manutenzione locali, utenze di pubblici servizi, carta e cancelleria,

spese postali, etc.).

Mi si rispondeva che il fatto che vengano descritte le diverse fattispecie di costi, non significa che obbligatoriamente saranno fatti pagare (cioè si identificano le diverse tipologie di costo così, per impiegare il tempo), e che sarà eventualmente la Conferenza dei Sindaci a decidere se rendere la CUC a pagamento o lasciarla completamente gratuita. (Naturalmente fatti salvi i costi diretti, che non posso essere comunque evitati dal comune)

Siccome la questione non sta in questi termini, cioè la Conferenza dei Sindaci non deciderà se far pagare o non far pagare, semmai quanto e come far pagare, che è cosa molto diversa, chiedevo di indicarmi quale articolo della convenzione affermasse questa possibilità data all’Assemblea dei Sindaci. Dopo qualche secondo di palpabile imbarazzo, mi si citava appunto l’art. 6 comma 2 della convenzione, dove si chiarisce che:

6.2 La Conferenza dei Sindaci provvede inoltre ad adottare le decisioni di indirizzo con riguardo agli aspetti economico finanziari relativi alla ripartizione delle quote per le risorse e le spese relative alla Centrale di

committenza;

È chiaro come si parli chiaramente di ripartizione, ovvero i costi ci sono e la conferenza dei Sindaci deciderà semplicemente in che maniera caricarli ad ogni singolo comune, determinando in base a quali parametri, principi ecc…

E non potrebbe essere altrimenti, visto che dal punto di visto dei costi l’articolo 7.2 chiarisce poi ogni dubbio:

7.2 Al fine di consentire l’efficace organizzazione della Centrale di committenza le spese per la struttura organizzativa operante come Centrale di committenza sono ripartite tra i Comuni associati, sulla base di quote definite in sede di Conferenza dei Sindaci, nel rispetto dei seguenti criteri:

Questo significa che ai comuni saranno caricati costi aggiuntivi, rispetto agli attuali che gravano sulla gestione delle gare, che in gran parte non potranno essere ridotti per due semplici motivi: si tratta per lo più di attività svolte da personale interno, che continuerà ad essere pagato e in secondo luogo dovrà continuare a svolgere gran parte dell’attività relativa agli appalti, che continuerà a gravare in capo al comune.

Per farla breve: con la CUC i sindaci e i cittadini patiranno un dilatarsi di tempi e burocrazia e in più si vedranno aumentare pure i cosi. Non c’è che dire, l’abbiamo presa nel CUC!