La legge Cirinnà vale solo per gli omosessuali, però non chiamatela discriminazione

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Quando si discriminano gli eterosessuali non frega niente a nessuno, nemmeno ai difensori del politicamente corretto

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Con le piazze divise tra una #svegliaitalia e un #familyday, che è poi solo una nuova puntata della sempiterna aspirazione italica nel dividersi in guelfi e ghibellini (che palle!), pare che a tutti sia sfuggito un elemento stucchevole della legge Cirinnà: ovvero che è un testo discriminatorio. Ed è davvero curioso come l’esercito dei pasdaran dell’antidiscriminazione, quelli pronti a rompere addirittura i coglioni alla Menegatti, ultima tra le aziende «colpevoli», in questo caso di aver condito la pubblicità di un cornetto con questo messaggio:

«Ama il tuo prossimo come te stesso… basta che sia figo e dell’altro sesso».

Alzata la canea, subito han licenziato il povero cristo autore del post, uno che sarà stato pagato due euro in croce, finito ricoperto d’insulti per aver forzato un po’ troppo una rima: omofobo, razzista, retrogrado, cattointegralista e giù il diluvio d’insulti. Copione e canovaccio ormai noti. Tutto così scontato, banale e noioso. Bene, anzi male, malissimo. Però mi sarei aspettato la medesima intransigenza, da parte di questi difensori della nuova religione dell’iper politicamente corretto, nell’additare l’articolo 1. comma 1 del DDL Cirinnà, che pensate recita così:

  1. Le disposizioni del presente Capo istituiscono l’unione civile tra persone dello stesso sesso quale specifica formazione sociale.

Ma come? Se uno scrive un semplice post su Facebook per pubblicizzare una brioche, rivolgendosi magari indirettamente solo agli etero, partono fulmini saette e denuncia davanti alla Corte dell’Aia. Al contrario, qui si crea un nuovo istituto, una nuova formazione sociale che vale solo per chi ha un determinato orientamento sessuale, e non si dice nulla? Scusate, ma non eravamo mica quelli che «davanti alla legge siamo tutti uguali»? Non eravamo mica quelli che «la legge non deve discriminare in base al nostro orientamento sessuale»?

E allora perché io eterosessuale non potrei usufruire dell’isituto dell’unione civile?

Qualcuno potrebbe rispondere: per gli etero c’è il matrimonio. Ma come? Mica si va dicendo che le unioni civili non sarebbero uguali al matrimonio? E poi io voglio l’unione civile, non il matrimonio! Perché mi si negherebbe questo diritto?

Insomma, qualcosa non torna. Perché per legge ad una coppia eterosessuale verrebbe preclusa la possibilità di accedere a questo nuovo istituto delle Unioni civili? E come mai quel mondo gay, sempre ipersensibile alle discriminazioni subite, sta in silenzio davanti ad una conclamata discriminazione rispetto alle coppie non omosessuali? Probabilmente perché anche ai gay importa poco delle discriminazioni degli altri.