Sono entrato in un centro profughi. Ecco cosa ho visto

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Ieri abbiamo fatto visita ad uno dei centri di prima accoglienza provinciale (Hub) dei richiedenti protezione internazionale allestito in Brianza. Si tratta di quello realizzato in località Mombello nel Comune di Limbiate. nella visita ho accompagnato l’Assessore Regionale Simona Bordonali, in compagnia del mio collega Consigliere Provinciale Andrea Villa e il Consigliere Comunale di Limbiate Cinzia Galli.

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Ho scritto questo lunghissimo reportage (troppo lungo forse), diviso in sezioni a secondo degli argomenti, per rendere più agevole la lettura.

La prima parte è un fedele racconto di ciò che ho visto e sentito, cronaca pura, imparziale e il più possibile corretta che metto a disposizione di tutti. Quello che penso e quello che ho pensato dopo la visita l’ho scritto alla fine.

I più curiosi possono quindi saltare direttamente là all’ultimo capitolo, ma leggere il resto è sicuramente utile ed interessante.

[su_highlight background=”#f4e427″]Cosa ho visto?[/su_highlight]

È il primo ed unico centro di questo tipo che ho avuto l’occasione di visitare; cercando un confronto con altre strutture di questo tipo di cui ho letto oppure visto servizi e reportage, posso confermare ciò che ha dichiarato l’assessore Bordonali, ovvero che quello di Limbiate è sicuramente una struttura di primo livello: bella, accogliente, nuova e pulita.

Molto lontana dalla drammatica situazione che si vive nelle tendopoli di Agrate o in quelle di Bresso.

Conosco bene questi spazi di Mombello, visto che sono stati i miei uffici per 4 anni dal 2010 al 2014, vederli trasformati in un dormitorio ammetto che mi fa un certo effetto. Gli spazi interni sono di recentissimo allestimento, inaugurati dalla Provincia appena qualche anno fa, nel 2010 per la precisione, e una volta adibiti ad ospitare i settori agricoltura, ambiente, caccia e pesca, turismo e sport.

[su_label type=”success”]Come un ottimo ostello[/su_label]

I vecchi singoli uffici sono stati trasformati in altrettante camere da letto, in cui sono presenti dai 4 ai 6 letti a castello. Non esistono quindi camerate con numerosi letti in promiscuità. Diciamo che è una soluzione alloggiativa simile a molti ostelli in cui qualcuno di voi avrà avuto sicuramente modo di soggiornare. Anzi, in realtà posso dirvi che ho visto molti ostelli o anche pensioni di gran lunga peggiori.

[su_label type=”success”]Lavanderia e ambulatorio[/su_label]

Le presenze sono tutte di sesso maschile, ciò ha permesso di trasformare quelli che erano i vecchi WC femminili nella stanza docce, dove è presente anche l’angolo lavanderia, con una bella lavatrice di grandi dimensioni e un’asciugatrice.

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Esiste anche un piccolo locale adibito ad ambulatorio/infermeria, per la verità migliorabile e non particolarmente attrezzato. Va ricordato che comunque in loco si effettuano semplici visite, niente di approfondito e che eventuali necessità sanitarie ulteriori sono comunque soddisfatte fuori da questo centro.

[su_label type=”success”]dotazione tecnologia ottima: tv e wi-fi[/su_label]

il centro è dotato anche di alcuni servizi tecnologici particolarmente apprezzati dagli ospiti, come la TV e il Wi.Fi.

La TV è chiaramente considerata un elemento indispensabile, tanto che come vedremo più avanti il mancato funzionamento anche per brevissimi periodi è motivo di vibranti proteste.

Gli uffici sono stati dotati anche di una copertura wi-fi, (impianto realizzato ad hoc, visto che gli uffici della Provincia non erano dotati di infrastruttura wi-fi) così che gli ospiti possono usufruire di un collegamento internet permanente utilizzando direttamente i loro smartphone personali. Questo significa per loro: chiamare in maniera autonoma attraverso servizi come Skype e simili, navigare per reperire notizie e informazioni, godere di intrattenimento video e audio direttamente on demand sul loro dispositivo.

Uno dei responsabili mi ha informato che per scelta dei responsabili del centro, il wi-fi viene spento per alcune ore del giorno, per evitare che rimangano tutto il giorno in branda a fare nulla e soprattutto che non facciano le attività di formazione previste. Anche questi brevi black out sono motivo di accalorate proteste.

[su_label type=”success”]cosa mangiano?[/su_label]

il cibo viene preparato all’esterno, messo in conservazione e somministrato nel centro. Gli addetti mettono a disposizione una scelta tra quattro tipologie di menù. I coordinatori si sforzano, come ci hanno riferito, di offrire tipologie di cibi e ricette il più vicino possibile alle abitudini alimentari degli ospiti. Riso, cuscus e pollo sono apprezzatissimi. Il problema, ci fanno notare, è che la cosa non è sempre realizzabile: i nigeriani, per esempio, gradiscono mangiare il pollo fritto, tanto fritto da essere nero carbonizzato. Ricette impossibili da preparare quotidianamente qui da noi. Ecco perché le lamentele sul cibo non mancano mai.

[su_label type=”success”]piccola curiosità[/su_label]

Quello che fu l’ufficio dell’Assessore Fabrizio Sala ( e poi di Martina Sassoli) è oggi trasformato nello spazio mensa, dove vengono serviti i pasti che sono però realizzati all’esterno della struttura e distribuiti quotidianamente per il loro consumo. A fianco della sala mensa, nell’ufficio che era del dirigente settore Ambiente, oggi vi è un piccolo spazio dedicato allo svago, dove mi è sembrato di scorgere quello che fu il divanetto che impreziosiva l’arredamento dell’ufficio a disposizione dell’assessore.

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[su_highlight background=”#f4e427″]Cosa ci hanno detto[/su_highlight]

Ci siamo intrattenuti a lungo con due operatori della RTI di cooperative che gestiscono il centro, con il Presidente Roberto D’Alessio e con il Vice Prefetto Aggiunto Dott.re Diego Dalla Verde. Un colloquio sereno, in cui tutti si sono dimostrati molto disponibili e cordiali con noi.

[su_label type=”success”]i numeri[/su_label]

Ieri nella struttura erano presenti 66 ospiti, nonostante la capienza dichiarata limiterebbe l’ospitalità a poco più di 50 individui. Hanno confermato come in piena emergenza estiva si siano sfiorate le 80 presenze, mai superate.

Gli ospiti sono tutti di sesso maschile, come già ricordato, e tutti molto giovani, alcuni giovanissimi. Mi ha colpito in particolare la loro prestanza fisica e l’apparente ottimo stato di salute. Le due cose mi sono state confermate come caratteristiche normalmente riscontrabili in tutti gli uomini transitati dal centro.

Mi ha stupito, anche perché essendo questo un primo centro di smistamento, è chiamato ad accogliere immigrati giunti in Italia da un tempo relativamente breve. Questo conferma la tesi che solo i più forti riescono a sopravvivere all’infame viaggio organizzato dai trafficanti di uomini. E i più deboli che fine faranno? Ci pensiamo?

[su_label type=”success”]da dove arrivano? Niente siriani[/su_label]

La loro provenienza è quasi esclusivamente del centro Africa: Nigeria, Ghana, Costa d’Avorio, Nuova Guinea e Mali in prevalenza. Aree che non sembrano interessate da particolari conflitti o guerre. Tra questi solo la Nigeria e il Mali subiscono da tempo una crescente attività terroristica da parte di alcuni pericolosi gruppi, tra cui «Boko Haram». Questo elemento, se da una parte potrebbe in qualche modo giustificare una richiesta di protezione, apre però anche ad un secondo risvolto inquietante: quali sono e sono eventualmente calcolati i possibili rischi legati ai collegamenti e contatti che alcuni elementi giunti in Italia potrebbero avere o sviluppare in futuro con organizzazioni terroristiche? Ciò anche in considerazione delle possibilità di collegamento e comunicazione garantite agli ospiti: accesso libero ad internet attraverso il wi-fi. Certamente non siamo però di fronte a provenienze da crisi importanti e conclamate, come l’emergenza siriana.

La Guinea invece è un Paese ancora colpito dall’epidemia di Ebola, tanto che il sito viaggiare sicuri consiglia agli italianidi lasciare se possibile il Paese. A questo proposito va però ricordato che rimane particolarmente difficile che un soggetto affetto da ebola riesca a portare a compimento il lungo viaggio e, nel caso accadesse, sarebbe quasi sicuramente fermato e dirottato verso adeguate strutture direttamente dopo lo sbarco.

Nessuna presenza di siriani è stata registrata in questo centro.

Tutto questo ci porta a credere, con una buona approssimazione, che la maggioranza dei presenti in questa struttura difficilmente potrà vedersi riconosciuta una qualche tipologia di protezione, tantomeno l’asilo politico.

[su_label type=”success”]quanto rimangono qui? E dopo dove vanno?[/su_label]

In questa struttura il tempo di permanenza medio ci è stato indicato in una forbice che va dai 30 ai 48 giorni, quindi tutto sommato un tempo limitato. Il passaggio successivo è quello di trasferirli, per un periodo molto breve, in un residence (come quello di Carnate), dove viene sperimentato una sorta di «inserimento alloggiato». Semplicemente, prima di assegnare loro una delle abitazioni a disposizione della rete di accoglienza, vengono messi alla prova nel residence che rappresenta una via di mezzo tra il centro accoglienza totalmente assistito e l’alloggio in cui vivranno autonomamente. Molto critico, ci hanno segnalato, l’aspetto legato all’abitudine alle pulizie. Anche i giovani africani, per risolverla con una battuta, non hanno tanta voglia di fare i lavori domestici.

Dopo l’inserimento abitativo, tutti gli ospiti di questo centro si vedranno assegnata un’abitazione, tra le tante reperite in Brianza in affitto nel mercato privato, dove attenderanno gli esiti del lunghissimo percorso burocratico. Ciò significa, in media, almeno 18 mesi. In questo periodo rimangono sempre mantenuti e assistiti dalla medesima rete di accoglienza, cambiando solo l’alloggio.

[su_label type=”success”]cosa fanno tutti il giorno?[/su_label]

Noi siamo entrati attorno alle 18.30, uscendo dopo un’ora abbondante. Abbiamo potuto vedere diversi ragazzi che giravano per i corridoi, alcuni stavano sul divano, altri sul letto. Molti naturalmente non era presenti nel centro. Ed è normale, in quanto va ricordato che non sono assolutamente in un regime di tipo detentivo, quindi liberi di circolare quanto e dove vogliono.

Gli operatori delle cooperative ci hanno comunque illustrato una serie di attività in cui si cerca di impegnare queste persone: corsi di lingua italiana (quasi tutti parlano o inglese o francese secondo le ex colonie di provenienza), qualche laboratorio per imparare i rudimenti di attività lavorative e naturalmente qualche attività ludica e di svago.

Il comune di Limbiate ha occupato alcuni richiedenti asilo anche in lavori socialmente utili: potature piante, rasatura erba ecc…

A me risulta però che questa attività sia ora interrotta o comunque limitata, riducendo il tutto, questa la mia impressione, a un semplice «spot» propagandistico.

[su_label type=”success”]richieste, dinieghi, ricorsi ed appelli[/su_label]

La trafila burocratica è lunga e complessa. Chi tra di voi si stia chiedendo come diavolo faccia un ragazzotto del centro africa, che parla solo inglese e francese, a districarsi nei meandri di una burocrazia italiana che disorienta gli stessi cittadini nativi, è presto detto: tutta la procedura è naturalmente seguita dalle cooperative che forniscono preziosa consulenza amministrativa in tal senso.

I richiedenti asilo vengono quindi fotosegnalati all’arrivo e quelli che non scappano prima del fotosegnalamento (e non sono pochi) vengono aiutati nella compilazione delle richieste.

Dopo molti mesi arriva il responso della commissione, che in caso positivo garantisce protezione e permanenza duratura in Italia. In caso di diniego (molto frequente), lo straniero viene aiutato nel fare ricorso alla decisione: il ricorso garantisce immediata sospensione dei termini, ovvero il diritto di continuare a permanere nella rete di accoglienza. Ecco allora che dopo i famosi 18 mesi arriva anche il responso del ricorso. Nel caso il ricorso venga rigettato lo straniero viene aiutato ad inviare legittima istanza di appello al ricorso che ha avuto esito negativo (siamo in Italia, patria degli appelli, contro appelli e ricorsi). In questo caso però, quasi sempre, non è più concessa la sospensiva dei termini e quindi lo straniero viene invitato a lasciare l’alloggio che occupa, in attesa della sentenza di appello. A quel punto in molti casi si perdono le tracce, in altri è sempre la cooperativa a tenere vivo il legame.

[su_label type=”success”]di cosa si lamentano?[/su_label]

Ieri, al termine della visita, l’Assessore Bordonali è stata fermata da alcuni ospiti, che hanno presentato in maniera assai vivace alcune rimostranze. Io ho seguito a distanza la scena, incuriosito dalla foga con cui venivano portata avanti la protesta ho chiesto quali fossero i motivi che agitava il gruppetto.

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La prima lamentela era per il fatto che la TV a loro disposizione fosse guasta e non funzionante da due giorni, la qual cosa evidentemente disturbava parecchio. La seconda problematica è legata al wi-fi, che a detta loro per diverse ore del giorno non è utilizzabile (questa è una scelta dei gestori, i cui motivi gli ho esposti sopra). Infine, immancabile, la lamentela sui pasti: la pasta al pomodoro è poco gradita, il riso sarebbe molto più apprezzato.

[su_highlight background=”#f4e427″]Ordine pubblico e sicurezza[/su_highlight]

Uno degli aspetti più caldi e delicati legati a questo tipo di centri è sicuramente la sicurezza. Qui non dobbiamo limitarci a quello che ci dicono statistiche e resoconti ufficiali. La sicurezza influenza gli stati d’animo della gente, è quasi un sentimento che determina il benessere o meno degli individui. Per questo motivo non mi sono limitato ai dati e alle notizie della Prefettura. Ho ascoltato anche la gente.

[su_label type=”success”]la testimonianza della Prefettura[/su_label]

Come già ricordato le persone presenti nel centro non vivono in regime detentivo, ciò significa che sono libere di circolare dentro e fuori dalla struttura. Il Vice Prefetto Dalla Verde ci ha rassicurato che a Limbiate, per fortuna, non si è mai registrato fino ad ora nessun evento particolarmente grave legato alla sicurezza. Gli ospiti sono stati protagonisti solo di qualche «scazzottata», tutto sommato abbastanza normale trattandosi di giovani ragazzi corpulenti. Gli «espulsi» dal centro sono stati fino ad ora solo due, uno per motivo legati allo spaccio di sostanze stupefacenti e uno che si è reso protagonista di un episodio di danneggiamento ai danni di un’ambulanza.

[su_label type=”success”]la voce dei residenti[/su_label]

Prima di recarmi all’interno della struttura ho voluto scambiare qualche parola con alcuni residenti, soprattutto per capire quale siano le difficoltà legate alla convivenza con la struttura denunciate da chi ci abita attorno. La diffidenza e le paure, come normale che sia, non sono poche. Alcuni abitanti confermano il continuo via vai che però a detta loro non interesserebbe solo e soltanto gli ospiti della struttura. Qualcuno mi ha riferito, naturalmente sono fatti che non ho potuto verificare, di aver parlato con alcune persone provenienti dalla provincia di Bergamo e regolarmente soggiornanti in italia da anni, queste sostenevano di essersi recati in «visita» al centro, dove era alloggiato un loro parente. Altri sostengono di aver «intercettato» alcuni ospiti in uscita serale che in realtà risiederebbero in comuni limitrofi a Limbiate. Questi fatti sarebbero di per sé insignificanti, ma testimoniano come ci sia la necessità di vigilare il più possibile ingressi e uscite dalla struttura. Le visite parenti non ci preoccupano, naturalmente; quello che ci preoccupa è che in qualità di «parenti» o «amici» potrebbe entrare chiunque. Altri si lamentano della continua presenza, anche di sera, di capannelli di persone che girano e gironzolano per le strade, apparentemente senza meta e senza motivo.

Poi, ma è difficile (anzi impossibile) capire se chi lo denuncia abbia ragione, alcuni hanno notato l’aumento di presunte attività illegali. Avranno ragione? O sono solo sensazioni? E anche nel caso avessero ragione, rimane altrettanto impossibile sostenere con certezza che tutto questo sia dovuto all’insediamento del centro. Mi limito, come credo comunque doveroso, a registrare ciò di cui alcuni cittadini si dicono sicuri.

Ma in tutti la reazione più forte è legata al profondo senso di ingiustizia che nasce dal vedere come lo Stato sia pronto, efficiente e generoso con queste persone, lo stesso Stato che ogni giorno è incapace di dare risposte ai propri cittadini in difficoltà. Questo è per tutti intollerabile.

[su_label type=”success”]anche i profughi non sono di legno?[/su_label]

Per finire, tra il serio e il faceto, tra la storia e la leggenda, c’è pure la questione legata alle presunte esigenze dell’uomo che si sa, non è certo di legno.

Un cittadino mi ha fatto avere questa immagine che riporto qui sotto; a detta sua immortalerebbe l’ingresso di una signorina dell’est dai costumi «allegri» accompagnata da un cittadino straniero ospite del centro.

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Leggenda? Verità? Bufala? Anche qui impossibile dirlo.

Possiamo solo limitarci a descrivere quello che vediamo: l’ingresso è effettivamente uno degli accessi al centro (quello posteriore), l’uomo è sicuramente di colore e la donna apparentemente di razza caucasica. Tutto il resto è consegnato al mistero, o alla fantasia a seconda dei punti di vista.

[su_highlight background=”#f4e427″]Quindi, cosa ne penso io?[/su_highlight]

Dopo questo lungo reportage, dove ho cercato di limitarmi alla semplice cronaca e descrizione di ciò che ho visto, alcuni tra i più pazienti tra di voi che giunti fin qua, si chiederanno quale sia la mia opinione. Cosa ne penso insomma?

La prima reazione che ho avuto una volta terminata la visita è stata quella di interrogarmi su un punto: ma qual è il senso di tutto questo?

Una struttura di recentissima realizzazione, bella, funzionale, pronta per essere messa a disposizione della società civile, viene sacrificata dalla Provincia per trasformarla in un ostello dove ospitare alcuni ragazzotti africani. Questi staranno per 18 mesi in una specie di vacanza, coccolati, con qualche comfort e tante attenzioni. Poi per molti di loro si riapriranno le porte e via, verso un’altra destinazione in clandestinità oppure un improbabile ritorno a casa. E cosa è servito tutto questo? A quale logica risponde l’idea di allestire una costosissima rete di ospitalità per gente che non scappa dalle guerre, che non sta particolarmente male e che in fondo non vuole nemmeno starci in Italia? Che senso ha? Per me nessuno.

Non abbiamo così smosso di un millimetro i problemi che affliggono i Paesi d’origine di questi ragazzi, peggio abbiamo sperperato una montagna di denaro che poteva essere meglio utilizzato.

Non vorrei sembrare cinico, ma io a Limbiate non ho visto sofferenza. Non ho percepito quella stessa sofferenza che tante volte mi è capitato di trovare e riconoscere nel nostro palazzo municipale, quando un padre di famiglia ti si attacca al collo piangendo dicendo che ha pensato magari di farla finita, tale è la disperazione. E tu che cerchi di farlo lavorare, aiutandolo attraverso i voucher lavoro (per fare un esempio), scopri che magari non puoi farlo perché lo Stato italiano (lo stesso che amorevolmente aiuta questi ragazzi) ti pone un limite, un tetto di spesa, anche se il comune di soldi propri ne ha, e avrebbe la possibilità di aiutare quel padre di famiglia.

Cosa possiamo pensare allora? Che tutto questo abbia un senso? No mi spiace.

Non ho visto gente con il terrore negli occhi, non ho percepito la tragedia entrando in quel centro. Potrei essermi sbagliato, è vero. Un’impressione conta come tale, e potrebbe ingannarti. Ma oggi mi ritrovo a scrivere questo, e lo faccio con la stessa onestà intellettuale con cui ho scritto per filo e per segno ciò che ho visto là dentro.

Ho visto questi ragazzi arrabbiarsi per la Tv e il wi-fi, ma non voglio indignarmi per questo. Vi dico anzi che lo trovo assai normale: sono dei giovani ragazzi, forti, in salute che come dei normali ragazzi di 18-20 anni danno importanza a cose che in talune situazioni, importanti non lo dovrebbero essere. Non mi ha sorpreso la loro protesta per il cibo, perché tutti, sempre si lamentano del cibo; dalla mensa della scuola a quella del villaggio vacanza. E forse proprio questo sta a significare che là dentro c’è qualcosa che è molto più simile alla normalità che alla tragedia.

Dopo la visita penso questo: che in fondo ci stanno un po’ prendendo in giro, che forse davvero stiamo sbagliando tutto e che dovremmo interrogarci al di la delle nostre rispettive posizioni, per quanto granitiche e irremovibili possano apparire.

3 risposte a “Sono entrato in un centro profughi. Ecco cosa ho visto”

  1. Un sentito ringraziamento per il suo esaustivo reportage, che purtroppo conferma l’iniquità del trattamento riservato agli Italiani senza lavoro rispetto ai cosi detti “profughi”, e parlo per esperienza in quanto sono anni che mio fratello non ha che porte in faccia da parte delle istituzioni, al punto che il comune di Bresso gli ha chiaramente ed inequivocabilmente confermato la totale mancanza di attenzione per situazioni inerenti i disagi e le indigenze di molti concittadini rispetto a immigrati clandestini, ex detenuti ed ex tossicodipendenti. Io non sono mai sto per l’apatia nei confronti di chi soffre la mancanza di lavoro, quella vera che consuma psico-fisicamente, ma questa discriminazione che tanto penalizza solo gli Italiani è davvero dura da digerire, lede i diritti che ci descrivono tutti uguali e uccide i più deboli.

  2. rispedirli indietro a calci nel sedere appena sbarcano. Questa è l’unica cosa che andava fatta.
    Ma invece i politici, compresa la Lega, sono impegnati nei loro tornaconti personali

    1. Mi spiace Ronnie, ma sei male informato. Quando la Lega era al governo si effettuavano addirittura i respingimenti in mare. Ora l’Italia è governata da Renzi.