Femminicidio? Dico basta, è una puttanata

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La violenza di genere coinvolge anche tanti uomini vittime di donne, ma di questi non si parla mai. Il problema è la violenza domestica, non una questione di femminismo 2.0

femminicidio

Oggi è il 25 novembre, data scelta come la «giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne». Ad istituirla ci ha pensato, nel 1999, l’Assemblea Generale dell’ONU, la qual cosa costituisce già un primo forte indizio sul grado di utilità della giornata. Perché il 25 novembre? Wikipedia riporta che il 25 novembre è stato scelto in ricordo di un efferato triplice omicidio:

Questa data fu scelta in ricordo del brutale assassinio nel 1960 delle tre sorelle Mirabal considerate esempio di donne rivoluzionarie per l’impegno con cui tentarono di contrastare il regime di Rafael Leónidas Trujillo (1930-1961), il dittatore che tenne la Repubblica Dominicana nell’arretratezza e nel caos per oltre 30 anni. Il 25 novembre 1960, infatti, le sorelle Mirabal, mentre si recavano a far visita ai loro mariti in prigione, furono bloccate sulla strada da agenti del Servizio di informazione militare. Condotte in un luogo nascosto nelle vicinanze furono torturate, massacrate a colpi di bastone e strangolate, per poi essere gettate in un precipizio, a bordo della loro auto, per simulare un incidente.

Ma cosa c’entra questo episodio, gravissimo per carità, con la violenza di genere? Direi poco, visto che siamo di fronte piuttosto ad uno spregevole omicidio di tipo politico. Le tre donne sono state uccise perché rivoluzionarie, una motivazione molto lontana da quella che muove oggi il dibattito sul presunto «femminicidio», soprattutto in Italia, che è nella quasi totalità dei casi violenza domestica, se non esclusivamente familiare.

Se, come si dice, due indizi fanno una prova, converrà cominciare a maturare qualche dubbio.

Ammetto che per approccio personale sono particolarmente refrattario a questo tipo di giornate, di cui sinceramente fatico a trovarne il senso. A me pare giusto una buona occasione in cui molti possono aumentare il proprio ego, altri pulirsi la coscienza, simulare una sensibilità che spesso non hanno e in fin dei conti, diciamocelo, è per tutti l’occasione per parlare di qualcosa di diverso. Ed eccolo là, il popolo della rete impegnato a scrivere cose molto intelligenti e severe per difendere le donne. Postano foto assai convinte, magari incorniciate da un bel «NO». Così da fare pure pendant con il referendum e pigliare due piccioni con una fava. Geniale. È come quelli che pensano che a Natale bisogna essere più buoni, auto assolvendosi per tutti i giorni dell’anno in cui sono invece stronzissimi con tutti.

Il problema è però un altro. Come mai, oltretutto in un periodo storico in cui le donne reclamano una crescente parità di trattamento, si è pensato di istituire solo la giornata contro la violenza delle donne? Come mai siamo sommersi da statistiche, indagini, ricerche, tutte volte a misurare il fenomeno della violenza degli uomini sulle donne? E gli uomini? È forse credibile pensare che gli uomini non vengano uccisi, che non venga mossa violenza contro di loro, sia fisica che psicologica? Naturalmente no.

Si parla di violenza di genere, con il mainstream impegnato a convincerci che la violenza domestica e familiare sia di tipo asimmetrico, ovvero che siano solo gli uomini a muovere violenza contro le donne. Da questa teoria, dalle basi scientifiche assai fragili, è gemmata poi la necessità di individuare addirittura una nuova tipologia di reato penale: il femminicidio.

La mia opinione sull’idea di istituire una nuova fattispecie di reato, chiamata «femminicidio», è semplice: la considero una puttanata galattica. Un omicidio rimane omicidio, il fatto che colpisca una donna, piuttosto che un uomo, non ne aumenta, tantomeno diminuisce, il grado. Questa è tutta roba buona per la propaganda, le prime ad accorgersene e ribellarsi dovrebbero essere proprio le donne.

FEMMINICIDIO? I NUMERI CI DICONO CHE MUOIONO ANCHE GLI UOMINI

Non voglio tediarvi con numeri e statistiche, solo ricordarvi che puntualmente smentiscono questa idea secondo cui saremmo di fronte ad un allarme sociale, dovuto alla crescita di «femminicidio». Vi rimando a questo post del bravo Davide De Luca. Voglio però ricordare che in Italia, secondo i dati ufficiali dell’UNODC (United Nation Office on Drugs and Crime), il 21% del totale degli omicidi registrati tra i maschi nel 2011 (che sono di gran lunga più numerosi degli omicidi subiti dalle donne, per via della criminalità organizzata) sono causati dai propri partners o dai membri della propria famiglia. È vero che questo dato, quando riguarda le donne, sale al 71%, ma questa differenza è dovuta in massima parte dal fatto che la stragrande maggioranza degli omicidi è di origine delinquenziale, e che di questi la quasi totalità vede dei maschi come vittime. Quindi, ci domandiamo, com’è possibile che quel 21% di maschi uccisi dalle violenze familiari non facciano notizia? Come mai non si commissionano studi? Come mai non ci si pone il dubbio che la violenza tra partner, tra coniugi e tra familiari è semplicemente simmetrica tra i generei? Ovvero riguarda le donne come gli uomini?

Probabilmente per una selva di motivi, molti dei quali sono culturali, legati alla tradizione che vuole la donna come il sesso debole, quindi la presunta virilità dell’uomo lo porterebbe a nascondere la possibilità che una donna possa muovergli violenza. E quando capita, probabilmente, è persino più restio della donna a denunciarlo.

L’impressione è quella che ci muoviamo per mode, per sensazionalismo, andando però verso una direzione che è quella sbagliata. Dovremmo studiare il fenomeno delle violenze domestiche nella sua interezza, invece cediamo il passo ad una lotta di genere che non ha senso. Quella che vorrebbe dipingere le donne come vittime a prescindere degli uomini, in questa strana forma di femminismo di ritorno.