Ora è legge: la bigamia (tra gay) non sarà reato

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La bigamia non sarà reato penale: errore grossolano oppure un disegno lucido per scardinare la società? 

cirinnà

Cosa accade ad uno Stato che scende così in basso da elevare a ruolo di riformatore uno come l’on. Scalfarotto? Quel gaio esponente PD che era convinto di aver abolito i consigli provinciali nell’ottobre 2014, proprio nei giorni in cui si rinnovavano i Consigli Provinciali di mezza Italia? Nulla di buono, come potete facilmente immaginare. Se poi in coppia a Scalfarotto ci metti la Cirinnà, il disastro legislativo è praticamente assicurato. Ed infatti, più puntuale della primavera che qui al nord stenta ad arrivare, oggi la coppia Renzi/Boschi ha posto la fiducia alla Camera, costringendo a votare si a questo obbrobrio legislativo: la famosa “legge Cirinnà”.

Il testo non si tocca, grossolani errori compresi. Quindi da oggi in avanti, come ho già ampiamente spiegato qui, due giovani fidanzatini che andranno a convivere, senza che siano obbligati a produrre uno straccio di dichiarazione, né tantomeno informati, saranno chiamati a corrispondere alimenti e sostentamento alla fidanzatina mollata, magari dopo qualche mese o anno. Pagando avvocati e parcelle varie. Una roba immonda. Da medioevo civile. Ma c’è di peggio. Come fa notare oggi Gian Luigi Gatta, Professore di Diritto penale nell’Università degli Studi di Milano, la mancata completa equiparazione tra matrimonio ed unioni civili, produce mostruosi effetti sul diritto penale. Tutto è frutto della codardia del Partito Democratico, che non avendo il coraggio di parlare apertamente di matrimonio omosessuale (ciò che poi effettivamente introduce la Cirinnà), ha istituito queste unioni civili, cercando poi di equipararle con questa formula ambigua, compresa nell’art. 1, co. 20:

Al solo fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole “coniuge”, “coniugi” o termini equivalenti, ovunque ricorrano nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso.

Questa limitazione della comparazione tra unioni civili e matrimonio, a prima vista di buon senso, crea pirotecnici pasticci e ambiguità. Vi rimando alla lettura del testo del professor Gatta, completo ed esaustivo, limitandomi qui a sottolineare l’effetto più pericoloso: la bigamia tra omosessuali non sarà un reato penale. Evviva, questa sì che è una conquista di civiltà! Solo gay e lesbiche però, potranno contrarre unioni multiple senza correre il rischio di sanzioni penali, come continuerà invece ad avvenire tra gli eterosessuali. Lo spiega bene il professore:

Bigamia (art. 556 c.p.). Tra le disposizioni penalistiche che si riferiscono al “matrimonio” figura anzitutto l’art. 556 c.p. che punisce il fatto di chiunque, essendo legato da un “matrimonio avente effetti civili” ne contrae un altro, pur avente effetti civili; ovvero il fatto di chi, non essendo coniugato, contrae matrimonio con persona legata da matrimonio avente effetti civili. Domanda: per effetto dell’art. 1, co. 20 del d.d.l. Cirinnà la bigamia sarà configurabile anche in relazione alle unioni civili tra persone dello stesso sesso? La risposta ci sembra debba essere negativa: l’estensione dell’ambito applicativo dell’incriminazione, infatti, non andrebbe nella direzione di un rafforzamento della tutela dei diritti o dell’adempimento degli obblighi nascenti dall’unione civile, come richiede l’art. 1, co. 20 del d.d.l. (salva, forse, l’ipotesi aggravata ex art. 556, co. 2 c.p.: fatto commesso inducendo in errore l’altro nubendo). Senonché, a nostro avviso, sarebbe stato opportuno, nel dibattito che ha accompagnato la Legge Cirinnà, porsi l’interrogativo della sorte dei “delitti contro la famiglia” e, in particolare, di quelli “contro il matrimonio”, compresa la bigamia, che ancora figurano nel Titolo XI del Libro II del codice penale. Con sensibilità meramente civilistica il d.d.l. si limita ad annoverare la sussistenza di un precedente vincolo matrimoniale o di un’unione civile tra persone dello stesso sesso tra le cause che impediscono la costituzione dell’unione stessa. Non si pone però il problema né della rilevanza penale di una ‘bigamia’ tra persone dello stesso sesso, né, a ben vedere, il problema, preliminare, della perdurante ragionevolezza dell’incriminazione della bigamia tra persone unite dal matrimonio; ragionevolezza della quale, a noi pare, dopo l’entrata in vigore della Legge Cirinnà sarà lecito dubitare, alla luce dell’art. 3 Cost.

Forse in fondo era questo il fine ultimo, quello di non limitarsi a distruggere l’idea di matrimonio come base della famiglia naturale, ma arrivare a legittimare legalmente ogni voglia, ogni capriccio, ogni vizio ed ogni perversione. Oggi è davvero una giornata storica per l’Italia, è stata, di fatto, introdotta la bigamia. Complimenti.