Fermo, la Caporetto degli imbecilli buonisti

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Era stato trattato come un mostro. Ma in carcere non ci andrà e la moglie della vittima non chiederà risarcimento, perché ha mentito

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Amedeo Mancini, colui che fu dipinto come il mostro razzista di Fermo, dovrà scontare solo una piccola pena di quattro anni. Non andrà nemmeno in carcere, solo domiciliari e per otto ore al giorno sarà persino libero di andare al lavoro. Mancini, quello che per uno stuolo di zerbini del politicamente corretto era uno spregevole assassino razzista, non dovrà nemmeno risarcire i parenti della vittima, cioè la moglie che ha rinunciato ad ogni indennizzo, per non rischiare di essere denunciata per le false dichiarazioni rilasciate. Sarà solo chiamato a pagare la miseria di cinquemila euro, quelli necessari a rimborsare il costo del rimpatrio della salma di Emmanuel Chidi Namdi.

Si chiude dunque come una vera e propria Caporetto, una grande ritirata per i soloni del pensiero buono e giusto, quelli che sempre e comunque stanno dalla parte dello straniero. Quelli che se solo critichi sei un razzista, figurarsi se osi pure reagire, o ribellarti, fosse pure contro un’aggressione.

FERMO, UNA STORIA DI FALSO RAZZISMO

Emmanuel Chidi Namdi morì a Fermo nel luglio del 2016, a seguito di una lite con Amedeo Mancini. Mancini è bianco, è un ultrà della Fermana, un ex pugile. Emmanuel è un migrante, è nero, è africano ed è un richiedente asilo. Per alcuni, naturalmente imbecilli, questi furono elementi sufficienti per arrivare subito alla sentenza: Mancini ha ucciso Emmanuel per razzismo, perché è nero, per xenofobia, perché poi sicuramente è di destra. E il fatto che magari non la pensa politicamente come loro, lo rende già un po’ colpevole.

Partì così il carosello della manifestazioni, delle fiaccolate, delle marce. Come questa, dove sfilarono sindacalisti, comunisti e grillini. Tutti contro Mancini il razzista.

Bello rileggere le dichiarazioni di alcuni illuminati pensatori:

Maurizio Di Cosmo della Camera del Lavoro di Fermo

«Crediamo che questa città debba dare una risposta di diniego all’aggressione razzista che ci è stata. Questo non è l’unico evento ma ci sono altri fatti che parlano di illegalità e di razzismo. In questa comunità c’è un problema e vorremmo che la città respinga questo scivolamento verso un clima di barbarie»

Amar Ousmane dell’AISAM

«Siamo tutti con la compagna di Emmanuel. Il suo dolore è il nostro dolore che condividiamo con lei e tutti i migranti d’Italia e speriamo che un fatto così non accada mai più».

Fino ad arrivare a Don Vinicio Albanesi, che arringava la folla con il megafono

Emmanuel è un martire della libertà e noi lo difenderemo, nel rispetto della vita, della sua donna e di ogni essere vivente

Insomma, il quadro era perfetto, a questi non sembrava neppure vero. Finalmente un migrante massacrato senza motivo, solo per razzismo, solo per paura del diverso. Un africano, un nero, ucciso per mano di un bianco violento. Finalmente anche in Italia accadeva, dopo anni a commentare cose che succedevano solo negli USA. Finalmente un martire qui vicino a noi, da coccolare, da osannare. E da sfruttare politicamente, ovvio.

Peccato che poi la realtà si sia messa di mezzo. Maledetta realtà, maledetta verità. Ha rovinato l’idillio di una storia che era così perfetta. Ma non era vera. Piccolo ed «insignificante» particolare.

Sono bastati pochi giorni, qualche indagine, il minimo sindacale di interrogatori. Si è capito presto che la povera vedova di Emmanuel aveva mentito. Si è ben presto scoperto che l’indifeso migrante, cioè la povera vittima, si era preso la briga di colpire Mancini, addirittura con un palo di ferro. Il Mancini sferrò un pugno per reazione, l’altro cadde prendendo un colpo fatale alla testa. Una lite, una scazzottata finita male. Anzi, pare che Mancini sia stato addirittura aggredito per diversi minuti, sempre per mano del «martire» Emmanuel.

Ora arriva il patteggiamento, ovvero una condanna minima per omicidio preterintenzionale. Niente aggravanti di recidiva e futili motivi. L’aggravante di razzismo ridotta ai minimi termini. Ma queste è probabilmente una pena più severa di quella che avrebbe subito se la lite fosse avvenuta con un bianco. Invece Emmanuel, era migrante, era africano, era nero. Dunque Mancini si è dovuto difendere da due accuse, quella di omicidio e quella di razzismo. Ma qui, lasciatemelo dire, il razzismo è stato davvero al contrario.
Sarebbe bello che tutti gli imbecilli che hanno alimentato questo caso inesistente di razzismo, quelli che hanno elevato a martire chi martire non era, chiedessero scusa. Scusa a Mancini, scusa a noi, scusa alla verità. Non accadrà, naturalmente.