Biglietto integrato: lo «spiegone» che fa tremare Sala e il PD

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Documenti, fatti e dichiarazioni che smontano tutte le balle che il PD sta raccontando da mesi ai pendolari. Ecco la verità, che è sempre il miglior antidoto al Partito Democratico

integrato

Spiace, ma bisognerà armarsi di un po’ di pazienza, perché questo post non può che essere lungo (anzi, lunghissimi) e un po’ complesso. Del resto, lunga e complessa è la vicenda che vado a raccontare. Se sei qui, a leggere questo post, è perché sai bene che da settimane impazza la polemica, nel territorio di Milano e Monza, sul «caro abbonamenti» che ha colpito alcuni utenti. Pochi, in termini percentuali, tantissimi in valori assoluti. Sono i cosiddetti «monomodali». E’ un nome abbastanza bruttino per descrivere chi, tutti i santi giorni, fa il pendolare usando un solo mezzo, ovvero in questo caso il treno. I monomodali sono stimati in 40.000 totali, di cui 25.000 sono quelli interessati ai rincari e possibili rimborsi (gli altri sono under 25 oppure over 65, quindi godono di tariffe già agevolate, senza rimborso).

Leggendo stampa e social, ascoltando radio e tv è un continuo rimpallo delle colpe: da una parte la Regione Lombardia che accusa il Comune di Milano e dall’altra il Municipio meneghino che scarica ogni responsabilità sulla Regione Lombardia. L’importante, soprattutto per gli utenti, è conoscere le soluzioni al problema, e la risoluzione sono i rimborsi Trenord che trovate qui. Ma al di là della soluzione (cercata, trovata e pagata da Regione Lombardia), a molti interessa anche non essere presi per il naso e capire bene motivi e responsabilità di chi gli ha infilati in questo pasticcio.

Soprattutto in questi giorni, dove i responsabili di questa azione sciagurata (il Partito Democratico) hanno pure il fegato e la faccia tosta di volantinare e raccogliere petizioni in solidarietà a chi hanno messo nei guai con questo salasso. Sul PD ormai abbiamo esaurito gli aggettivi negatici. Quindi taciamo.

Bene, non ci resta che riavvolgere il nastro e far parlare i fatti, quelli che difficilmente possono mentire.

TUTTO INIZIA CON UNA DELIBERA DI MILANO

I fatti dicevo, non mentono mai. E tutta questa vicenda inizia nel dicembre del 2017, quando il Sindaco di Milano Beppe Sala annuncia che sta pensando di aumentare il biglietto urbano, passando da 1,50€ a 2,00€. Giusto un «ritocchino». Qui è Repubblica a darne notizia il 28 dicembre 2017, con l’anticipazione della decisione che verrà presto presa.

Ed effettivamente, giusto il giorno dopo, la Giunta di Milano delibera la previsione di aumento a 2,00€ a partire dal 1 gennaio 2019. E’ sempre Repubblica Milano a darne notizia qui. Curioso notare come Beppe Sala, ma guarda un po’, già in quella occasione dava addosso a Regione, tentando di trovare il responsabile dell’aumento, deliberato da lui, dentro a Palazzo Lombardia. Il PD no ha mai cambiato il suo registro preferito: la menzogna.

«Il trasporto pubblico di Milano – ha spiegato Sala – costa 826 milioni l’anno, di questi 390 milioni vengono coperti da biglietti e abbonamenti. Il resto dovrebbe essere coperto dai contributi che il governo eroga attraverso la Regione, ma la Lombardia non è riuscita in questi anni a farsi riconoscere dal governo il dovuto»

Pregevole il funambolismo dialettico con il quale, il pifferaio Beppe, riesce a raccontare che la colpa di Regione è quella di non essersi fatta dare dal Governo le risorse necessarie. Cioè non era colpa del Governo (all’epoca era in carica il Governo Gentiloni a maggioranza PD) che riduce le risorse, ma è colpa di Regione che non è stata «brava» a chiedere. Come se la distribuzione delle risorse fosse una variante dei Giochi senza Frontiere. Ridicola e patetica giustificazione.

Ed è questa decisione determinante per tutta la vicenda. Questo non è solo il fatto che ha dato il via ad una successiva reazione a catena, ma è soprattutto la chiave che consente la lettura del vero motivo che ha sempre guidato le azioni di Beppe Sala e del PD Milanese: ovvero la necessità di aumentare il biglietto urbano a 2€ per fare cassa, cioè per rimpolpare le entrate comunali. Ed è ben scritto qui, nero su bianco su questo articolo de Il Giorno, con tanto di cifra che il Comune si aspetta di incassare dall’operazione: 50 milioni di euro nel 2019, che diventeranno 64 l’anno successivo.

Ma ecco le parole di Sala: «L’approvazione del bilancio consta della necessità di recuperare 50 milioni di euro, che diventano 64 milioni di euro nel 2019/2020.

Mai una volta, come avrete notato nella lettura degli articoli a cavallo tra il 2017 e il 2018, fa capolino il tema della tariffazione integrata e del biglietto unico. Come mai? Semplice, perché Milano non aveva nessuna voglia, necessità e tantomeno intenzione di attivarlo in anticipo. La questione dell’integrato, con relativa esigenza di partire con largo anticipo, emergerà solo dopo un anno e scopriremo anche quale sarà la motivazione che farà cambiare idea all’amministrazione di Milano. Ma una cosa è accertata, come dato di fatto: Milano pensava solo all’aumento del suo biglietto per ritrovarsi con 50 milioni di euro in più a bilancio.

Nei mesi successivi tutto scorre senza particolari problemi, con il PD milanese che inizia a preparare il terreno per l’imminente «stangata» del «carissimo» biglietto. A luglio la Consigliere PD Alice Arienta presentava una mozione propedeutica al rincaro. La proposta era di rendere gratuiti tutti i mezzi pubblici fino a 14 anni, anche per i ragazzi che non sono accompagnati. Ecco che ne parla Milano Today qui. La classica mozione «vaselina» che verrà approvata per anticipare uno dei tanti sconti che andranno a formare la cortina fumogena eretta da Sala per nascondere la stangata del biglietto a 2€.

«HOUSTON ABBIAMO UN PROBLEMA». QUANDO MILANO SCOPRE CHE NON PUO’ AUMENTARE IL BIGLIETTO A 2€

Tutto sembrava ormai deciso, i mesi del 2018 trascorrevano veloci per Milano, sicuri di portare la nave in porto in maniera tranquilla, partendo a gennaio con il rincaro a 2€. L’estate era passata serena e gioiosa, con il Sindaco che brindava beato in attesa del futuro bottino. Ma con l’arrivo dell’autunno, insieme alle foglie dagli alberi, sono caduti anche i sogni del tesoretto facile. A ottobre infatti, negli uffici del Sindaco, arrivava una chiamata che sostanzialmente richiamava il disastro dell’Apollo 13: «Okay, Houston, we’ve had a problem here». Non sappiamo quanto tempo sia passato prima della risposta di Beppe Sala, forse meno degli 8 secondi che ci impiegò la Mission Control nell’aprile del 1970 a rispondere alle parole di Jack Swigert. Siamo sicuri però che il disastro, agli occhi del primo cittadino di Milano, fu subito chiaro.

Ma cosa è successo a ottobre?

Semplicemente da Palazzo Marino, con un leggerissimo ritardo rispetto alla Legge regionale n. 6 approvata nel lontano 2012 e il conseguente regolamento nr. 4 del 2014, si sono presi la briga di buttare un occhio alla normativa. Ed è solo in quel preciso istante che si sono accorti, dopo mesi di annunci e conti fatti senza l’oste, che la Legge e il regolamento regionali non permetteva a Milano di aumentare fino a 2€ il biglietto urbano. Il titolo di viaggio poteva essere certamente rivisto, ma solo recuperando gli adeguamenti Istat, che nel caso di Milano avrebbe significato un innalzamento a 1,70€. Troppo poco per Sala, che era deciso ad ingrassare il bilancio milanese di altri 50 milioni di euro.

Dev’essere in quel momento che il panico ha invaso la Giunta e il PD milanese. Che fare? Una soluzione andava trovata.

E la soluzione, come spesso accade in politica dalle parti del Partito Democratico milanese, è stata quella del ricatto politico.

Il regolamento regionale nr. 4 del 2014, conseguente alla legge nr. 6 del 2012, come detto, non dà la possibilità di aumentare il biglietto urbano, ma questo può avvenire solo contestualmente all’introduzione della tariffazione integrata, che è la grande rivoluzione tariffaria disegnata dal Legislatore lombardo nel 2012.

Ecco la previsione, sfuggita a Milano, riportata nell’art. 36 comma 5

5.Fino all’avvio degli STIBM e di STIL, la Regione, gli Enti Regolatori e gli altri Enti Competenti applicano i sistemi tariffari vigenti alla data di entrata in vigore del presente regolamento, ma non possono modificarne strutture, titoli di viaggio, rapporti di convenienza e modelli, al di fuori di quanto previsto per l’implementazione del modello regionale di integrazione tariffaria disciplinato dal presente regolamento.

Ma cos’è la tariffazione integrata? E’ un nuovo modo di concepire il trasporto pubblico locale, studiato con l’obiettivo di spingere l’utenza e i cittadini ad un utilizzo sempre più intensivo dei mezzi pubblici, preferendoli al mezzo i privato. Il biglietto unico per tutti i mezzi è una realtà in tutte le città e le regioni europee più avanzate: Monaco, Zurigo, Barcellona, Berlino, Parigi Madrid ecc… Il territorio viene diviso in corone e all’interno di ognuna di queste si viaggia su ogni tipo di mezzo pubblico (treno, bus, tram e metro) con un unico titolo di viaggio, il cui costo varia a seconda del numero di corone all’ interno delle quali ci si deve spostare.

Come tutte le rivoluzioni e i cambiamenti epocali, l’attuazione non può essere improvvisata, tantomeno forzata o addirittura non coordinata tra tutti gli attori in campo, perché insieme a molti aspetti positivi, trascina con se tante difficoltà e problemi che vanno necessariamente gestiti. Anche tecnici e di dialogo tra diversi sistemi fino a prima divisi. Oltretutto, tra le diverse agenzie che coprono l’intera Lombardia, quella di Milano è la più vasta e la più complessa. Vasta, perché comprende tutto il territorio della città di Milano, Città Metropolitana (ovvero ex Provincia di Milano), Provincia di Monza, Provincia di Pavia e Provincia di Lodi. Complessa perché nell’area milanese si muovono giornalmente centinaia di migliaia di pendolari, oltre ad operare ATM che è un grande player. Questi macroscopici motivi rendono evidente a tutti, anche ai meno esperti, perché iniziare questa rivoluzione proprio da Milano fosse assolutamente sconsigliabile.

Ed è su questo terreno che, tra ottobre e dicembre, si è mosso il ricatto politico del PD Milanese: o Regione Lombardia modifica la Legge Regionale, consentendo a Sala l’aumento fino a 2€ del biglietto urbano, oppure Milano deciderà di introdurre anticipatamente la tariffazione integrata per forzare la normativa e portare il titolo di viaggio alla cifra attesa da Palazzo Marino (ovvero i 2€). Creando un sacco di inconvenienti, problemi, disguidi e rincari che però il PD sapeva bene che sarebbero stati facilmente scaricati come responsabilità su Regione Lombardia, che agli occhi dei cittadini è quella che regola e che è proprietaria di Trenord. Un ragionamento politicamente scaltro e cinico, ideato sulla pelle dei cittadini.

Ma come è possibile, si domanderanno i più avveduti tra voi, che un singolo Comune, seppur importante come quello di Milano, possa decidere in autonomia le sorti di centinaia di migliaia di cittadini e passeggeri che vivono fuori dai confini municipali della metropoli? Ottima osservazione. Ed è proprio qui che risiede un altro punto decisivo di questa vicenda.

SE ANCHE DELRIO CI HA MESSO LO ZAMPINO, IL DISASTRO E’ COMPLETO

A questo punto si rende necessario un piccolo inciso, per spiegare gli equilibri e la governance delle Agenzie del Trasporto Pubblico Locale, l’organo chiamato a gestire il Trasporto Pubblico Locale. E’ la già citata legge nr. 6 del 2012 che ha istituito le suddette agenzie. Ed è proprio compito dell’Agenzia del TPL decidere tempi, modi e tariffe per introdurre il biglietto integrato (Art. 12 comma 1 del Regolamento nr. 4 del 2014) . Il tutto, dice il regolamento, va fatto raggiungendo l’intesa con Regione Lombardia.

E chi governa le Agenzie? Queste sono partecipate dai Comuni capoluogo delle Province interessate e dalle Province stesse e/o Città metropolitane e per una quota minoritaria da Regione Lombardia (10%). Il Legislatore, cioè Regione Lombardia, ha espressamente previsto nella norma che nessun Ente, singolarmente, possa detenere più del 50% delle quote. E’ l’Art. 7 comma 10 lettera a) del Regolamento nr. 4 del 2014:

a)proporzionalità con le funzioni e l’entità dei servizi svolti, sotto il profilo della domanda e dell’offerta, con particolare riferimento al numero dei passeggeri trasportati, alle risorse investite dagli enti locali per i servizi e le infrastrutture e, per il bacino milanese, alle specifiche funzioni del Comune di Milano, garantendo in ogni caso che nessuno degli enti locali partecipanti ad una agenzia, che includa il territorio di più province, abbia, singolarmente considerato, una partecipazione superiore al 50 per cento;

Questa previsione era volta ad evitare quello che è purtroppo accaduto in questa vicenda, ovvero che un singolo ente, in questo caso il Comune di Milano, facesse e disfasse tutto a proprio piacimento all’interno dell’Agenzia. E quindi? Com’è stato possibile che accadesse? Per due motivi, ambedue ascrivibili, come colpa e responsabilità, agli uomini del Partito Democratico.

Il primo motivo

Il 7 aprile 2014 viene pubblicata in Gazzetta Ufficiale la famigerata Riforma Delrio, ovvero la legge 56/2014. E’ la «riforma» con cui il PD ha deciso di eliminare le Giunte Provinciali e togliere l’elezione diretta per Presidente e Consiglio Provinciale. Ma è riuscito a fare peggio. Per le Città Metropolitane, infatti, Delrio ha disposto che il Presidente della Città Metropolitana (organo che ha sostituito le vecchie Province in alcune città, come Milano) sia automaticamente il Sindaco del capoluogo, senza che avvenga nessuna elezione, nemmeno di secondo livello. Con un semplice automatismo. Una previsione bizzarra, che si traduce nel fatto che i soli cittadini della Città di Milano, decidono anche chi sia chiamato a governare i cittadini che ricadono nell’area amministrativa della Città metropolitana.

Tutto questo, all’interno dell’Agenzia del TPL, ha fatto sì che Giuseppe Sala sommasse a sé le quote di partecipazione assegnate al Comune di Milano e pure quelle spettanti alla Provincia (divenuta Città Metropolitana), che oggi controlla proprio in virtù della Legge Delrio. Il risultato? Milano detiene da sola oltre il 62% delle quote dell’Agenzia e quindi ha potuto decidere tempi, modi e tariffe in maniera autonoma.

Secondo motivo

Come abbiamo ricordato il regolamento regionale prevede, nel caso in cui l’Agenzia decidesse di anticipare i tempi di attuazione della tariffazione integrata, che questa debba comunque avvenire attraverso un’intesa con Regione Lombardia. Quindi Milano, per portare il ricatto fino in fondo, ha deciso di introdurre la tariffazione integrata senza attendere l’intesa con la Regione e addirittura, come vedremo, attuandola senza integrare i treni regionali. Di fatto rischiando di far fallire tutta l’operazione del biglietto integrato e obbligando regione a integrare il prima possibile anche i treni (cosa che è avvenuta dal 1 ottobre). Una forzatura che fornisce la cifra di come si muovano il PD e il Comune di Milano, anteponendo i propri interessi anche al rispetto tra Istituzioni. Uno sgarbo istituzionale grave, anche perché Sala bene che lo spirito della legge non avrebbe permesso, se non fosse arrivato Delrio, che lui potesse decidere da solo. Ma ognuno, in politica come nelle istituzioni, ha il suo stile.

DICEMBRE, UN NATALE CON IL REGALINO DEL RICATTO

Torniamo ora a dicembre 2018, con Beppe Sala che vuole aumentare il biglietto, scoprendo però di non poterlo fare. La sua prima mossa è stata quindi di venire in Regione e intimare: o modificate la Legge o introduciamo anticipatamente la tariffazione integrata, che avrebbe significato (come stanno sperimentando i pendolari) creare un sacco di problemi a tanti cittadini, utenti e pendolari.

A questo punto la Regione, bevendo il calice amaro di una Giunta che usa l’arma del ricatto politico per confrontarsi tra Istituzioni, concede di tentare la via della modifica di Legge, proprio per evitare disguidi e problemi ai propri utenti. Anche se cedere a un ricatto è la cosa più brutta e dolorosa che si possa fare.

E’ così che il giorno 17 dicembre 2018, durante la sessione di bilancio in Consiglio Regionale, viene proposto l’emendamento voluto da Beppe Sala atto a modificare la già citata normativa.

L’emendamento (Qui ne trovate copia) si prefiggeva di modificare la legge regionale proprio per permettere di aumentare il biglietto urbano, anche prima dell’introduzione del Servizio tariffario integrato. Se fosse stato approvato Milano avrebbe raggiunto il suo scopo, ovvero aumentare il biglietto urbano a 2 euro, evitando di partire immediatamente con l’integrazione tariffaria totale. Operazione che avrebbe risparmiato ai pendolari monomodali i disagi e gli aumenti patiti oggi.

Come tutti i ricatti però anche questo ha avuto l’effetto di provocare la reazione sdegnata della maggioranza in Consiglio Regionale, che non ha accettato l’atteggiamento prepotente di Milano. L’emendamento, anche nella concitazione e frenesia della sessione di bilancio, è stato così ritirato e nemmeno posto in votazione. La reazione di Beppe Sala fu furiosa, e riempì giornali e social di veleno contro Regione Lombardia e Attilio Fontana, colpevoli di non aver ceduto al suo ricatto. Una delle pagine più squallide della politica milanese degli ultimi anni.

«NON FATELO PER FAVORE». QUANDO IL PD SI INNAMORA IMPROVVISAMENTE DELLA TARIFFA INTEGRATA

La bocciatura dell’emendamento, naturalmente, non ha fatto desistere Milano e Beppe Sala dai loro intenti, ovvero stangare i milanesi con il biglietto a 2€. Non ottenuta la deroga, da gennaio hanno iniziato a spingere sull’acceleratore per attivare subito la tariffazione integrata. Ad un tratto, gli stessi che nel 2017 e per tutto il 2018 mai pensavano di partire nel 2019 con la tariffazione integrata, se ne innamorarono improvvisamente, considerando il via allo STIBM necessario e impellente addirittura da febbraio! Una follia.

Non è che hanno avuto un colpo di testa o un colpo di fulmine. Semplicemente, come già ricordato, questa era l’unica strada per ottenere l’aumento a 2€.

Regione Lombardia, strenuamente, ha cominciato quindi un’opera di dissuasione nei confronti di Milano, ricordando i rischi e i problemi che la fretta avrebbe generato, tutti quegli eventi che oggi si sono verificati puntualmente. E che il PD ora incredibilmente denuncia!

E secondo voi il PD ha ascoltato gli avvertimenti di Regione? Naturalmente no. E’ riuscito anche a fare peggio di non ascoltare. Perché a questo punto Beppe Sala, il Sindaco milanese imbruttiti, ha pensato bene di andare avanti infischiandosene dei problemi che avrebbe causato a chi abita fuori dal Capoluogo, quelli che sono evidentemente per lui dei «giargiana cittadini» di serie B, per dirla al modo del Milanese Imbruttito.

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Tutto il PD milanese ha naturalmente seguito la linea e non solo. Hanno trascinato nello scontro con Regione anche buona parte dei sindaci della Città Metropolitana e addirittura quelli della Provincia di Monza e Brianza! Furono ben 40 Sindaci della Brianza a firmare l’appello del presidente del PD Invernizzi per accelerare l’introduzione del biglietto integrato. Come riportato da IlCittadino. E qui si capisce come nel PD si anteponga l’interesse di partito all’interesse dei propri cittadini. Proprio quel territorio, come ricordato più volte, che avrebbe subito le maggiori penalizzazioni dalla mancata introduzione armoniosa e nei tempi corretti. Ma i Sindaci, tutti targati PD e capitanati dall’allora Presidente della Provincia, anch’egli del medesimo partito, hanno anteposto gli interessi della loro parte politica a quelli dei cittadini.

Non ci credete? Ecco l’appelo del PD milanese che accusa Regione di voler fare resistente rispetto all’introduzione anticipata.

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Per loro sfortuna fra l’altro, tutto questo è a verbale, messo nero su bianco, dato che la puntata clou della suddetta commedia è stata inscenata proprio in V Commissione di Regione Lombardia, dove il sottoscritto ricopre la carica di Vice Presidente. Qui trovate il verbale della seduta, i pazienti possono leggero.

È possibile apprendere, dal verbale, come rispetto a uno dei problemi che oggi stanno affrontando i pendolari, cioè l’aumento per i “monomodali”, è cristallina l’intenzione del PD di minimizzare la cosa, per evitare che sia un ostacolo rispetto all’obiettivo di partire subito con il biglietto unico integrato. Ecco le parole del Consigliere Bussolati, secondo il quale non esisterebbe nessuno che usa soltanto il treno:

[…]L’altro elemento che mi interessa sottolineare della relazione dell’Assessore, è il fatto che c’è un aumento del servizio perché non credo che esistano pendolari che usano esclusivamente solo il treno. Certo, ci possono essere, ma sono una piccola percentuale. La maggior parte delle persone utilizzano il treno ma poi utilizzano anche altri mezzi di trasporto. […]

In quel momento per Il Partito Democratico e per i Sindaci presenti, i monomodali non esistevano proprio, o comunque non rappresentavano un elemento da tenere in debita considerazione. Bisognava attuare in anticipo lo STIBM, perché bisognava permettere a Milano di aumentare il biglietto a 2€. Un atteggiamento di sudditanza incredibile e senza vergogna.

E fu così che a luglio, contrariamente a quanto consigliato da Regione Lombardia, Milano ha dato inizio alla tariffazione unica, aumentando il biglietto a 2 euro.

L’ABOLIZIONE DEL «SOLO TRENO» E LA COMMEDIA DEL PD CHE SI ACCORGE DEI MONOMODALI

A questo punto, con Milano partita con l’integrazione tariffaria senza intesa con Regione e senza inserire i treni, è evidente che Regione Lombardia si è ritrovata con le spalle al muro e costretta, a sua volta, ad accelerare l’integrazione dei treni. Che senso avrebbe avuto attuare un biglietto integrato che avrebbe comportato comunque l’uso di due abbonamenti? Sarebbe stata una cosa irragionevole e avrebbe tradito anche lo spirito che sottende la logica della tariffa unica.

Ecco così che arriviamo alla contestata D.g.r. 31 luglio 2019 – n. XI/2088, in cui Regione decide di siglare l’intesa con l’Agenzia e partire con l’integrazione anche del treno nella tariffa integrata dal 1 ottobre 2019.

In questa delibera vengono assunte due decisioni determinanti, rispetto allo scenario e alle polemiche delle ultime settimane.

Si decide innanzitutto di eliminare la possibilità di staccare un biglietto «solo treno», mantenendo come unico titolo di viaggio all’interno dell’area Milano-Monza, quello integrato.

Questa decisione ha un effetto negativo su una sola fascia di utenti: i monomodali per l’appunto, quelli che utilizzano soltanto il treno. Chi invece prende abitualmente più mezzi per recarsi a scuola o al lavoro, ha un beneficio economico dal dover staccare ora un solo abbonamento integrato.

La seconda decisione della Giunta Regionale in quella delibera è la seguente;

stabilire che Trenord individui ed adotti forme di mitigazione da applicare agli utenti dei soli servizi ferroviari, che subiranno un sensibile aumento delle tariffe a seguito dell’applicazione di STIBM, previa comunicazione agli uffici regionali competenti e comunque senza oneri a carico del bilancio regionale;

Ciò significa che Regione, fin da subito, ha assunto la decisione di azzerare gli aumenti che avrebbero colpito i monomodali. E con questo documento, oggettivo e incontestabile, si smentisce l’ennesima menzogna del PD, che in una mozione presentata in tutti i Comuni di Monza e Milano, non ha provato vergogna a sostenere come Regione avrebbe deciso le mitigazioni solo dopo le proteste di sindaci e utenti. Balle. Tutte balle! Proprio come le altre balle che gli esponenti del PD hanno costruito su questa vicenda.

A questo punto della storia il Partito Democratico, dopo aver creato tutti questi disagi per loro scientifiche decisioni, dopo aver dichiarato spudoratamente, anche a verbale, che per loro il problema dei monomodali non esisteva, cosa fa? Senza vergogna, in pieno stile PD, si mette a cavalcare la protesta dei monomodali, che si lamentano giustamente di un disagio creato dal PD stesso. Sono cose che in un mondo normale non dovrebbero accadere, difficili quindi anche da commentare. Limitiamoci a stendere un velo pietoso.

PERCHE’ SI E’ ABOLITO IL SOLO TRENO?

Il Partito Democratico, nella sua opera di propaganda fase/2 (cioè quella in cui i monomodali esistono e sono tanti) poggia tutta la sua narrativa su un solo assunto: Regione Lombardia poteva mantenere il titolo di viaggio solo treno per 5 anni e non lo ha fatto!

Falso anche questo e lo spieghiamo, come sempre, con fatti e documenti, perché le cialtronate le lasciamo al Partito Democratico.

La possibilità su cui poggia tutta la propaganda del PD è prevista dall’Art. 39 comma 6 del Regolamento nr. 4 del 2014.

6.Considerando la consistente differenza delle tariffe attuali, anche nell’ambito del medesimo Bacino, le Agenzie, in accordo con la Regione, possono prevedere, anche al termine del periodo transitorio e per un periodo massimo di 5 anni, la coesistenza di titoli non integrati, prevedendo adeguamenti delle tariffe differenziati volti a rendere nel tempo più convenienti i titoli di viaggio integrati rispetto a quelli non integrati. Nello stesso periodo, per garantire un graduale riallineamento delle tariffe alle disposizioni di cui al presente regolamento, è consentita la deroga fino al 20% ai rapporti di convenienza di cui all’ art. 12, comma 2 .

Come vedete la norma non dice semplicemente «per 5 anni possiamo mantenere il titolo solo treno», ma è più articolata e meno estensiva. Mi spiego: la norma parte dal dato oggettivo che le tariffe dei treni sono molto più convenienti di quelle degli altri servizi del TPL. Tradotto: il servizio di Regione, gestito da Trenord, costa molto meno degli altri servizi, come per esempio quello di ATM gestito dal Comune di Milano.

Con l’introduzione dell’integrato, ovvero un biglietto che vale per tutti i servizi indistintamente, è chiaro che le tariffe devono essere omogenee per tutti i servizi, visto che il biglietto li comprende tutti. La conseguenza logica è che la tariffa più bassa subirà degli aumenti e quindi l’utente che acquistava solo e soltanto quell’abbonamento con tariffa bassa avrà dei rincari.

Quindi, il comma 6 art. 39 del regolamento, prevede che si possa allineare le tariffe ferroviarie con quelle degli altri servizi in un massimo di 5 anni, aumentando ogni anno le tariffe.

Questo in cosa si sarebbe tradotto? Naturalmente in un aumento di tariffe ferroviarie già a partire dal 2019 e che per altri 4 anni sarebbero aumentate. Solo per le tratte di Monza e Milano? NO! Essendo la tariffa dei treni lineare, gli aumenti avrebbero colpito tutti i pendolari lombardi, quindi sarebbero ricadute come un salasso a tutti gli utenti di tutta la Lombardia. È evidente che la Regione non poteva permettere a Trenord di aumentare tutte le tariffe dei treni (seppure basse) prima che arrivino i 170 nuovi treni in consegna già dal gennaio 2020. Tenendo conto inoltre di come Regione Lombardia non permetta a Trenord nemmeno di adeguare i prezzi all’Istat. Figurarsi se Regione voglia, come chiede ancora oggi il PD, aumentare le tariffe dei treni per tutti i lombardi.

Non potendo quindi tenere il biglietto solo treno, Regione ha ordinato a Trenord di azzerare totalmente gli aumenti ai pendolari storici, quelli che subiscono gli aumenti. Quindi, con la proposta del PD, tutti i pendolari lombardi avrebbero avuto un aumento ogni anno per ben 5 anni, mentre con la decisione della Regione non vi sarà nessun aumento di tariffe per i lombardi, ma chi subirà l’aumento si vedrà rimborsato tutto, direttamente con bonifico sul conto. Quale soluzione sia più vantaggiosa economicamente è facile capirlo.

PERCHE’ AUMENTATO GLI ABBONAMENTI?

Non è del tutto corretto sostenere che aumentino degli abbonamenti Trenord, perché nell’area interessata allo STIBM (Monza e Milano) non esiste più un titolo di viaggio solo Trenord, ma bensì un nuovo biglietto che vale per tutti i mezzi. Si paga un abbonamento che costa di più rispetto al “solo treno”, ma è un abbonamento integrato che permette di usare anche altri mezzi (metro, tram, bus) senza spendere 1€ in più, tutto compreso. Questa è la logica dell’integrato, che punta ad aumentare l’utilizzo dei mezzi pubblici, quindi di spingere all’uso dei mezzi anche al di fuori della sola tratta pendolare nel tragitto casa-scuola o casa-lavoro.

PERCHE’ TRENORD CHIEDE I SOLDI PER POI RIMBORSARE?

Le tariffe dell’integrato vengono decise dall’Agenzia e sono, per i motivi sopra esposti, l’unico titolo di viaggio che si può vendere. Per questo motivo la mitigazione si può fare solo a posteriori, previa verifica che l’utente non abbia utilizzato altri mezzi di trasporto, perché a quel punto non sarebbe più un “monomodale” e quindi perderebbe il diritto al rimborso.

In queste settimane, nella fretta imposta dalla scellerata decisione di Milano di partire fregandosene del mondo esterno, si sono anche semplificate molto le procedure per accedere ai rimborsi, che ora sono più snelle.

PERCHE’ SONO STATI ABOLITI I BONUS?

Il bonus ferroviario è uno sconto automatico del 30% sulle tariffe degli abbonamenti ferroviari, che viene applicato quando l’indice di affidabilità del servizio ferroviario scende sotto la soglia minima prevista dal Contratto di Servizio RL-Trenord .

Il bonus ferroviario non può essere applicato agli abbonamenti integrati STIBM, in quanto nel nuovo sistema non è possibile individuare chi utilizza un mezzo di trasporto specifico come ad esempio il treno, infatti con l’abbonamento a zone i viaggiatori possono servirsi di qualsiasi mezzo di trasporto pubblico disponibile nella zona acquistata.

I viaggiatori che comprano un abbonamento STIBM utilizzano un sistema di trasporti, il cui indice di affidabilità, inteso come qualità del servizio offerto, è dato dalla qualità complessiva del sistema di servizi offerti dalle diverse aziende che operano nell’area di riferimento.

Per queste stesse ragioni il bonus ferroviario non è stato applicato all’abbonamento integrato a livello regionale IVOL (Io Viaggio Ovunque in Lombardia) introdotto nel 2011.

L’impossibilità di applicare il bonus ferroviario non vuol dire che non debba essere misurata la qualità dei servizi offerti all’utente e che lo stesso non debba essere rimborsato se tale qualità non raggiunge standard minimi prefissati. A tal fine con l’introduzione di un sistema tariffario integrato vanno definiti gli standard di qualità dell’insieme dei servizi offerti e un sistema di compensazione degli utenti se tali standard non sono raggiunti. L’intesa sottoscritta da Regione con l’Agenzia TPL di Milano, Monza, Lodi e Pavia prevede al punto 2.4 che sia introdotto un bonus tariffario per i sistemi integrati , uniforme e valido su tutti i sistemi tariffari integrati che saranno introdotti dalle diverse Agenzie TPL d’intesa con Regione.