Brianza: i grandi costruiscono, i mediocri distruggono

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Ieri la votazione del Consiglio Camerale. Anche la Camera torna con Milano, la Brianza è un ricordo

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Sono bastate poche ore di lavoro per mano di un mediocre artificiere e il tempio di Baalshamin, simbolo di duemila anni di storia della città di Palmira, è venuto giù come un castello di sabbia. Perché a distruggere ci vuole niente ed avviene sempre per mano di mediocri. Costruire, creare e plasmare qualcosa che non esisteva è invece molto più difficile, e bisogna essere grandi per saperlo fare.

Analoga e triste sorte, con le dovute proporzioni, è toccata alla nostra Brianza. Decenni di battaglie e lotte politiche, di fatica, di sudore, di impegno e dedizione per raggiungere l’obiettivo che pareva impossibile: era il 2004 quando veniva votata la legge istitutiva della nostra provincia.

Non fu operazione facile, tantomeno veloce. Un percorso irto di ostacoli, trappole e passi falsi. Ma la Brianza poteva vantare in quegli anni una classe politica forte, capace di imporsi e di far imporre le ragioni di un territorio, anteponendole agli interessi di potere, che quasi sempre è tornaconto personale.

Pochi lo ricordano, ma per costringere al voto sulla legge istitutiva della Provincia di Monza e Brianza, nel 2004, la Lega Nord arrivò a rompere l’alleanza di centro destra alle elezioni provinciali di Milano (non di Tempio Pausania eh?!?), consegnando la vittoria a Penati.

Ecco il lancio di agenzia con cui Giorgetti annunciava i motivi della rottura politica:

La discriminante per correre insieme alla Cdl era lo sblocco dell’approvazione della provincia di Monza e Brianza, che invece si è arenata al Senato. Per questo abbiamo deciso di correre da soli per la Provincia di Milano e Zanello è il nostro candidato

È grazie alla determinazione di chi ci ha creduto fino in fondo, anche a costo di gettare alle ortiche una vittoria a portata di mano in una delle Province più importanti, che si è potuta «costruire» la Brianza, darle il riconoscimento istituzionale che meritava. Perché siamo diversi dalla città metropolitana di Milano.

Oggi assistiamo inermi alla distruzione di tutto ciò che si è faticosamente costruito, con una classe politica locale che non riesce nemmeno a farsi ascoltare (non dico imporre la propria linea, sempre che ne abbiano una) dai vertici di una Camera di Commercio che tutto ad un tratto si è accorta che negli ultimi nove anni hanno scherzato: la Brianza non esiste dicono e se esiste è comunque una debolezza.

La votazione di ieri, dove tutti hanno votato secondo ordini di scuderia tranne rare e meritorie eccezioni (come l’astensione di Giuseppe Meregalli), ci lascerà l’unica amara soddisfazione nel sapere che i nostri imprenditori non dovranno più pagare 33 inutili gettoni di presenza, 264,00€ per ogni seduta, anche quella di ieri.

Abbiamo assistito ad un’Assemblea dei Sindaci convocata in tutta fretta (perché il sottoscritto l’ha invocata), in cui il Presidente della Camera di Commercio non si è nemmeno fatto vedere. Era impegnato sotto l’ombrellone.

Ci ha messo la faccia il Direttore, che ci ha raccontato che loro sono autonomi, dalla politica e dalle istituzioni, decidono in autonomia. Che vogliamo impicciarci? Certo. Peccato che è la politica e le leggi dello Stato che obbligano tutti gli imprenditori a versare l’obolo alla Camera di Commercio e che fanno di lui un dipendente pubblico, non privato. In quel caso, par di capire, la politica e le istituzioni si ascoltano volentieri.

E insomma finisce così la storia della Brianza, vittima della mediocrità di chi non ha avuto il coraggio di difenderla fino in fondo. Nemmeno ci ha provato, per la verità. Spiace constatarlo, ma ad altre latitudini sono sempre più bravi di noi a difendersi, e ad ammetterlo è lo stesso Presidente Valli quando afferma:

le 90.000 imprese rischiano di non bastare, esiste una strana razionalità che mette insieme geografia, interessi particolari, raggiungibilità, vicinanza politica, e che rischia di premiare molto di più le Camere del Sud, e anche del centro Italia, rispetto a quelle del Nord

La beffa. La provincia che vanta il più alto residuo fiscale pro capite d’Italia (11.000€ a testa), chiude la saracinesca della propria Camera, mentre quelle al centro e al sud, spesso fucina di enormi sprechi e clientelismo selvaggio, rimarranno naturalmente aperte. In politica i terroni sono più bravi. Dobbiamo riconoscerlo. Ma state tranquilli, qualcosa rimarrà: si andrà avanti nella costruzione della nuova sede (?!?!?), giusto perché i soldi in futuro saranno meno. Non fa una piega.