Giocare a fare i «migranti». Dal buonismo al cattivo gusto

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L’immigrazione è una tragedia umana di dimensioni enormi. Aver promosso il più dolce lemma “migrante” non ha ridotto la misura del problema. Di qualche giorno fa il conteggio aggiornato dei morti immigrati nel solo Mar Mediterraneo: tremila.
No, fare il «migrante» non è un gioco. Proprio no. E di solito sui morti e sulle tragedie non si scherza e non si gioca.

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La pensa diversamente la Croce Rossa Italia, che da qualche anno organizza «Youth on the run», un gioco di ruolo in cui giovani dai 14 ai 30 anni giocano a fare i migranti per un giorno. Non c’è mai da stupirsi, qui siamo capaci di attirare ogni tipo di stranezza che intercettiamo dal mondo. Le finalità sarebbero educative, ovvero far capire ai ragazzi le difficoltà incontrate da chi cerca di entrare in Italia illegalmente. Sullo stile dei nostri nonni che ci dicevano:«ti ci vorrebbe un po’ di guerra».

Questa puttanata brillante idea sarebbe venuta nei primi anni ’90 all’insegnante danese Steen Cnops Rasmussen, preoccupato dai sentimenti di intolleranza e razzismo dei propri studenti nei confronti di rifugiati e persone migranti. Con buona pace di Steen, passati oltre venti anni, possiamo ben dire che il suo gioco non abbia funzionato granché. Nonostante la sua ideona educativa, la pacifica Danimarca ha recentemente rifiutato di partecipare al piano Juncker, che prevedeva una ridicola quota di distribuzione degli immigrati. La stessa Danimarca che ha prontamente bloccato strade e treni per sbarrare la strada ai profughi, che nel suo caso erano profughi veri, siriani, non i finti profughi che riempiono i nostri centri. Sempre in quei giorni il governo danese ha pensato addirittura di pubblicare un appello a pagamento sui principali giornali, in cui lanciava un monito ai profughi di non scegliere la Danimarca come loro destinazione.

La notizia è che questo giochino dal gusto un po’ macabro, andrà in scena anche quest’anno nella nostra Brianza, precisamente nei pressi della sede del Parco delle Groane. Un esempio classico di come il buonismo sfrenato, quell’angoscia di apparire (apparire beninteso) sempre più buoni degli altri, rischia poi di sconfinare a pieno titolo nel cattivo gusto. Ci pensate se a qualche genio venisse in mente di pigliare dei ragazzi e buttare in piedi una due giorni in cui giocano a fare gli ebrei nei lager? Magari dormendo nei pressi di qualche pizzeria con forno a legna. Una roba indecente. Le reazioni sarebbero virulente e probabilmente partirebbero sempre da quelli entusiasti del gioco al migrante. Il dolore va sempre maneggiato con cura, organizzarci sopra un gioco di ruolo non mi sembra una grande idea.

Poi c’è qualcuno che la mette sulla provocazione:«se per almeno 24 ore un italiano potrà essere trattato come un migrante, vitto e alloggio pagati, tv, internet, mancia e riposo in branda quanto si vuole, ci sarà la fila per iscriversi!». Un gioco anche questo, dopotutto.