Divulgare i nomi dei poliziotti viola la privacy (e la sicurezza)

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L’Italia, una Repubblica fondata sui pavoni, dove Minniti e Gentiloni si fanno beffe delle leggi mettendo a repentaglio per sempre la vita di due agenti e delle loro famiglie

 

Marco Minniti

Non stava più nella pelle Marco Minniti. Pareva un vulcano pronto ad erutare, il viso teso dal ribollire interno che faticava a contenere. Non dev’essergli sembrato vero. Dopo pochi giorni dalla conquista dell’agognata cadrega del Viminale, con Alfano pernacchioso che gioiva come liberato da un peso, ora toccava a lui la parte dell’eroe.

Due giovani Agenti di Polizia, in un drammatico scontro a fuoco, avevano ucciso nella notte il ricercato numero uno della strage di Berlino: Anis Amri. Appena confermata la notizia, non ha perso tempo. Ha convocato la conferenza stampa, radunato i giornalisti, calzato una faccia puntuta e dispiegato la ruota del pavone. Roba grossa, da finire su tutti i TG del mondo. E quando ti ricapita? Ed è nell’euforia del pavone che Minniti ha sciorinato a più riprese le generalità dei poliziotti, i due coinvolti nella sparatoria, specificando con precisione anche chi dei due avesse freddato il presunto terrorista.

Naturalmente, a stretto giro è arrivata anche la ruota del pavoncino che siede a Palazzo Chigi. Più piccolina, più contenuta, più discreta.

Ora, è vero che la gloria personale è una moneta dal valore altissimo, soprattutto per uomini che indossano la divisa, ma siamo sicuri che sia stata una decisione saggia? Sarà buona cosa divulgare con tanta leggerezza i dati personali di due agenti coinvolti in uno scontro con un potenziale membro della più pericolosa rete terroristica al mondo? Magari questi sono un tantinello vendicativi. Che dite? La tempistica non testimonia a favore della saggezza, visto che contestualmente alla notizia si sono spiattellate subito le generalità dei due poliziotti, addirittura mezzo Twitter.

Beninteso, i ragazzi meritano tutta la fama, la riconoscenza e il merito che lo Stato è chiamato a riconoscere a chi si rende protagonista di gesta eroiche. Quello che però non meritano è di rischiare la vita per nulla. La loro e quella dei loro familiari. Prima di decidere di ergere a totem pubblico della lotta al terrorismo due giovani lavoratori, bisognerebbe riflettere sui rischi che da ciò potrebbero derivare, sulla capacità di garantire sicurezza anche nel futuro, quando i riflettori dei media si spegneranno. Perché quando il politico chiuderà la ruota del pavone, il culo continueranno a rischiarlo loro. Non Minniti. E temo in solitudine.

MA È LEGALE DIVULGARE I NOMI DEGLI AGENTI?

C’è poi un ulteriore aspetto inquietante: perché quello che hanno fatto Minniti e Gentiloni è probabilmente vietato dalla legge. Curiosamente nel 2012 fu proprio il Viminale ad avanzare una richiesta di chiarimenti al Garante della Privacy, proprio sulla liceità della divulgazione dei dati sensibili di agenti in servizio. Il quesito del Ministero verteva sulla liceità dell’acquisizione e della diffusione in rete delle immagini riprese da privati nel corso di controlli della Polizia Stradale. Una fattispecie, a ben vedere, addirittura più blanda della violazione di dati personali. Il garante ha poi risposto così, con la nota 14755 del 5 giugno 2012, che ha poi reso pubblica nella newsletter N. 359 del successivo 7 giugno.

Il Garante ricorda che, per quanto riguarda l’utilizzazione delle immagini, è necessario prestare particolare attenzione alle condizioni e ai limiti posti dal Codice privacy a seconda che si tratti di circolazione di dati tra un numero ristretto di persone,  diffusione in rete o loro utilizzo a fini di giustizia

Poche righe il cui significato e ricaduta giuridica, vengono meglio spiegati qui. Il Garante ha più volte precisato che il concetto di dato personale riconprende ogni sua forma: alfabetica, numerica, grafica, fotografica o acustica. Per questo la nota inviata al Viminale, che riguarda in realtà la possibilità di divulgare o meno le immagini di agenti in azione, è in qualche modo paragonabile alla decisione del Ministro di divulgare i dati anagrafici degli agenti.

Il Garante sul punto è stato chiaro, sostenendo che sia permesso filmare o fotografare agenti in azione, ma che non sia consentita la pubblicizzazione e pubblicazione di quei dati personali (foto o nomi sono la stessa cosa) su larga scala. Ovvero quello che hanno fatto il Ministro Minniti e il premier Gentiloni, sparandoli in diretta mondiale e su tutti i social network. Insomma, pezzi di istituzioni che infrangono la legge. Non è una novità. Potevano mica limitarsi a fare la ruota del pavone?