Moriremo proporzionali. Purtroppo

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Si ritorna al passato con proporzionale e preferenze. Intanto andiamo dritti verso il baratro, e forse non è nemmeno una cattiva notizia.

proporzionali

E venne il giorno della Consulta: si ritorna al proporzionale. Questa congrega di parrucconi, annovera tra i suoi pure il dottor sottile, alias Giuliano Amato, una vecchia conoscenza di noi poveri cittadini italiani. Diremmo una vecchia volpe, anzi, più una faina, di quelle che ti entrano di notte nel pollaio, compiendo razzie. È quello che si materializzò di notte nei nostri conti correnti e se ne andò prelevando a tutti il sei per mille. Di notte. Da questa gente non poteva venire altro che qualcosa che profumasse di vecchio, anche un po’ di marcio. Dopotutto un ritorno al passato ce lo aspettavamo, ed è puntualmente arrivato. La legge che ci consegna la consulta è di fatto un proporzionale puro, nella misura in cui non è prevista la formazione di coalizioni costituite da più liste diverse e che la soglia per ottenere il premio di maggioranza (che garantirebbe il controllo della Camera) è al 40%. Quota ad oggi difficilmente raggiungibile da una singola lista, anche se va ricordato che il PD c’è riuscito nel recente passato.

Anche al Senato, che non fu oggetto della cura renziana dell’«italicum», visto che doveva scomparire, la Consulta con un’altra sentenza (quella che demoliva il porcellum) aveva già da tempo consegnato una leggere elettorale totalmente proporzionale, senza premio di maggioranza e con le preferenze.

SI RITORNA A PROPORZIONALE E PREFERENZE GIÀ ABOLITE CON REFERENDUM

Si ritorna dunque al proporzionale e alle preferenze. Qualcuno ricorderà che proporzionale e preferenze furono giubilati con due referendum. Quello del 1991 che eliminava le preferenze ritenute strumento delle mafie e quello del 1993 , in cui si eliminava il proporzionale per il Senato.

La gente non voleva e probabilmente non vuole, il proporzionale. Eppure ritorna. La cosa curiosa però, è che probabilmente ritornerà non tanto per colpa della sentenza, non tanto per la voglia di consociativismo della politica italiana, che comunque c’è, ma proprio a causa di quello che vota la «gente».

IL SISTEMA TRIPOLARE INVITA AL PROPORZIONALE

In un sistema di fatto tripolare, in cui ci sono tre blocchi che si dividono pressoché equamente il consenso, è difficile elaborare una qualsiasi legge elettorale che garantisca stabilità. Contando poi che i tre schieramenti si dicono non disposti ad accordarsi tra loro, è chiaro che l’unico strumento che potrebbe obbligarli a farlo è il sistema proporzionale.

Siamo costretti a morire proporzionali, cioè un sistema tipicamente italiano, basato sul compromesso, sulle mezze soluzioni e sull’ingrasso degli ingranaggi. Si perché è scientifico come tutti i sistemi proporzionali, la storia ci dice questo, finiscano per aumentare la spesa pubblica e il conseguente debito. Una scelta azzardata per l’Italia, che vanta il più grande debito pubblico al mondo. Ma cosa volete? L’Italia è un paese di esploratori e di navigatori, di poeti, di suonatori di mandolino e di sognatori. In qualche modo ce la faremo, questo è il motto italico. E se non ce la faremo? Sarà colpa di qualcun’ altro. Intanto andiamo dritti verso il baratro, e forse non è nemmeno una cattiva notizia.

UN SISTEMA CHE PREMIA I MODERATI E I CONSOCIATIVI

Il sistema proporzionale non è fatto per cambiare, questo possiamo dircelo. Il sistema proporzionale premia i moderati, quelli buoni per tutte le stagioni, quelli che riescono ad adattare il proprio credo alla situazione contingente di comodo. Non è quel sistema che permette di consegnare il Governo a chi si presenta con una chiara idea di programma. Niente coalizioni che si accordano su come riformare lo Stato e poi sottopongono la ricetta agli elettori. Niente di tutto questo. Si andrà in ordine sparso, senza più coalizioni, alleanze forzate. Questo da una parte è un bene, per chi come la Lega è un movimento identitario, che ma si sposa con qualsiasi alleanza. È male, perché la Lega avrà più difficoltà a far contare il proprio peso all’interno del Parlamento, piuttosto che all’interno di una coalizione. Roma insomma, tenta di sbarrare la strada al cambiamento. Sai che novità.