Perché sto con la Catalogna

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Non esiste altra soluzione dell’opzione democratica. E’ il tempo del coraggio, di tutti. Invito i Sindaci ad approvare una mozione per chiedere la concessione del referendum riconosciuto

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EPA/QUIQUE GARCIA

«All’Islanda, che osò quando gli altri stavano in silenzio.». Così è scritto su un monumento, costruito con il pietrisco delle barricate anti sovietiche, eretto nella capitale Lituana. Il merito va a Jón Baldvin Hannibalsson, che da ministro degli esteri portò l’Islanda, prima tra tutti gli stati, a riconoscere l’Indipendenza dell’Estonia, Lettonia, Lituania e Croazia. Non deve stupire dunque oggi il silenzio dell’Europa, con i sei stati fondatori silenti davanti alle richieste catalane. Nulla di nuovo. Tuttavia pensare di rimanere fedeli alla dottrina Prodi, ovvero la convenzione secondo cui una regione che si separa illegalmente da uno stato membro debba avviare obbligatoriamente una procedura di nuova adesione, potrebbe essere la peggiore delle soluzioni. Oggi sembra ai più l’unica percorribile, soprattutto perché permetterebbe di stare coperti dietro al solido schema di una UE costruita dall’insieme delle vecchie cancellerie continentali, con i tradizionali e immutati confini figli del secondo conflitto mondiale. Se c’è però un punto in cui quasi tutti gli analisti europei e internazionali concordano, dall’Economist al The Scotsman, passando per Le Monde, è che questa rigidità di Madrid rispetto alle richieste catalane non farà altro che favorire i secessionisti. E si spingono oltre, ricordando che questa regola, con le dovute differenze e limiti, varrà per tutte le regioni europee che chiedono maggiore autonomia, Lombardia e Veneto comprese. Se in Spagna siamo giunti a questo punto, va ricordato, molta responsabilità deriva dalla decisione di affondare lo Statuto Catalano nel 2006. Cosa potrà sperare di ottenere ora Madrid, dopo la cancellazione dell’autonomia con l’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione? Come può pensare di togliere ossigeno alla fiamma indipendentista incarcerando per motivi politici tutto il governo democraticamente eletto? Pensa davvero che alle prossime elezioni anticipate, fissate per il 21 dicembre, si esaurisca un’onda che negli ultimi anni non ha fatto altro che montare impetuosamente? Non è la repressione, il carcere, il manganello o la rigidità delle leggi la soluzione. La via d’uscita è la libertà, scelta o rifiutata attraverso l’opzione referendaria. Si dirà che la Costituzione non lo permette? Si cambi la costituzione. Si dirà che la dottrina Prodi caccerebbe fuori dalla UE la Catalogna? Si cambi la dottrina Prodi, che non ha nessuna particolare base giuridica, nel caso il referendum avesse successo. Questa sarebbe la strada maestra dettata dal coraggio, il resto sono pasticci, utili a posticipare un collasso, quello dello stato-nazione, che è comunque prossimo ad avverarsi. Sarebbe meglio guidarlo, arginarlo con un crollo manovrato. Ne sono convinto, l’Europa del futuro sarà un’Europa di popoli liberi, che liberamente decideranno di devolvere qualche potere al governo europeo, organizzandosi poi come meglio credono in omogenee macroregioni. Il processo potrà essere lungo, anche lunghissimo, soprattutto perché a differenza di altre situazioni, come i nuovi stati baltici o la crisi balcanica, l’opzione della violenza e della forza non è auspicata né auspicabile dai popoli europei. In Catalogna si tenta di compiere una rivoluzione senza sparare un petardo, senza far volare un ceffone. E anche questo, se permettete, è qualcosa di nuovo e straordinario.

Poi c’è chi non capisce, o proprio non vuole capire.

Qui non si tratta di scegliere tra l’egoismo e il nazionalismo, piuttosto ci si divide tra chi guarda al futuro, ad una nuova Europa, e chi ancora rimane abbarbicato ai vecchi nazionalismi del ‘900. Acqua passata. Ecco perché io sto con la Catalogna. Insieme a tanti altri. E non c’entrano i pugni chiuso o i bracci tesi, non importano. Ogni realtà politica locale è influenzata dalle differenze storiche, sociali ed economiche che possono aver caratterizzato in maniera diversa l’impronta ideologica. Non importa, sono piani diversi, in questo caso le differenze ideologiche stanno al piano di sotto. Nel senso di inferiore.

Per questo ho deciso di condividere un appello, una mozione che invito tutti i Sindaci ad approvare nei loro Consigli Comunali, per invitare il Governo Italiano e la Presidenza della Repubblica a farmi promotori, in seno all’Unione Europea, di una richiesta di indizione di un referendum ufficialmente riconosciuto per decidere l’indipendenza della Catalogna.

Qui trovate il testo.

Mozione appello per il referendum