La fortuna di molti politici italiani è che circolano parecchi giornalisti mediamente pigri e distratti, o comunque ben lontani dall’adottare un rigido sistema di fact checking. E dev’essere proprio all’interno di questa triste cornice che ha preso piede un brutto andazzo, quello di raccontarsela un po’ come più fa comodo, facendosi beffe della realtà, della storia e pure del minimo senso del pudore che ognuno di noi farebbe bene a conservare. Clamoroso, per esempio, l’epic fail (che tradotto, per noi che amiamo frequentare i Bar, sarebbe: una’epica figura di mexxa!!!) di cui è stato protagonista questa mattina l’onorevole Fiano, Partito Democratico. Potete gustarvelo qui:
Mentre Massimo de Manzoni di Libero ricordava la demenzialità della scelta di intervenire militarmente in Libia nel 2011, Fiano lo interrompeva con eccessivo sarcasmo, addirittura tracotanza: “non mi ricordo di editoriali di Libero che criticavano l’intervento in Libia”, apostrofava il sinistro. Facendo così intendere che tutta la vicenda andrebbe ascritta solo e soltanto alle forze di centro destra e a Berlusconi. E soprattutto dando in fondo dei cialtroni a quelli di Libero. Fiano era particolarmente baldanzoso e sicuro nell’invettiva, anche perché seguiva passo passo lo spartito piddino di questi ultimi giorni, quelli post “strage degli 800 naufraghi”: far intendere che l’intervento in Libia fosse responsabilità delle “destre guerrafondaie” e di conseguenza è colpa del centro destra se arrivano oggi immigrati a centinaia di migliaia, e in ultima istanza è ancora colpa del centro destra se poi molti, troppi, muoiono. Gli ex comunisti, va riconosciuto, hanno una particolare capacità nel confezionare versioni revisionate della storia. Ma questa è appunto un’altra storia.
Solo che per grande sfortuna di Fiano, de Manzoni è un giornalista serio e che evidentemente conosce i suoi “polli”; era preparato a rispondere e con rara prontezza ha sparato in faccia al povero onorevole un eloquente titolo a nove colonne di Libero: “Guerra da matti”, stampato proprio il giorno dopo della decisione di muovere guerra a Gheddafi. Da li in avanti si è udito solo un forte rumore di sfregamento sugli specchi…
Questo divertente episodio mi da però l’occasione per ricordare come andarono veramente le cose quel marzo del 2011, e andarono molto diversamente dalla odierna vulgata piddina.
LE PRIMAVERE ARABE E TWITTER
Due parole sul contesto. In quel periodo, tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011, eravamo in piena sbornia da “Primavere Arabe”. Tanti uomini dell’intelligencija di sinistra erano esaltati, elettrizzati, a tratti estasiati per i moti rivoluzionari; quelli guidati da giovani che armati di twitter e a colpi di cinguettii facevano cadere regimi sanguinari. Si, come no! Naturalmente niente fu più lontano dalla verità, ma si sa che specialmente gli ex comunisti sono facili a credere alle favole (del resto hanno creduto al comunismo). Il disastro delle famose primavere arabe lo scoprimmo solo molto più tardi.
Ed è appunto in questo clima di euforia, fatto anche di tanta nostalgia per la “revolucion”, che l’opinione pubblica italiana fu portata a credere che non si poteva non intervenire, militarmente s’intende, soprattutto in Libia (chissà perché solo lì?) contro il sanguinario dittatore di turno. Che poi, in questo caso, era lo stesso sanguinario dittatore con cui l’Italia aveva già firmato diversi accordi, alcuni ancora validi pure nel momento dell’attacco.
LA GUERRA DI NAPOLITANO
La guerra alla Libia iniziò ufficialmente il 19 marzo, di fatto su iniziativa della Francia che spingeva da giorni per arrivare alla caduta di Gheddafi per mezzo di un intervento militare.
E il governo italiano, e Berlusconi? IL Cavaliere era tutt’altro che favorevole, non tanto per l’antica amicizia con il dittatore libico, ma perché era evidente come fosse l’Italia quella che aveva più da perderci nell’ipotesi militare. Ma da giorni il governo riceveva pressioni, sempre più insistenti, soprattutto dal Capo di Stato; proprio quel Napolitano che fu poi determinante nella cacciata di Silvio, pochi mesi dopo.
Rileggendo le cronache di quei giorni, come questo articolo del 18 marzo (il giorno prima dell’attacco) sul Corriere.it, il ruolo del Presidente della Repubblica emerge attraverso parole eloquenti
Faremo quello che è necessario anche noi
Ma Berlusconi non è convinto dell’intervento, tanto che il 19 marzo così titola la Stampa, in un puntuale articolo firmato da Ugo Magri: “Libia, Napolitano: Non possiamo restare indifferenti alla repressione – Il ruolo decisivo del Colle per superare i dubbi del premier”
All’interno vengono ricostruiti i momenti decisivi in cui il Governo e Berlusconi si sarebbero convinti di appoggiare l’intervento militare. Così scrive Magri:
nessuno degli sviluppi successivi sarebbe stato possibile senza l’intervento di Napolitano. Il suo richiamo alle «decisioni difficili» attese nella giornata di ieri, ma soprattutto l’appello a valori più alti della pura realpolitik («non lasciamo calpestare il Risorgimento arabo») hanno avuto l’effetto di sgombrare il campo da ostacoli su cui Berlusconi sembrava destinato a inciampare
Il famoso “Risorgimento arabo”, si vabbè! Insomma, appare chiaro ed evidente come fu decisivo l’intervento di Napolitano e il suo pressing perché l’Italia entrasse in guerra contro la Libia. E per i più distratti lo voglio ricordare: Giorgio Napolitano non è della Lega Nord, nemmeno di Forza Italia. È del Partito Democratico.
LA LEGA CONTRARIA ALL’INTERVENTO
Abbiamo detto che Berlusconi era titubante, ma nel governo e nella maggioranza c’era addirittura chi era palesemente contrario, e non fece nulla per nasconderlo. Chi? Bossi e la Lega Nord, che ancora una volta ci avevano visto lungo, gli unici tra tanti.
Questa la dichiarazione di Umberto Bossi, riportata su Repubblica.it nell’edizione on line del 19 marzo 2011:
Ci sono ministri che parlano a vanvera. E le decisioni prese dal governo non sono state rispettate. Ora rischiamo di perdere petrolio e gas e di essere invasi da milioni di profughi. Certe volte il vero coraggio è la cautela, rischiamo di prenderla in quel posto se continua così
Parole dure, ma soprattutto chiare e nette, tipiche di Bossi quando si vuole far capire, senza tanti giri di parole.
Concetto ripreso e ribadito anche in questo intervento pubblico a Erba dello stesso Umberto Bossi:
non si capisce niente, si capisce solo che noi rischiamo di perderci benzina, petrolio e gas
IL PD FAVOREVOLE E DECISIVO NELLA DECISIONE SULL’INTERVENTO MILITARE
Ma c’è di più. Il giorno precedente la Lega aveva disertato le commissioni di Camera e Senato, proprio dove si era votato il via libera alla missione militare in Libia. La Lega era contraria e solo per senso di responsabilità, essendo forza di maggioranza, decise di non presentarsi al voto, in alternativa ad esprimere voto contrario. E chi votò a favore garantendo il via libera alla missione militare? Ma naturalmente il Partito Democratico! E non solo il PD era favorevole alla guerra in Libia, ma addirittura criticò aspramente la posizione della Lega, che invece si opponeva all’intervento militare, come riportato dal corriere.it del 18 marzo.
La verità è che il Partito Democratico era la forza politica più convinta e determinata ad appoggiare l’intervento militare, quello stesso intervento che oggi tentano goffamente di intestare alla vecchia maggioranza di centro destra. Patetici. Erano così convinti che addirittura criticavano i tentennamenti della maggioranza, rea di avere una posizione troppo critica verso i bombardamenti e addirittura ci si menava vanto del fatto che fu il PD, con i suoi voti decisivi, a far approvare l’opzione militare.
Eloquente, in questo senso, l’intervento in aula a Montecitorio di Massimo D’Alema, allora presidente del Copasir. Gustatevelo:
Da scolpire, a futura memoria, queste parole di baffino che rendono impossibile al PD di oggi reinventarsi una verginità che non hanno proprio:
Mentre la maggioranza vuole imporre vincoli cervellotici all’azione di Governo, è l’opposizione che chiede che L’Italia si impegni in modo pieno e senza riserve nell’azione internazionale
Avete capito? Chi era critico rispetto all’intervento militare, paventando il disastro che oggi abbiamo sotto gli occhi, veniva accusato dal PD di voler imporre vincoli cervellotici che avrebbero limitato la potenza di fuoco. Bombe a più non posso, senza se e senza ma; questo voleva il PD, altroché!