Scrivere dopo essersi fatti una Per(in)a di centralismo

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Flavia Perina firma uno scellerato e strampalato attacco all’unica dimensione amministrativa in cui la politica italiana non ha (nonostante Roma) completamente fallito: i nostri municipi. 

centralismo

Flavia Perina si può definire una fascista o ex, «una fascista così» per dirla alla Mario Brega. Lo è stata anche nella fine politica ingloriosa, vissuta tra le fila del morente partito di Fini-to, Futuro e libertà. È figlia di uno dei fondatori del MSI, una che si è fatta pure qualche giorno di galera (da innocente) negli anni in cui tra fasci e rossi si faceva sul serio, tra bombe e pistolettate. Non stupisce, dunque, che sia ancora inebriata dal fascino del centralismo, forse nel «bel» ricordo di quando il fascio littorio tutto comandava e disponeva. Orfana della figura rimpianta del Podestà, colui che comandavano così bene, senza l’intralcio e l’impiccio di dover essere votato da qualcuno. Il Governo, dalle chiuse stanze romane, sceglieva e nominava tutti i sindaci della penisola, da Bolzano a Palermo, impipandosi della volontà popolare. Bei tempi, forse, per Flavia Perina, che ancora nel 2017 non digerisce proprio il fatto che Roma non possa schiacciare e comandare, dalle stanze di Palazzo Chigi, ogni centimetro del territorio italico. Sono rigurgiti del centralismo, di cui ne avevo già segnalato traccia qui, che tornano con rinnovata spocchia grazie all’ingiustificata vergogna in cui pare debbano essere castigati gli autonomisti e i federalisti. Ecco allora che la Perina si esibisce in questo articolo psichedelico, pubblicato oggi su Linkiesta.

Tutto nasce dall’analisi del numero di enti locali in pre dissesto, oltre a quelli già dichiarati tali. Ci ricorda infatti la Perina che:

Sono 146 gli enti locali in pre-dissesto, 84 quelli in dissesto vero e proprio (praticamente falliti)

Il dato è esatto e incontestabile, quello che manda però fuori bussola la vecchia camicia nera è un piccolo particolare, non conosciuto, oppure sfuggito per distrazione: «enti locali» non significa solo i comuni, bensì anche province, per esempio. E guarda caso, facciamo sapere alla Perina, sono proprio le Province italiane quelle costrette ad una situazione di pre dissesto per decisione del Governo centrale. E per quasi tutte non si tratta di una questione di «tagli» ai trasferimenti, piuttosto di prelievi enormi ed ingiustificati di risorse proprie di queste province. In italiano questo si chiama «saccheggio», parente stretto del furto. E le province in Italia sono 93, a cui si aggiungono 14 città metropolitane, che stanno messe tale quali le province. Facile avvicinarsi al totale di 146. Ecco che tutto il perinapensiero, quello secondo cui l’esperienza amministrativa dei comuni sarebbe un fallimento politico, parte da un assunto praticamente falso. Di questi 146 enti locali, la gran parte sono province, peraltro messe in pre dissesto a causa dello Stato.

Ma la camicia bruna nostrana para il colpo in anticipo, perché secondo la sua logica, quella da grande impero de noiartri, ogni gemma e ogni goccia d’acqua prodotta su suolo italico è per definizione proprietà di Roma, che ne può disporre a piacimento. Solo lei, la grande città eterna a cui tutti dobbiamo obbedienza, potrà semmai per somma bontà concederne una piccola parte a noi sudditi felici. E se qualcuno osa lamentarsi? Arriva l’etichetta di politicanti abili nello scaricabarile. Eccola:

Questa categoria gode di simpatie sconosciute al resto della politica, un po’ perché eletta direttamente dal popolo, un po’ perché talmente abile nel gioco dello scaricabarile – la colpa è sempre di qualcun altro – da aver resistito assai bene all’offensiva contro le caste che ha messo in ginocchio le classi dirigenti nazionali.

Notare come questa roba dell’essere «eletti direttamente dal popolo» propio non va giù alla signora, che forse avendo poggiato per anni il suo culo al caldo delle seggioline parlamentari, nulla sa di cosa voglia dire amministrare un comune in questa sgangherata italia. Perché non basta più spostare quattro aerei di cartone, come faceva Lui, per far vedere che tutto va bene e che siamo una «grande potenza».

Èd è veramente ridicolo pensare come qualcuno possa criticare l’unica dimensione amministrative dove la politica, con mille difficoltà, riesce ancora a dare delle risposte ai cittadini. E per inciso, cara Perina, è questo il motivo per cui i sindaci sono ancora apprezzati, proprio perché nonostante tutto, nonostante Roma, il Parlamento e politicanti che la pensano come lei, riescono ancora a svolgere la funzione naturale che dovrebbe compiere la politica: risolvere i problemi della gente. Poche chiacchiere e fare le cose. Questa è la buona politica.

Il marcio, lo spreco, la cloaca a cielo aperto di questa Italia rimane sempre e soltanto una: Roma. Sapete a quanto ammonta il debito pubblico italiano? La cifra non si riesce nemmeno a leggere, a gennaio 2017 era di 2.250.352.000.000€ (fonte).

Di questa cifra mostruosa, ben oltre la soglia dei duemila miliardi di euro, sapete quanto è «responsabilità» dei comuni? Al 2017 sono poco più di 88 miliardi di euro, che sono normalmente ripagati, precisamente 88.538.000.000€. Piccolo particolare: lo stock del debito dei comuni italiani è in costante discesa, cioè il debito dei comuni si sta restringendo. Al contrario del debito italiano, quello continua inesorabilmente a crescere.

Pensate se si avverasse il sogno della Perina, quello di uniformare a tutta la penisola il «buon governo» romano. Dio ce ne scampi, anche ai nostri debitori.