Trump è per il Sì o per il No?

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Quale fronte referendario avvantaggerà la vittoria di Trump? Chi saprà intercettare ciclone Donald? Il sì, il no o nessuno?
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Ecco, è successo. Trump è il 45esimo Presidente degli Stati Uniti d’America. La vittoria del magnate, vero outsider di queste presidenziali a stelle e strisce, rappresenta davvero un cambiamento politico, perlomeno della politica americana, che potrebbe però contagiare l’intero occidente.

Ed è proprio su questo che si interroga la politica, anche italiana, in queste ore. Quanto l’effetto Trump potrà influenzare gli equilibri dentro i nostri confini? Come muoverà la vittoria del populista tra i populisti, l’anti casta per eccellenza, rispetto al prossimo referendum del 4 dicembre? Si avvantaggerà il Sì? oppure sarà il No a trarne benefici?

I sondaggi danno il NO in chiaro, seppur tutt’altro che netto, vantaggio. E questo dovrebbe preoccupare proprio il fronte del NO, visto che i sondaggi non ne azzeccano una da almeno dieci anni a questa parte. Non è che sbaglino di decimali, proprio succede l’esatto opposto di quello che avevano previsto. Perché nel mondo disegnato dai sondaggisti, il Movimento 5Stelle avrebbe sorpassato il PD, la Gran Bretagna sarebbe rimasta nella UE e gli USA dovrebbero festeggiare oggi il primo presidente donna. Ed è incredibile sentire ancora quanti, e sono tanti, gioiscano per i risultati favorevoli di un sondaggio. Io solitamente mi tocco, facendo scongiuri.

LA REAZIONE DEI LEADER ITALIANI

Matteo Renzi si è dapprima precipitato ad azzardare che il «trumpismo» in Italia sarebbe rappresentato dal fronte del Sì, ripiegando poi in un più razionale: «non credo che la vittoria di Trump influenzerà il risultato del referendum». Nel fronte opposto, come naturale che sia, sono volati i tappi di spumante, frizzi e lazzi, grande esultanza per un risultato così insperato e che rinvigorisce morale e spirito di tutte le opposizioni.

CHI TRARRÀ VANTAGGIO DA TRUMP?

Trump, che piaccia o meno non rileva, ha rappresentato più di altri il cambiamento, soprattutto la sua figura ha dato corpo ad una politica diversa. Un tipo di politica a cui la gente si affida, credendo possa dare risposte e soluzioni, risolvere i problemi. L’esatto opposto di ciò che la politica ha fatto in questi anni. Sopratutto in Italia.

Quindi meglio non ingannarsi, perché non è sufficiente rappresentare il cambiamento, bisogna intercettare quel tipo di cambiamento che i cittadini si aspettano. I democratici avevano puntato tutto sul primo presidente donna, credendo di replicare l’effetto «change» di Obama, che fu il primo presidente afro americano.

Ma siamo sicuri che Obama abbia vinto perchè nero? Forse è stato tutto sbagliato. D’altro canto solo i politicanti progressisti, chiusi nei loro salotti dorati, potevano pensare che il problema delle donne e degli uomini d’America fosse davvero quello di portare una donna nella stanza ovale. Un po’ come succede in Italia con il Presidente (e sottolineo il Presidente) della Camera Boldrini, convinta e concentrata a portare avanti le sue «battaglie» per storpiare i sostantivi maschili, declinandoli al femminile.

E mentre questi signori menavano il can per l’aia cavalcando temi inutili, mentre erano tutti impegnati a demonizzare l’avversario dipingendolo come un mostro, gli elettori preparavano la rivoluzione. Pensavano a premiare chi parlava del loro lavoro che non c’è più, delle fabbriche che chiudono, dei salari che diminuiscono drasticamente. Questi sono i problemi che molte donne e uomini sentono propri. Non le baggianate progressiste. Problemi che sono in buona parte riconducibili alla crisi della globalizzazione, un modello che pare avere miseramente fallito. Dice bene Umberto Bossi, tra i primi a prevedere la vittoria di Trump: poco importa se il prodotto costa la metà perché prodotto in Cina, perché se poi non ho nessun salario io quel prodotto non potrò acquistarlo comunque, nemmeno a basso costo.

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TRUMP AVVANTAGGIA IL SI O IL NO?

Quindi alla fine, Trump sta per il Sì o per il No al referendum? La risposta non è così scontata, tutto starà nel capire come verrà percepito il quesito. Se il referendum continuerà a rappresentare l’unica possibilità di liberarsi di Renzi, quel rottomatore che si è fatto subito establishment, allora il vantaggio per il NO sarà indiscutibile. C’è poi da considerare come la vittoria di Trump abbia dato forza al pensiero libero, cioè scevro da ogni condizionamento e dalle «minacce» legate a scenari post voto apocalittici. Cose che oggi fanno molto sorridere, ma che fino a ieri avevano un certo peso.
Attenzione però, perché se Renzi dovesse riuscire, nell’ultimo mese di campagna elettorale, a far credere che il referendum sia davvero un modo per rottamare la vecchia politica, cosa che non è affatto, allora paradossalmente sarebbe il Sì a trarne vantaggio.

Staremo a vedere. Una dato è però ormai, purtroppo, acquisito: solo una risicatissima percentuale di elettori baserà la propria scelta sul merito, magari dopo approfondito studio e lettura delle opposte tesi. Questa è sicuramente una sconfitta per tutti, una sconfitta che ci indica però quale sarebbe la via più consona e corretta per riformare davvero la carta costituzionale, ovvero l’Assemblea Costituente.