Referendum, smontiamo 5 bufale

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Mancano pochi giorni, concentriamoci a smontare le false accuse dei detrattori del Referendum per l’autonomia

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Siamo agli sgoccioli di questa campagna referendaria. Pochi sono i giorni che ci dividono da questo grande appuntamento. In questo ultimo mese, come tutte le campagne elettorali che si rispettino, ne abbiamo sentite di tutti i colori. Nonostante lo scontro politico non abbia raggiunto livelli degni di nota, con i media nazionali che hanno volutamente messo un po’ la sordina al dibattito, sul territorio lombardo i detrattori si sono scatenati. E’ abbastanza paradossale, almeno per chi vi parla, constatare come politici, sindaci e anche semplici cittadini lombardi, arrivino a disprezzare un referendum che ha come obiettivo raggiungere maggiore autonomia per la propria terra. Ma si sa, il mondo è bello perché è vario (talvolta appare avariato) , e come diceva Charles Bukowski «La gente è il più grande spettacolo del mondo. E non si paga il biglietto».

Ecco allora che ho pensato, nella piccola finestra del mio blog, di rispondere, punto per punto, ad alcune tra le più strampalate e ricorrenti accuse rivolte al referendum promosso da Regione Lombardia.

 

  1. COSTA TROPPI SOLDI

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Questa è la prima e la più ricorrente accusa. Direi anche la più scontata, banale e però ridicola. Si dice: «il referendum costa troppi soldi, con quesi soldi si poteva fare altro. In realtà si tratta di circa 50 milioni di euro: con questi soldi Regione ha acquistato 24.000 «vote machine» (i famosi «tablet»), investendo quindi in una infrastruttura che rimarrà a disposizione delle scuole e che garantirà in futuro altre facili consultazioni con il sistema del voto elettronico. Poi ha pagato la necessaria campagna di informazione, e in più fornirà tecnici a supporto degli 8.000 seggi attivi. Infine, sosterrà tutti i costi amministrativi di gestione dei comuni. Totale: circa 50 milioni di euro. Una tantum. Direi che rapportati ai 54miliardi di euro che ogni anno ci rapina Roma, sono niente. Ma qui entra in gioco il famoso e abusato «benaltrismo». Questo atteggiamento comincia a diventare peloso e subdolo quando si trascinano nella polemica, volutamente e a sproposito, categorie più deboli, come i disabili, gli anziani o i minori. E direi che diventa ridicolo e scandaloso quando a portare avanti questa tesi sono, per esempio, dei Consiglieri Regionali di opposizione. Ovvero quelli che ci costano ogni mese un bel po’ di quattrini e che mai, ci mancherebbe, hanno ravvisato la possibilità che anche il loro lauto stipendio potesse essere utilizzato per disabili, anziani e minori. In realtà credo che tra tutti i soldi impegnati dagli enti pubblici, e sono parecchi, quelli spesi per dare la possibilità di coinvolgere l’elettorato, quindi di responsabilizzarlo e di renderlo partecipe del processo decisionale, siano i soldi meglio spesi. Siamo noi che paghiamo e noi volgiamo essere protagonisti. Lo pretendiamo, e con i Referendum lo siamo. Chi non vuole farci votare, vuole escluderci, non vuole coinvolgerci nel processo democratico. Ci crede magari dei babbei o forse ha paura di erudire troppo il corpo elettorale, che si potrebbe poi ribellare?

  1. È INUTILE, SI POTEVA EVITARE

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A braccetto con l’accusa cretina del «costare troppo», ci va sempre quella di essere inutile. Referendum inutile perché consultivo, e inutile perché si poteva richiedere autonomia senza il referendum.

È inutile?
Andiamo con ordine. Sostenere che sia inutile e irrilevante la consultazione che coinvolge milioni di elettori e cittadini, è ridicolo. Anzi, direi che è pure insultante. Quale politico penserebbe di non tenere conto, in un sistema democratico (si, dovremmo ancora essere in democrazia) di ciò che pensano milioni di elettori? Solo un pazzo o un cretino, certo un irresponsabile, potrebbe pensare di ignorarlo. Infatti, anche la storia recente lo dimostra, i referendum possono essere rivoluzionari anche se consultivo. Cioè senza un immediato e automatico risvolto legalmente valido. È il caso della «Brexit». Si chiedeva cosa volesse il popolo. Il popolo ha risposto e dei politici responsabili hanno agito di conseguenza. Nonostante la natura consultiva del referendum. Quindi, chi sostiene questo, ha forse intenzione di non tenere conto del parere di milioni di cittadini? Credete che i cittadini e ciò che pensano non valgano niente?

Si poteva evitare?
Questa è una delle accuse più spassose. Si sostiene: il referendum non era necessario, si poteva chiedere a Roma di assegnarci più competenze, come previsto dall’art. 116 della Costituzione, quindi senza organizzare il referendum. È la più spassosa, perché qualcuno vorrebbe farci credere che basterebbe chiedere di togliere competenze a Roma per trasferirle in Lombardia, e questa sarà ben felice di farlo. E ci vorrebbero far credere che nessuno, tra Lombardia e Veneto, ci abbia mai pensato di farlo! Naturalmente non è così. Dal 011 ad oggi sono stati diverse le Regioni che hanno attivato la richiesta di gestire più competenze, in base al citato art. 116 della Costituzione. Lombardia e Veneto comprese, il Piemonte l’ha fatto addirittura due volte. Risultato? Roma ha sempre sbattuto la porta in faccia. Perché? Ma chiaramente perché sarebbe una rivoluzione copernicana, un cambiamento epocale, e come tutti i cambiamenti non si ottiene facilmente. Proprio per questo è essenziale muovere la politica, i cittadini, la forza dell’opinione pubblica che dia la sveglia a Roma e dica: siamo milioni, siamo in tanti, siamo incazzati, non puoi ignorarci.

  1. È SOLO PROPAGANDA PER LA LEGA

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Un referendum costoso, inutile e di conseguenza i trittico si conclude con la scontata accusa di essere solo propaganda della Lega. Qui non si capisce bene dove si voglia arrivare con questa accusa. Mi spiego. Se anche la Lega pensasse di ottenere consenso nel portare avanti questa battaglia per la Lombardia, cosa ci sarebbe di così «strano»? È normale che na forza politica cerchi di raggiungere ciò che crede essere il bene per la propria gente, e di conseguenza, avendo soddisfatto le istanze degli elettori, si aspetti poi anche la relativa gratificazione.
Qui il punto è capire perché alcune forze politiche sono contrarie? Perché, se il referendum porterà successo elettorale come dicono, non si prodigano anche loro nello spartirsi questo «presunto» dividendo elettorale? Il referendum è u no strumento di tutti, darci contro a prescindere, volendolo intestare all’avversario non ha senso, ed è un po’ stupido. Qui si rivela la pochezza di una parte di classe politica, che per fortuna è largamente minoritaria in Lombardia. Non si ha lo spessore per affrontare insieme, uniti, questo importante e decisivo tema per il futuro della Lombardia.

  1. È INGIUSTO PERCHÈ TOGLIERÀ RISORSE ALLO STATO E AD ALTRE REGIONI

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È innegabile che questo referendum è promosso e sostenuto da una forza politica che, nel corso degli anni e con svariate sfumature, ha sempre sostenuto con forza il tema del diritto dei lombardi e dei padani ad essere autonomi e addirittura indipendenti. Quindi è scontato che il referendum misurerà anche il livello di gradimento perlomeno delle istanze genericamente autonomiste, comunque largamente presenti in realtà come il Veneto e la Lombardia e che vanno oltre l’elettorato della Lega Nord.
Detto questo, il processo che sarà attivato in base all’art. 116 della Costituzione, lungi dal mettere in difficoltà lo Stato italiano, paradossalmente potrà dare sollievo e beneficio a tutti. Come? Mi spiego. La Lombardia ( e anche il Veneto) chiedono di poter gestire in totale autonomia le 23 materie citare dall’articolo 117 comma 3 ( e tre del comma 2) della costituzione, che sono queste:

1) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa (limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace)

2) norme generali sull’istruzione

3) tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali

4) rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni;

5) commercio con l’estero;

6) tutela e sicurezza del lavoro;

7) istruzione (salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale;)

8) professioni;

9) ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi;

10) tutela della salute;

11) alimentazione;

12) ordinamento sportivo;

13) protezione civile;

14) governo del territorio;

15) porti e aeroporti civili;

16) grandi reti di trasporto e di navigazione;

17) ordinamento della comunicazione;

18) produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia;

19) previdenza complementare e integrativa;

20) coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario;

21) valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali;

22) casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale;

23) enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale

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Oggi queste materie sono gestite quasi interamente dallo Stato, con livelli di efficienza e qualità molto scarsi. Significa che ogni funzione gestita dallo Stato ci costa di più e ha una modesta qualità. La Regione Lombardia, da uno studio di Union Camere Veneto, ha il miglior indice di virtuosità in Italia. Questo determinerebbe una cosa molto semplice: più cose facciamo fare alla Lombardia, togliendole allo Stato, meno ci costerebbero. Lo Stato ci guadagnerebbe se concedesse più autonomia alla Lombardia (e pure al Veneto e all’Emilia), e inizierebbe a ristabilire un rapporto più equo e meritocratico tra le Regioni. Chi punta il dito contro il presunto egoismo dei Lombardi non ha capito nulla. Il referendum fa bene a tutti, anche allo Stato e quindi a tutte le altre regioni. Chi, ostinatamente, continua a voler togliere competenze alle regioni, o mortificarne le sacrosante aspettative di autonomia, non fa altro che sprecare risorse e toglierle a tutte le altre. Semplice come bere un bicchiere d’acqua.

  1. IL QUESITO NON CHIEDE L’AUTONOMIA E LO STATUTO SPECIALE

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Il quesito, che ha dovuto passare il vaglio della Corte, è stato scritto naturalmente per essere conforme alla Costituzione. Le Regioni a Statuto Speciale si creano solo modificando la Costituzione, per questo il Referendum non ne fa menzione. Si città però la specialità della Lombardia. Va anche detto però, cosa che pochi ricordano, che se lo Stato concedesse tutte le 23 materie alla Lombardia, questa avrebbe le stesse materie delegate del Friuli Venezia Giulia, regione che è a Statuto Speciale. A quel punto come potrebbe essere trattata la Lombardia, se non di fatto come una Regione a Statuto Speciale?