Profughi: il “modello Brianza” è razzista. Perché non vale per tutti, stranieri e non?

Condividi articolo

profughiE poi uno dice che siamo noi i razzisti. Succede che in Brianza, Provincia, Prefettura e molti comuni di sinistra, sembrano tutti impegnati e indaffarati a risolvere un unico problema: i presunti profughi. Dico “presunti” a ragion veduta, come ho già avuto modo di raccontare in questo post. Qualcuno ci racconta che siamo obbligati ad accogliere persone che scappano dalle guerre. Naturalmente condivido. Noi però siamo notoriamente pignoli e malfidenti, ed è così che abbiamo cominciato a nutrire qualche dubbio; già perché dei 310 presunti profughi ospitati in Brianza, ben 293 sono uomini soli, e per lo più giovani. Le donne sono solo 11, le famiglie praticamente inesistenti, due nuclei, e infine ospitiamo un unico neonato. Bizzarro non trovate? Perché solitamente a scappare dalla guerra sono donne, bambini ed anziani. I giovani uomini sono quelli che la guerra la fanno. Pare invece che al loro Paese siano rimasti donne, anziani e bambini ad incrociare le armi. Stupefacente. Secondo voi ci prendono per il culo? Fuochino!
La verità è forse un’altra, ed è terribilmente cinica: l’immigrazione clandestina è gestita da persone spietate, i viaggi della speranza, con o senza barconi, agiscono come una sorta di selezione naturale. Il più forte vince e il più debole muore. Naturalmente nulla si fa per fermare questa carneficina, anzi, per molti più ne arrivano e più si fattura. Venghino signori venghino. Business is business.
Questi sono alcuni buonisti di questa italietta un po’ furbina, quelli che con una faccia ti dicono che accogliere è un dovere civile, e poi magari al telefono se la ridacchiano dicendo all’amico: “aho! Faccio più sordi con gli immigrati che con la droga”.

IL “MODELLO BRIANZA” È RAZZISTA. VALE SOLO PER GLI STRANIERI
Ora la novità: si sono inventati di far lavorare i profughi. Meno male, qualcuno dirà. Tagliare l’erba di qualche aiuola, far attraversare i bambini sulle striscie, gestire il pedibus, ripristinare qualche staccionata. Lavori socialmente utili che, ci tengono a sottolineare, gli stranieri svolgeranno gratuitamente. Ecco, c’è da ricordare che a queste persone offriamo vitto, alloggio, assistenza medica, mediazione culturale, corsi lingua, una mancia giornaliera e ammennicoli vari. Il tutto ci costa 36€ al giorno, gentilmente offerti dalla Prefettura, cioè dallo Stato, cioè da noi. Tutto questo vi sembra “gratis”? Insomma, direte voi. Ma suvvia, non fate come al solito i pignoli. Sorridete, si aiuta il prossimo, si fattura, si da lavoro. Tutto molto positivo.
Ora io avrei però una domanda, che poi è anche una proposta: perché questo non può valere anche per i cittadini italiani? Cioè perché se la Prefettura è disposta a corrispondere 36€ al giorno ai comuni, o associazioni, se si tratta di stranieri e la stessa disponibilità non si riscontra nel caso dei cittadini italiani? Ci sono un sacco di persone che hanno perso il posto di lavoro, che chiedono di essere in qualche maniera impegnate, anche in lavori per la comunità e solo a fronte di un piccolo aiuto economico. E questo, naturalmente, i comuni già lo fanno, spesso utilizzando i voucher. Ma i vincoli e le tagliole delle Stato, lo stesso che spende i soldi per gli stranieri, mortificano la capacità di aiuto alle persone bisognose. Allora perché, anche quelli che non sono stranieri, non possono usufruire di questo “modello Brianza”? Ovvero perché il fondo dei 36€ al giorno, per finanziare lavori socialmente utili, non viene esteso a tutti, stranieri e non? Sarà mica perché hanno il colore della pelle sbagliato? Oppure che in tasca hanno un passaporto che non interessa ai buonisti, quelli un tanto al chilo? Cioè, per farla breve, sono bianchi e di nazionalità italiana, quindi non degni del loro interesse. Questo, se non ve ne siete accorti, si chiama razzismo, cari miei. Io dicono una cosa semplice: o ci si aiuta tutti, con gli stessi mezzi, oppure non si aiuta nessuno, diciamo basta alle discriminazioni. E io credo che tutti i comuni che aderiranno a questa iniziativa si renderanno complici di questa discriminazione.