Torniamo ai nostri ideali con la canottiera

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Le sirene del potere sono tremende, affrontarle senza la corazza di saldi ideali può diventare assai pericoloso. Perderemo qualche voto? Pazienza.

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Duecento pagine come un cazzotto in pieno viso. Dialoghi al limite del surreale, che tratteggiano un mondo che uno si immaginava rimanesse confinato tra i copioni di qualche b-movie. Certo c’è la presunzione d’innocenza, ma come ha giustamente ricordato lo stesso Maroni le evidenze sono tali che ci sentiamo tutti traditi, incazzati, delusi. Come reazione potremmo limitarci al tiro al piccione, a randellare Fabio Rizzi che tanto sta già al fresco di una galera. Pensare che tutto si esaurisca lì. Potremmo anche ricordare quanti indagati hanno gli altri, stendere classifiche, statistiche che dimostrano come siamo di gran lunga i meno toccati da inchieste e arresti.

Però questa roba qui colpisce duro la Lega, la nostra immagine, la nostra storia, il nostro orgoglio, colpisce noi. C’è un aspetto che mi ha particolarmente turbato nelle intercettazione emerse; quell’idea che l’attività politica e amministrativa si sia ridotta ad una soluzione buona per «sistemarsi», mettersi a posto per sempre. L’errore grave ed esecrabile di un singolo, certo che sì. Penso però anche che Fabio Rizzi è un militante della Lega con una lunga storia, protagonista di tante battaglie, uno che come noi ha giurato quel settembre del 1996:

Noi offriamo, gli uni agli altri, a scambievole pegno, le nostre vite, le nostre fortune e il nostro sacro onore

Perché, dunque? Com’è possibile dimenticarsi di tutto? I tariffari, i soldi in soffitta, addirittura nel frigorifero, roba che rimanda la nostra memoria a Poggiolini, quello che infilava i soldi nel puff del salotto. Cioè all’impersonificazione di tutto ciò che mi spinse ad arruolarmi stabilmente nella Lega, io poco più che ragazzino. Erano i giorni di tangentopoli, i giorni del cappio sventolato alla Camera.

D’accordo, la Lega non sarà più quella del cappio, ed è pure comprensibile che quando il tempo passa si cresca, diventando più maturi, si affini un po’ il linguaggio e ci si infili la giacca ogni tanto. Senza esagerare però. Senza perdere di vista che la Lega rimane un partito rivoluzionario, nato per liberare il Nord e risolvere la «Questione Settentrionale». Certo la buona amministrazione è un nostro dovere, la sanità migliore d’Italia un nostro vanto, il marciapiede, le scuole, le siringhe e le dentiere. Ma noi siamo sempre la Lega, nata per liberaci da Roma e dare un calcio nel sedere a ladri, corrotti e farabutti di ogni risma. Non siamo quelli buoni per il potere da salotto. Noi non abbiamo mai cercato il potere fine a se stesso, l’accordino elettorale utile ad agguantare la vittoria alle elezioni del tal comune. Amministrare gli enti locali dev’essere il potente strumento utile al raggiungimento del fine, che rimane la nostra libertà. Ma essere li solo per pigliare un pezzetto del potere non ci interessa, ed è pure pericoloso. Ci sono stati anni in cui si rifiutava a prescindere ogni alleanza con i partiti tradizionali. La DC e il PSI ci lusingavano di offerte, ci tiravano la giacca, ma a noi non interessava.

Certo altri tempi, altro mondo, ma ricordare quello spirito sarebbe utile come antidoto. Ribadire quali siano i nostri veri obiettivi sarebbe occasione utile per ricordarci che tra questi non esiste il «sistemarsi». Le sirene del potere sono tremende, affrontarle senza la corazza di saldi ideali può diventare assai pericoloso. Senza se e senza ma. Qualcuno si preoccupa che perderemo qualche voto? Forse si, ma sicuramente meno di quelli che perderemo schizzati dal fango di queste inchieste, che non ci meritiamo.

Penso anche alla nostra Brianza, da dove tra l’altro è partita tutta questa inchiesta. E questo non lo possiamo ignorare, non possiamo considerarlo un aspetto secondario. I nomi che riecheggiavano sono i nomi delle nostre città. Ecco allora la necessità di rivendicare la nostra diversità, in maniera forte. Ecco l’esigenza di non sottostare per forza a degli schemi rigidi, dove magari conta di più lo schieramento, l’appartenenza rispetto al programma, alle idee e agli uomini. Insomma, forse la canottiera potrebbe tornare di moda.

Una risposta a “Torniamo ai nostri ideali con la canottiera”

  1. le parole del giuramento dovrebbero essere obbligatoriamente appese in ogni ufficio in cui un leghista svolge l’incarico per cui è stato eletto. Quello che ha fatto Rizzi è cosa talmente grave, e non è il primo, ( Galli è stato uno scandalo) Che distrugge l’anima di tanti militanti che giornalmente, con dedizione, e gratuitamente si impegnano per il movimento. Che rabbia e che delusione!