Referendum in Cataluña. Dopo il muro di Berlino, cadrà il muro di Bruxelles

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Chi si ricorda oggi di Erich Honecker? Pochi. Fu protagonista di una delle più grandi gaffe della storia moderna; era il 19 gennaio di uno sconvolgente 1989, l’allora leader della DDR profetizzò: “Il Muro di Berlino? Esisterà ancora tra 50 anni, e anche tra 100 anni”. Da lì a pochi mesi il muro che per decenni divise una città, un popolo e l’Europa intera, crollò sotto la spinta di un moto di cambiamento popolare.

Chissà se Mariano Rajoy, Primo Ministro Spagnolo, si ricorderà di questa magra figura del povero Honecker. Probabilmente no, e probabilmente non deve averci proprio pensato quando ieri, altrettanto baldanzosamente, ha avuto modo di pronunciare, davanti al Presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, queste sprezzanti parole in merito alla decisione del Governo Catalano di indire un referendum per l’indipendenza il prossimo 9 novembre 2014:

 

“Voglio dire loro con molta chiarezza che non si terrà, è incostituzionale e non si terrà”

 

Quando la storia mette in moto grandi processi di cambiamento, come accadde per la caduta del blocco sovietico, difficilmente saranno dei grigi burocrati o peggio qualche Primo Ministro, già indebolito e screditato, a poterli fermare. Dopo la Scozia, che ha già fissato la data per il referendum sull’indipendenza, adesso anche la Catalogna fissa la data per la consultazione popolare. Richieste di consultazioni analoghe iniziano a maturare anche nella paludata italietta; i Sud Tirolesi con Eva Klotz, i Veneti con l’approvazione il 28 novembre 2012 della risoluzione nr. 44, a cui si è accodata già la Lombardia, dove un comitato (Color44) è al lavoro da tempo. Diversi Comuni e Province Lombarde hanno già approvato una mozione in tal senso, anche il Consiglio Provinciale di Monza e Brianza la discute proprio in queste settimane. Cosa sta succedendo? Probabilmente sono i primi, attesi e prevedibili segnali, l’Unione Europea disegnata sui vecchi confini degli Stati Nazione inizia forse a scricchiolare? C’è da sperarlo.

Il muro di Berlino cadde perché a fallire fu l’intero blocco sovietico, incapace di resistere ai cambiamenti del mondo, incapace a garantire benessere, prosperità e felicità ai proprio cittadini. Questi, in fondo, sono i bisogni minimi, irrinunciabili e non negoziabili, che ogni sistema statuale è chiamato a soddisfare. Questa Europa, con il suo muro invisibile fatto di trattati inflessibili, regole bizantine, austerità fine a se stessa, ha fallito nei suoi compiti. E’ l’Europa di questi Stati Nazionali, in realtà artificiali, quindi, prima ancora dell’Euro, ad aver fallito e che sarà costretta a lasciare il passo.

La Lega Nord anche qui fu avanguardia in tal senso; Umberto Bossi già decenni fa preconizzava questa crisi, individuando fin da subito i limiti di un tentativo di unione basato solo sull’economia, sulla moneta e sul libero scambio delle merci. “Gli uomini non sono bistecche”, amava ricordare spesso Bossi, a semplificare il concetto secondo cui sarebbe stato sbagliato ridurre tutto al solo aspetto economico e finanziario.

Questa è la grande battaglia per il nostro futuro, lottare perché cada finalmente il muro di Bruxelles, che non significa fare la guerra all’Europa, non significa nemmeno pretendere meno Europa, tutt’altro; significa auspicare la nascita di un’Europa diversa, figlia dell’Unione dei tanti popoli europei, superando il concetto stesso degli Stati nazionali. Semplificando il concetto; tra Bruxelles, Roma e Milano quella di troppo è Roma. A cosa ci serve? Cosa ci sta a fare un Parlamento fatto di una pletora di persone che già oggi non possono decidere niente e schiacciano un bottone sotto il comando delle rigide regole che arrivano dall’Europa? Si liberino, al contrario, le energie dei singoli territori, dei singoli popoli, per anni represse e schiacciate da confini e governi figli di vecchie logiche, legate ad una stagione passata, morta e sepolta, quella appunto degli Stati nazionali. Aspettando un nuovo 1989 continuiamo a lottare per la nostra libertà.