C’è una piccola Padania in Africa, si chiama Somaliland. Quando dividersi fa bene.

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Fu un tronfio Benito Mussolini, pugni sui fianchi, petto in fuori, un caldo 20 agosto del 1940, a Roma, davanti ad un gruppetto di Somali italiani, a dichiarare finalmente che con l’avvenuta invasione e conquista della Somalia britannica, “quasi tutti i somali sono uniti, realizzando il loro sogno della “Grande Somalia”. somalilandMeno di un anno dopo, nella primavera del 1941, i britannici non solo avevano già riconquistato la loro parte di Somalia, ma si erano pappati pure quella italiana. Ormai però il danno era stato compiuto, ovvero l’unione forzata della Somalia, Paese frammentato e diviso, in perenne precario equilibrio, affastellato in una galassia di clan e tribù. Il sogno di Mussolini, la Grande Somalia, fu reso ufficiale il 1° luglio del 1960, giorno in cui nacque la Repubblica di Somalia. Da lì in avanti, il caos.

L’unione forzata di terre e popoli che mal si conciliavano, ebbe il suo tragico epilogo nei primi anni novanta, in cui scoppiò una tremenda guerra civile. Una situazione complessa ed ancora oggi tutt’altro che risolta. Ma l’ex Somalia Britannica il 18 maggio 1991 si autoproclamò in Repubblica indipendente, dandosi il nome di “Somaliland”. Dal 1991 ad oggi la situazione, rispetto agli standard dei tormentati Paesi africani, è considerata molto buona, uno Stato relativamente sicuro ed economicamente vivace. Insomma, un vero e proprio miracolo, visto e considerato come sta messa e mal ridotta la Somalia oggi.

Ecco allora un piccolo esempio, se volete esotico, ma significativo, di quanto le paure preconcette di alcuni, verso i processi di secessione, d’indipendenza o la divisione, siano assolutamente infondate; sono quasi sempre processi assolutamente democratici, figli diretti di quella volontà popolare sovente ignorata ad occidente, sono in realtà osteggiati per fini meramente economici, di geopolitica, o molto più semplicemente perché l’unione forzata di territori diversi è lo strumento attraverso il quale un popolo ne sfrutta un altro. L’opinione pubblica è continuamente martellata dalle sciagure che porterebbe l’uscita dall’Euro, la ridefinizione dell’Unione Europea, oppure, per guardare a casa nostra, la divisione dell’Italia è dipinta come un’eventualità tragica. Nessuno vi ha mai raccontato del Somaliland, ed è comprensibile, ma nel totale oblio è caduta anche l’esperienza Cecoslovacca, in cui l’indipendenza e la creazione di due stati (Rep. Ceca e Slovacchia) ha portato più benessere e ricchezza ad entrambi. Non ce lo raccontano, altrimenti sarebe difficile spiegare perché siamo costretti a mandare avanti un Paese che unità d’Italia in avanti ha solo dimostrato di non funzionare, perlomeno con questo assetto.

Interessi superiori, insomma. È curioso, difatti, che un’esperienza, tutto sommato positiva, come quella del Somaliland, non trovi l’approvazione dell’ONU; è già, perché le nazioni unite, quell’organismo che ha più volte dato prova della sua inutilità, non ha ancora riconosciuto, dopo 20 anni, uno dei pochi Stati Africani che vive in pace e tranquillità. Per quale motivo? Molto semplice, perché non si vuole riconoscere la bontà insita nel principio di autodeterminazione, peraltro riconosciuto dall’Onu stessa; ma anche senza l’ONU il Somaliland esiste, resiste ed anzi cresce, a dispetto di chi vorrebbe tirare le file delle sorti mondiali a scapito dei popoli.