Parigi, Francia. Ci siamo risvegliati, per ritrovarci in un incubo. Ma l’errore, forse, è stato quello di aver pensato che fosse possibile dormire tranquilli. Ci siamo illusi di poter far finta di nascondere che un problema, un grosso problema esista. Viviamo nella perenne convinzione che mai sarà violato il nostro giardino. Ed è incredibile come abbiamo continuato a pensarlo anche dopo Madrid (11 marzo 2004), dopo Londra (7 luglio 2005). E nemmeno vedere un uomo decapitato per le strade della civilissima Londra, al grido di “Allah Akbar”, ci ha risvegliato. Non vogliamo ammetterlo, ma qualcuno ha mosso guerra contro di noi. Nasconderlo non è servito a nulla, e non servirà a nulla continuare a farlo. La guerra non è contro uno stato, contro la Francia, contro la Gran Bretagna o contro l’Italia. Non è nemmeno contro l’Europa Unita, peraltro entità del tutto inconsistente ed inesistente dal punto di vista politico. Qualcuno è in guerra contro i nostri valori, la nostra cultura, la nostra libertà. Noi consideriamo loro estremisti. Loro probabilmente ci considerano egualmente estremisti. Probabilmente ai loro occhi siamo estremisti della libertà e questo non gli sta bene.
Hanno colpito la Francia, patria della rivoluzione, Parigi capitale simbolo del pensiero libero e laicista ed un giornale come Charlie Hebdo, che faceva del libero pensiero il motivo stesso della sua esistenza.
Hanno ucciso dodici persone inermi, a sangue freddo, poi si sono gettati per le strade gridando: “Allah Akbar”. É successo oggi, in Europa, a Parigi, nel 2015 . Questo è sconvolgente, ma potrebbe non sconvolgerci. Continueremo a pensare che non esista un problema? Continueremo ad anteporre sempre inutili distinguo, la paura di passare per razzisti o il pensiero che si tratti in fondo solo di folli estremisti isolati? Guardate bene i filmati. Non vedrete dei folli, ma uomini ben armati, ben addestrati. Si muovono veloci, sicuri e con spietata precisione. Si muovono come un esercito. Perché sono un esercito. Siamo in guerra, sarebbe ora di rendercene conto. Non farlo non ci salverà.
E se siamo in guerra, cominciamo a riflettere su un punto elementare: le guerre si possono anche perdere. Io amo la libertà, il pensiero libero e la libertà individuale. Filosoficamente parlando sono convinto che, alla lunga, la libertà vinca sempre. Ma non possiamo negare che per parentesi, anche lunghe, della storia, la libertà ha dovuto soccombere. E la libertà è il bene più prezioso che abbiamo.
C’è un rischio islamizzazione dell’Europa, sempre così distratta nel difendere i principi di libertà che l’hanno resa grande, ricca e prospera. Di questo rischio in Francia si dibatteva da tempo, gli intellettuali si interrogavano preoccupati del rischio che sta correndo la libertà, minacciata dal fondamentalismo islamico. Gli uomini di Charlie Hebdo facevano e fanno questo, utilizzando lo strumento della satira, e per questo sono morti. Hanno assassinato dei poeti, degli uomini che pensavano ed agivano liberi e per questo rappresentavano una minaccia. Quelli di Charlie Hebdo non hanno mai chinato il capo, non hanno scelto il silenzio, non si sono piegati alle minacce e agli attentati, seppur numerosi, e per questo sono morti. Sono martiri della libertà, sono morti per noi, per difendere la nostra libertà.
Reagiremo ancora dimenticandoci di tutto? Pensando che tutto questo con noi non c’entra? Questa è una guerra contro di noi e contro la nostra libertà, ed è una guerra che possiamo perdere. Come difenderci? Innanzitutto difendendo la nostra cultura, i nostri valori, la nostra storia; senza vergogna, senza timore di offendere nessuno. Imponiamo, se necessario, la nostra libertà a chi la mette a rischio. Il rischio, è vero, potrebbe essere quello di sacrificare un po’ dell’enorme tolleranza che abbiamo sempre dimostrato verso tutti. Credo sia il male minore, seppur negativo, e forse è un rischio che dobbiamo correre, perché la posta in gioco è troppo alta. Svegliamoci.